BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 27/11/2006

LA OLIVETTI DI ADRIANO E' UNA ROSA DI JERICHO

di Pietro Condemi 

La rosa di Jericho è una pianta meravigliosa: essa possiede uno straordinario istinto di vita che le consente di vivere nei secoli senz'acqua e senza terra. Quando vi è abbondanza d'acqua diviene verde e rigogliosa, mentre durante la siccità perde completamente l'acqua, e viene spinta dal vento attraverso lande desertiche per poi tornare a risorgere grazie a una nuova pioggia o a un corso d'acqua. Le idee di Adriano Olivetti e dei suoi collaboratori sembrano avere le stesse caratteristiche: “leggere” perché senza nutrimento volteggiano sospinte dai venti, conservando intatte le potenzialità di vita, e pronte ad attualizzarsi se solo ce ne prendiamo cura (1).

Se spesso la storia della Olivetti, dalle origini agli anni Settanta, è stata riguardata con nostalgia o con fastidio, e spesso liquidata come qualcosa di irripetibile, obsoleto, “datato”, non permettendo così di soffermarsi sulle ragioni di un successo economico, imprenditoriale, culturale e sociale che non ha avuto precedenti né in Italia né nel mondo, in questo libro mi sono voluto soffermare su uno dei cardini fondamentali del management: la strategia.

Adriano Olivetti, uomo di sconfinata cultura e di grande senso pragmatico, si è reso conto che per cavalcare l'innovazione, tema attualissimo per la nostra economia, occorrevano quanto meno due fattori basilari: attrarre le personae più colte e preparate, garantendo loro i maggiori compensi e la libertà per poter proporre e realizzare le loro idee; progettare e realizzare una formazione capace di preparare al futuro, ovverosia incentrata sulle competenze anziché sulle conoscenze. Contornato da collaboratori che, nelle parole di Giorgio Soavi (2),non si accontentavano di “volare basso”, la storia di quegli anni in Olivetti dimostra, a mio parere, la possibilità di realizzare un progetto ricorsivo che pone come reale motore d'impresa la cultura e l'etica, che ne permette l'attualizzazione attraverso la formazione e l'esempio incarnato della proprietà e del top management, che cavalca l'innovazione tecnologica e organizzativa come epifenomeno dello sviluppo completo delle persone, di individui-che-pensano e che sono in grado di applicare la ricchezza culturale alla soluzione dei propri e altrui problemi.

Su queste basi la Olivetti ha prodotto e distribuito utili eccezionali, inventato il concetto di corporate image e un nuovo modo di fare pubblicità, un nuovo design industriale, una nuova architettura industriale e abitativa, prodotti innovativi, il primo personal computer al mondo, un nuovo modello di relazioni sindacali, nuovi organismi di gestione aziendale, e la nascita della sociologia in Italia. La Olivetti è stata la prima azienda italiana ad acquisire un'industria americana, la Underwood, nel 1959; sempre in quell'anno ha realizzato il primo grande elaboratore italiano, l'Elea 9003; nel 1960, con Telettra e Fairchild Camera and Instruments, ha fondato la Sgs, ovvero la prima produzione europea di semiconduttori, oggi divenuta STMicroelectronics.

La storia della Olivetti propone quindi le idee e la pragmatica per realizzare innovazione nel management e di prodotto; “scritta” quasi cinquant'anni fa, ecco che si dimostra quanto mai attuale proprio confrontandola con gli studi e le raccomandazioni che, a cavallo del Duemila, ci provengono da riflessioni e ricerche di prestigiosi autori e politici.

Vediamo ad esempio cosa emerge dalla ricerca di Jim Collins: (3) l'autore e la sua equipe di ricercatori si soffermano sulle undici aziende eccellenti degli Usa per rilevare quali siano le principali ragioni del loro successo, ritrovandole proprio nello stile di leadership del management, nella capacità di essere personae dei collaboratori, nella partecipazione, nella fiducia diffusa. Le componenti soft, così bene evidenziate nel testo di Becker, Huselid e Ulrich (4), e indicate dagli autori come componenti irrinunciabili per il vantaggio competitivo, sono le stesse che si stimolavano e curavano in Olivetti, così come le dimensioni dell'etica e della fiducia, ben evidenziate come valori indispensabili e ignorati nel panorama delle aziende nord-americane che ne dà David Batstone (5), rimandano prepotentemente proprio alla filosofia ideale e pratica di Adriano Olivetti.

