BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 19/04/2004

IL COACHING EMOZIONALE. OVVERO COME SMONTARE IL MECCANISMO DELL'OFFESA

di Emma Rosenberg Colorni

Vi voglio parlare di coaching.

Attenzione: il coaching a cui state probabilmente pensando è probabilmente molto diverso dal Coaching Emozionale. Il Coaching Emozionale si occupa dei presupposti invisibili a cui obbediamo perdendo responsabilità e libertà. Propone strumenti di facile acquisizione per rendere evidenti tali presupposti e per recuperare benessere individuale e organizzativo.

Il Coaching Emozionale è utile sia per i privati che per le aziende.

·        Il lavoro individuale con i privati permette, nel giro di pochi incontri, di comprendere e modificare gli automatismi che creano i problemi personali nella relazione con se stessi e con gli altri.

Si impara, per esempio:

-         ad utilizzare le emozioni quali la timidezza, la rabbia, il senso di inadeguatezza, di colpa, il timore del giudizio altrui…

-         a superare le paure di ogni tipo (della gente, di volare in aereo, di parlare in pubblico…)

-         affrontare la depressione, i lutti, le separazioni, gestire lo stress.

-         aumentare la capacità di concentrarsi e di studiare

-         acquisire un corretto comportamento alimentare

-         gestire lo stress, rilassarsi

-         liberarsi del condizionamento del proprio passato

-         migliorare i rapporti familiari e interpersonali in genere

-         a modificare i comportamenti indesiderati

·        Il lavoro aziendale con il Coaching Emozionale permette sia di affrontare le difficoltà individuali sia di creare il Know-How Relazionale™ dell'azienda.

Lo scopo del Know-How Relazionale™ è di dirigere le energie sprecate nelle relazioni non pienamente soddisfacenti verso gli obiettivi di collaborazione.

Il Know-How Relazionale™ è il processo, induttivo e dinamico, di creazione consapevole del sistema delle relazioni aziendali scelto responsabilmente e collaborativamente in funzione della salute dell’azienda, dei risultati e del benessere delle persone.

Quando ben delineato, diventa parte del capitale dell’azienda, contribuendo a definire e raggiungere con sicurezza gli obiettivi.

Affinché possiate avere sotto mano un esempio di strumento del Coaching Emozionale: un percorso orientato a disinnescare gli automatismi che impediscono ai conflitti di trasformarsi in negoziazioni creative. [1]

Smontare l’offesa

1.    Analizzare l'offesa per modificare l'organizzazione aziendale

Siamo stati educati, addomesticati, ad offenderci e a indurre gli altri a fare altrettanto.

Che ognuno di noi sottoponesse se stesso e gli altri all'offesa è stato per un pezzo funzionale alla nostra organizzazione sociale e, in genere, all'organizzazione delle aziende.

Non penso che qualche malvagio abbia deliberatamente scelto di limitare la nostra consapevolezza volendoci addestrare ad offenderci e a incoraggiare gli altri a farlo, penso che socialmente ci siamo strutturati intorno a questi atteggiamenti di base perché di fatto sembravano dare grandi vantaggi.

Soprattutto vantaggi di efficienza. In effetti quando il contesto cambia poco, le organizzazioni gerarchiche partecipate con atteggiamenti di offesa manifestano appieno la propria efficienza. L'offesa infatti, inducendo l'alienazione e il conformismo, rende i comportamenti prevedibili e controllabili.

La situazione sta radicalmente cambiando. Il contesto in cui si trova ad operare ogni organizzazione non è più stabile, i cambiamenti sono in gran parte imprevedibili e inevitabilmente globali. Ormai l'organizzazione gerarchica, pianificata dall'alto come una macchina, non è la più adatta a sopravvivere.

Si può scegliere di creare organizzazioni gerarchiche che nascono e muoiono nel giro di poco tempo, oppure di creare organizzazioni che si diano una possibilità di vita più lunga.

