BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 09/06/2009

STORIE CHE CI RIGUARDANO: LE MORTI DI UN IMPIEGATO, DI UN DIRIGENTE, DI UN ARTIGIANO

di Rosanna Celestino

Ci sono storie che fanno il contrappunto alla realtà: come l’immobilità al movimento, il silenzio al rumore.
Così le storie di chi nelle ultime settimane si è suicidato per l’angoscia del licenziamento o per quella di dover licenziare, per la paura della cassa integrazione o il dolore del fallimento, fanno da contrappunto al parossismo urlante della nostra realtà. Nel magnifico mondo del social network parliamo, testimoniamo, raccontiamo l’organizzazione, i suoi modelli, le sue aspirazioni; siamo abituati a confrontarci su concetti come trasparenza, etica, responsabilità, cooperazione, integrazione, formazione, talento, potenzialità, diversità. Molti di noi, tutti i giorni, sono impegnati ad accompagnare persone e aziende a lavorare in maniera trasparente, ad informare correttamente, ad assumersi la responsabilità sulle conseguenze delle proprie decisioni e azioni, ad “approssimarsi” all’altro, ad ascoltare, a ricercare nella diversità la ricchezza di un nuovo punto di vista, a promuovere la presenza femminile perché portatrice di approcci e competenze sempre più necessari, a spingere all’apprendimento continuo nella certezza che la conoscenza e la consapevolezza ci rendono migliori, più capaci ed efficaci. Lo facciamo, lo facciamo bene e con coscienza.
Ma oltre al racconto, ai modelli, alle aspirazioni delle nostre organizzazioni c’è altro. C’è la società, quella nella quale siamo immersi, quella nella quale noi pensiamo e nella quale siamo pensati. Le singole storie, le famiglie, gli interessi, le fedi, le aziende, le banche, le istituzioni, la scuola, l’informazione, la televisione, l’economia, la chiesa, i sogni, la cultura con la “c” minuscola e maiuscola. le aspirazioni, lo sport, le veline, la paura, lo straniero, l’estraneo, la solitudine, la politica … Nell’alchimia della nostra società, i concetti sui quali siamo abituati a confrontarci e lavorare, si disperdono, si contraddicono, si annullano a vicenda: la “società” promuove il non dire, la “trasfigurazione” dell’evidenza; l’etica è parola vuota nel momento in cui non ci sono mai responsabili; l’individualismo è l’ordine e la cooperazione una debolezza; la paura impedisce qualsiasi approssimazione; la conoscenza e la consapevolezza sono nemici della sicurezza; le donne, in quanto veline, sono copie “usa e getta”.
Così un impiegato di Roma, consapevole del prossimo licenziamento, si lancia dal sesto piano; il dirigente consapevole di dover licenziare molti dei suoi uomini si getta sotto un treno nei pressi di Treviso; il piccolo imprenditore del nord est, prima di chiudere e mandare a casa i suoi operai, si impicca.
Il giornale titola “Crisi e paura dei licenziamenti, suicidi shock in azienda”.  Credo sarebbe più corretto dire “suicidi shock in una società cieca e sorda o, forse, solo disperatamente distratta”.
Noi ci siamo e queste storie ci riguardano.
Buon lavoro a tutti

 

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