BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 23/10/2006

PATAFISICA PER FORMATORI

di Galileo Dallolio (1)

Appunti

Osservare l’utensile.

Se è puntuto, durettino, con una minuscola mina di lapis

niger lancinante, più che a scrivere serve ad incidere.

Si può pensare che l’appunto che ne deriva possa essere un capitolo di una storia della quale della quale lo scrivente forseha perso la ratio.

Lo scrivente-incisore è lì presso di voi, nella vostra aula, attratto dall’occasione che gli permette di dardeggiaresu una superficieliscia.

Qualsiasi sia l’argomento da voi trattato, troverete sempre un suo riscontro nel solco insistito, gemente e imbutito della carta e forse anche una stilettata al vostro dire.

Se invecel’utensile è pennuto, tozzo, rotondo, spargente umidore di inchiostro,

siete di fronte ad un appunto temperato.

Si tratta di un guazzo sparso con abbondanza di volute su un prato assetato e l’appunto non vi sarà ostile.

Nati sotto Saturno i primi, gioviali i secondi, si potrebbe anche dire.

Ma questi appunti rimandano ad altro.

E’ la ripetizione di un rapporto di disciplinamento accettato e goduto attraverso la sua ripetizione nella memoria privata.

‘Moriremo prendendo appunti’ ricordava Flaiano.

Esistono infatti, a ben cercarle, foreste di appunti appesi ,ormai illeggibili, idee segregate e fissate come in un erbario.

Lorovolevano uscire, scappare dal circuito dell’aula, vivere la vita , entrare nelle strade , per fare festa, perfolleggiare, per accoppiarsi..

invece le trovi ormai definitivamente fermatenel segreto di una partitura che non accenderà nessuna musica , nascostenell’archivio definitivamente privato.

Partecipanti

Corpulenti, atticciati, smilzi, giovani, sfatti, armoniosi, ben vestiti, scompagnati, occhialuti, calvi, tozzi, larghi, freschi, torvi, appannati, tosti, tesi …

tutti i partecipanti hanno in comune la postura del guardante.

Non vi scandagliano forse con l’occhio, non vi seguono dappertutto sia che camminiate, come Gregorio sul soffitto dell’aula o vi dileguiate come un folletto?

Il partecipante è innanzitutto un guardante ben sincronizzato con ogni vostro movimento.

Vi risultano forse partecipanti polarizzati su altri punti cardinali?

Oppure bendati?

Tutti gli allievi sono simmetrici e sognano di restare così

ad una incollatura del vostro dire per tutto il tempo del periplo.

Voi che li inducete in relazione con un nuovo mostro o che li disperdete in un labirinto per poi, come Orfeo, togliere loro la malia e lasciarli liberi, intatti e formati nel loro sogno privato.

Provocatorio

Ma di cosa e su che, mio signore.

Quale provocazione nel mondo concluso dell’aula,

nei circuiti blindati dello spazio, cadente fra i tavoli e il docente.

Quante garrule tempeste, minuscoli tifoni, sciacquoni , gorgoglii di cascatelle benevole, sono anticipati dal discorso provocatorio.

E quanta ammirevole attenzione pone il didatta nel cogliere con la reticella la bella nuvoletta sulla quale ancheggia, a mò di sagoma di fulmine, un piccolo cerino.

Ben altra è la provocazione da temere, né quella che si appalesa col testone ciondolante né l’altra che si manifesta col rumore bisbigliante e lo strascico della sedia, ma quella che si manifestanello scatto improvviso dell’abbandono

Dove fuggi partecipante, perché lasci tacendo, avevo tante corse da dirti,

in particolare a te che ora senza cuore non potrai mai più sentire le mie parole.

E come il cavaliere del secchio nel cielo gelato di Praga si perde senza colpa, così il didatta si involve in questa domanda senza fine, dimentico di sé e del pubblico restante.

Colpo d’occhio

Si dice che un sensale di giumente ne pesi il corporale a colpo d’occhio o al più al tatto, mediato da un nerbo sottile.

Si consiglia al docente l’arte di percepire gli dei presenti nel tempio.

Tempio l’aula? Dei?
Si rifletta sulle ragioni dell’etimo.

Il tempio-temenos è uno spazio di cielo e poi di terra ritagliato-temnein.

Non si dice che la formazione è anche un momento trascorso in un luogo staccato dal quotidiano?

E dove andavano i marinai se non a Porto Venere o sul Monte Ericino per prendere fiato e scambiaredottrina, se non dentro un tempio, sotto gli auspici e le cure di divinità affettuose e di loro appassionate interpreti?

Le attese e le aspettative della formazione, così ben delineate dal progettista maieuta, non sono forse equivalenti alle invocazioni?

E queste non rimandano agli dei?

Apollo per la ragione globale, Mercurio per l’estro guizzante, Vulcano per la foga accanita, Dioniso per la corsa ebbra, Venere per l’estasi contemplante e Pallade per il fervore della trama? Manca il sacrificio?

Ma il ‘sacrum facere’ non è forse questo osare nel combinare il sak- ciò da cui si deve stare lontano- cioè la propria esperienza, così custodita e celata , con l’esperienza altrui?

Scambio, communio, offerta sacrificale, ara, altare , officiante e poi il rito della parola che evoca e che conforta, salmodiante e magica, e poi il gesto della luce al proiettore e il segno tracciato nel vano dell’abside-lavagna?

E il cielo sopra Belino non ha forse detto una parola definitiva sulla compresenza nel quotidiano di tali confortanti questioni ?

Imparare a vedere l’invisibile, appena nascosto nelle forme, nei volti e nelle posture.. Appena un poco di attenzione per cogliere le ‘verità nascoste in evidenza’ e gliarchetipi presenti in aula vi diventeranno familiari.

Il materiale

Si misura a colpo d’occhio poi si compulsa accarezzandolo e

lasciando che la propria natura vi si dispieghi sopra senza ritegni.

C’è alloro lo spoglio carezzevole, il calcolo della grammatura, la prova della penna.

Lucori, superfici lisce, dorsetti, spirali e altre piccole regalie ben dispongono l’animo, fecondandolo e mettendolo in fervorosa attesa.

Se assieme al materiale, dopo qualche tempo appare un piccolo dolce ,

è allora l’epifania del contenuto: ‘ero venuto per saziarmi e così è stato’.

Noto è il disappunto da ‘materiale che verrà spedito’, noto è il gemito che invoca,

di un seminario mancato, almeno il materiale.

Ci sono domande?

Certi silenzi a volte vanno preservati e certe dissolvenze- di volti, di argomenti e di tensione- vanno favorite.

Una tensione non profanata da rumori di sorta,

come dicono fosse l’esito dei primi ascoltatori attoniti di Frescobaldi.

Un accordo perfetto, una consonanza così ricca da farsi percepire come una cornucopia nell’attimo di disperdere i propri doni.

Perché svegliare l’estro dell’allievo incantato?

Perchè estenuare pervicacemente il bisogno di retroazione?

La vocazione sistemica ci priva in questo modo del piacere nel camminare senza tempo, dentro e fuori l’anello di Moebius


1 - http://www.bottegadellaformazione.it

 

 

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