Pur se i Weblog e i Wiki Wiki Web, dimostrando che non sono le persone a porre resistenza al cambiamento ma le procedure, consentono il dialogo e il confronto,non sarà certo ricorrendo a espedienti tecnologici che si potranno permettere le relazioni face-to-face, alla base della fiducia (6) e della creazione di conoscenza (7). È da un lato sorprendente come la ricerca di Jim Collins evidenzi come la tecnologia non appaia mai tra i primi cinque fattori di successo delle aziende eccellenti. La Olivetti faceva quindi degli incontri di e tra personae il cuore pulsante della propria strategia, così lontano da quell'idea di controllo normativo evidenziata da Amitai Etzioni, le cui conseguenze disastrose, da un punto di vista individuale e imprenditoriale, emergono con evidenza riattraversando le considerazione di Gideon Kunda (8).

Ma se il paradigma olivettiano non si fermava alla sola dimensione della formazione non formale, ossia della formazione aziendale, interessandosi del territorio, dell'urbanistica, delle scuole, delle abitazioni, persino della mobilità dei lavoratori, disseminando cultura attraverso la casa editrice Edizione di Comunità, la rivista Comunità, le iniziative dell' Irur per far nascere nuove imprese su tutto il territorio nazionale, avocando a sé anche una responsabilità sociale schernita persino da grandi manager italiani, riflettendo sul Libro Verde Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese (9) ci si rende conto di quanto siano attuali e motivo di riflessione proprio quelle idee messe in campo da Adriano Olivetti e dai suoi collaboratori, e di come vengano additate da un organismo europeo come condizioni imprescindibili per uno sviluppo sociale e produttivo che sia garanzia di innovazione, benessere collettivo, equità.

Appare quindi di grande attualità la rilettura di un'esperienza al contempo imprenditoriale, etica e responsabile (10), ribadita nei suoi fondamenti e nelle sue prassi da alcuni tra i più importanti studiosi mondiali, e sostenuta dalla Commissione Europea nel suo Libro Verde. Se il “fattore umano” è alla base dell'innovazione e della creatività, e se si riconoscono questi elementi come strutturali per competere sui mercati globali, allora la Olivetti di quegli anni ci fornisce idee e prassi per affrontare la sfida; imprenditori, manager, formatori, forze politiche e sindacali possono impegnarsi a progettare una formazione in grado di sviluppare le potenzialità di ognuno, di curarne lo sviluppo delle competenze, di rendere disponibile la cultura come unico fattore che consenta di poter “fare altrimenti”, di comparare, di valutare, di inventare. Ignoranza, ambienti degradati, volgarità e condizioni disagiate non permettono un ben-essere sociale e psicologico, non creano fiducia nei confronti delle istituzioni, né impegno nel lavoro, né solidarietà; il “prodotto” finale sarà povero nella forma e nel contenuto. A ben vedere Adriano Olivetti non fa che richiamarci ad assolvere a un dovere etico in capo a ogni persona.


1 -La rilettura del paradigma olivettiano, di cui qui sintetizzo alcuni aspetti, è oggetto del mio libro: Pietro Condemi, La rosa di Jericho Il paradigma olivettiano per una nuova cultura della formazione, Ipoc Italian paths of culture. Ved iwww.ipocpress.com

L'autore ha poco merito nel riportare ciò che il libro racconta e indica, e, parafrasando quanto a suo tempo detto da Thomas J. Watson, s'inchina rispettoso di fronte ad Adriano Olivetti e ai suoi collaboratori.

2 -Soavi Giorgio, Adriano Olivetti Una sorpresa italiana, Rizzoli, Milano, 2001

3 - Collins Jim,Good to great, HarperCollins Publishers Inc., New York, 2001

4 - Becker Brian, Huselid Mark, Ulrich Dave, The HR scorecard, Harvard Business School Press,

Boston, 2001

5 -Batstone, David, Salviamo l'anima delle aziende, Etas, Milano, 2005

6 -Davenport, Thomas e Prusak, Laurence, Il sapere al lavoro, Etas, Milano, 2000

7 -Nonaka Ikujiro e Takeuchi, Hirotaka, The knowledge-creating company, a cura di Umberto Frigellie Kazuo Inumare, Guerini Associati, Milano, 1997

8 -Kunda Gideon, L'ingegneria della cultura, Edizioni di Comunità, Torino, 2000

9 -Libro Verde Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese - COM

(2001) 366 Definitivo.

10 -Il paradigma olivettiano,

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