BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 04/09/2006

IN RISPOSTA A "DIALOGO TRA DUE PSICOLOGI DEL LAVORO"

di Maurizio Carrer

Caro Stefano,

ho letto il vostro pezzo “Dialogo tra due psicologi del lavoro” nel numero 19 di Persone & Conoscenze e ho pensato di spedirti queste mie riflessioni sull’argomento, sperando la cosa non ti dispiaccia. Premetto anche che si tratta di un mio personale spunto, che forse esula dalla vostra discussione, non me ne volere in questo caso.  

Il contributo che vorrei portarti nasce da una riflessione rispetto ad un passaggio di William, dove dice: “Hai ragione, bisognerebbe incominciare a leggere la motivazione individuale rispetto allo style life…… Forse una delle prime cose da dire è che la motivazione è sempre meno collettiva….”. Sì credo che il problema sia proprio lì , e giace ormai da molto tempo. 

Nella migliore delle ipotesi le aziende indirizzano i propri sforzi consulenziali e formativi al miglioramento della vita professionale degli individui, ciò tra l’altro deve per forza essere subordinato al business. Non si tiene conto della vita personale, del progetto di vita dei singoli. Anzi, spesso la vita delle persone è un ostacolo al perseguimento delle performance aziendali. La dissonanza è appunto che invece le aspettative di vita delle persone non coincidono mai con quelle dell’azienda.  Nemmeno il presidente o l’amministratore delegato hanno una mission personale che coincide con quella aziendale!  Ci si dimentica che i gruppi e le organizzazioni sono costituite da persone: esseri umani (smettiamo per favore di chiamarle risorse umane) diversi, ognuno con la propria biografia e una specifica individualità. 

Se non teniamo conto dei diversi progetti di vita dei singoli individui, il gruppo o l’organizzazione non ne trarrà beneficio, se non probabilmente per un periodo molto breve e in modo superficiale. Se è così non si può pretendere che le persone esprimano appieno il loro talento, o per giunta che siano anche creative ed innovative. Oggi infatti i termini creatività, innovazione, talento sono usati nelle aziende a sproposito, solo per segnalare qualità appena sopra un standard atteso.  

Che succederebbe invece se i gruppi, le organizzazioni, le aziende, decidessero di investire veramente nelle singole persone? Per migliorare il loro life syile, rendere più ricco e motivante il loro progetto di vita? Quali vantaggi otterrebbe il gruppo e l’organizzazione di riflesso? 

Faccio qualche piccolo esempio: intorno agli anni 90 diversi ingegneri della Microsoft nel tempo libero e soprattutto di notte hanno collaborato alla realizzazione del progetto Linux, hanno cioè partecipato spontaneamente alla nascita di qualcosa dove veramente potevano liberamente esprimersi, nelle ore che volevano e contando sulle persone che volevano. Soprattutto lavorando sul progetto che preferivano. Le motivazioni erano diverse: chi per mettersi in gioco, chi per misurarsi con altre persone capaci, chi per scambiare conoscenza, ecc. E’ evidente la dissonanza con quanto erano costretti a fare in azienda, pur essendo persone di talento. Oggi Linux è il più grande progetto nato da collaborazione spontanea al mondo e sta mettendo in crisi il modello monopolista di Microsoft. 

Secondo esempio: Google lascia che i dipendenti conducano nel 20% del tempo di lavoro un proprio progetto personale, e, se lo desiderano, mette a loro disposizione le risorse tecnologiche dell’azienda, oltre all’eventuale disponibiltà dei colleghi che ne vogliono fare parte. Molte idee raccolte nel laboratorio tecnologico Google Labs (http://labs.google.com), sono il risultato di questa iniziativa, e alcuni progetti sono di grande successo. Ma non tutte le persone si sono dedicate alla tecnologia, altre hanno provato a scrivere un romanzo, a dedicarsi al teatro, alla musica, ecc.  

Si tratta di un esempio credo molto interessante, poi si sa che anche Google presenta delle zone d’ombra e discutibili. Basta pensare alla recente questione della censura in Cina, dove il famoso motore di ricerca ha deluso le aspettative degli utenti, cedendo alle richieste restrittive imposte dal governo, ma questo è un altro discorso. 

Aggiungo infine che iniziative come quelle di Google funzionano solo se si decide di lasciare veramente libere le persone, quindi dimenticandosi obbiettivi, budget e mission aziendale. Insomma, sperimentare questo esercizio di libertà è proprio l’opposto che esercitare il potere. I risultati saranno ben al di sopra di quanto ci si attende.

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