La forma di un'organizzazione che può vivere in un contesto in continuo cambiamento è molto più simile ad un essere vivente che sa evolvere piuttosto che ad una macchina.

Un'azienda che voglia mantenersi in vita in un ambiente in rapido cambiamento non può essere completamente pensata a priori, deve avere una struttura duttile che le permetta di auto-organizzarsi.

Una sorta di rete di altre reti, che vive della possibilità di ogni elemento di comunicare con gli altri e con il contesto, in modo che possano emergere induttivamente aree di collaborazione in continua evoluzione.

Per questo tipo di organizzazione l'offesa e l'alienazione non sono più funzionali, sono anzi dannose.

Queste infatti minano l'organizzazione alla base in quanto diminuiscono la responsabilità, la libertà e il potere di ciascuno, diminuiscono cioè le fonti di energia dell'organizzazione.

Sono molti i cambiamenti che l'organizzazione deve affrontare per prendere una forma capace di sopravvivere: deve cambiare la forma da gerarchica a rete “ameboide”, deve funzionare in maniera induttiva e non soltanto deduttiva, deve potersi autoregolare piuttosto che essere pianificata e controllata, e la sua priorità non può più consistere solo nella qualità del prodotto, ma nella qualità di tutto il rapporto di scambio con l'ambiente che partecipa, cioè nell'etica delle relazioni di produzione e fruizione.

Tutti questi processi di cambiamento si svolgono con e attraverso la comunicazione fra soggetti.

Se il compito di ciascuno nell'organizzazione è promuovere questi cambiamenti, non si può più considerare professionale alienarsi attraverso l'offesa e comunicare con lo scopo di rendere sopportabile l'alienazione.

Questi cambiamenti possono avvenire solo facendo attenzione ad un livello superiore a quello delle singole azioni, ad un livello che riguarda le premesse del rapporto con noi stessi e con gli altri.

In pratica significa soprattutto emanciparsi da vecchi automatismi, e recuperare responsabilità.

Che l'organizzazione del lavoro contribuisca ora, per necessità di sopravvivenza, allo sviluppo etico della società?

Eccomi qui dunque a raccontare l'invisibile ovvio:

-         Come, offendendoci, ci alieniamo e come, per goderne i vantaggi perversi, induciamo gli altri a fare altrettanto

-         come adottare atteggiamenti alternativi, tutto sommato semplici da acquisire (basta un po’ di allenamento affinché diventino spontanei), che rendono la vita molto più godibile per chiunque ne condivida il valore

2.    Analizzare l'offesa per conoscere un paradigma delle emozioni

Conoscere il modo con cui ci offendiamo è piuttosto semplice. Si tratta infatti di un meccanismo in cui è particolarmente evidente il ruolo del giudizio su di noi o sulla nostra visione del mondo.

Imparare a riconoscere questo automatismo anche in un suo lieve manifestarsi è importante per imparare ad utilizzare ogni emozione: infatti ogni emozione contiene, in qualche forma, un giudizio su sé stessi.

Se siamo consapevoli del giudizio in base al quale agiamo e se siamo consapevoli degli strumenti che utilizziamo per formarci quel giudizio, agiremo con un maggior margine di libertà e, dunque, di responsabilità e di potere, potenziando la rete nel suo complesso.

3.    Analizzare l'offesa per indirizzare le energie verso i propri obiettivi

Molte energie spese sul lavoro sono dedicate alla protezione e alla promozione delle immagini in cui ci identifichiamo. In funzione di queste si ingaggiano lotte improduttive e talora dannose rispetto ai propri obiettivi.

Conoscere il modo in cui ci offendiamo ci farà ritornare al contatto con noi stessi e ci permetterà di indirizzare attenzione e sforzi nel perseguire i nostri obiettivi.



[1] Per approfondimenti, e per avere accesso a un testo più articolato e approfondito, vedi http://www.emmarc.it/

Pagina precedente

Indice dei contributi