BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 16/06/2003

ELETTROSMOG: I RISCHI E LE VERITA'

di Massimiliano Di Gioia

Elettrodotti ed elettrosmog. Tutela della salute e nuovi modelli di sviluppo. Se ne parla poco nel grande circo mediatico. Eppure sono temi importanti verso i quali si catalizza una forte attenzione dell’opinione pubblica. Sono centinaia, infatti, i comitati anti elettrosmog sorti in tutta la penisola che rivendicano il diritto di vivere in pace e difendere la salute e l’ambiente. E’ un allarme ingiustificato? L’esposizione ai campi elettromagnetici provoca veramente malattie degenerative? Quante responsabilità hanno gli oligopoli privati nell’ostacolare il ricorso alle energie alternative? Per gettare un po’ di luce sulla questione è necessario innanzitutto spiegare cos’è l’elettrosmog, termine scientificamente improprio, ma che rende bene l’idea di come esista un inquinamento derivante dall’esposizione dei campi elettromagnetici (CEM). I CEM naturali si formano per le radiazioni cosmiche e solari, e come conseguenza della polarità con la terra. I valori dei CEM naturali sono nettamente inferiori da quelli causati dalla produzione, trasporto e uso dell’energia elettrica. L’inquinamento elettromagnetico allora è un inquinamento sì invisibile e inodore ma prodotto dalla corrente elettrica e dagli apparati radiotrasmittenti. I CEM, in questo caso, sono emissioni di onde ad Alta frequenza (ad esempio rientrano in questa categoria quelle generate dalle stazioni Radio base delle antenne della Telefonia mobile, dalle antenne trasmittenti Radio e Televisione, ecc.) e a Bassa frequenza (rientrano invece in quest’altra categoria quelle emesse dalle Cabine di trasformazione, dalle linee elettriche a media ed a alta tensione, dagli Elettrodotti in genere, ecc.). Quindi queste emissioni non esistono in natura ma sono prodotte dalle “attività umane”. Dal momento che molti processi biologici del corpo umano vengono attivati da impulsi elettrici, come accade per le trasmissioni dei segnali nervosi o la contrazione dei muscoli, è plausibile pensare che i CEM possano interferirvi in vario modo. Ad oggi, non esistono documenti, studi o esperimenti sufficientemente approfonditi in grado di dimostrare che queste emissioni non fanno male alla salute. L’Organizzazione mondiale della sanità e lo Statuto della Comunità europea invitano ad applicare il principio di precauzione, che afferma che “occorre usare con prudenza e cautela tutte quelle tecnologie che non risultano essere sicuramente innocue, superando il criterio corrente per il quale va ammesso l’utilizzo di processi e prodotti finché non sia dimostrata la loro nocività”. L’Istituto Superiore della Sanità già dal 1995 ha evidenziato la correlazione tra esposizione ed aumento del rischio di leucemia infantile. L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (AIRC) nel 2001 ha classificato i campi elettromagnetici come “possibilmente cancerogeni per l’uomo”. Medici, scienziati e ricercatori riuniti a Friburgo nel 2002 al convegno dell’Associazione interdisciplinare per la Medicina Ambientale, hanno constatato un drammatico incremento di patologie croniche e gravi, nonché il moltiplicarsi di ulteriori disturbi, tutti riconducibili all’esposizione di fonti di CEM. Disturbi generici come insonnia, vertigini, emicrania, impotenza erano già stati evidenziati in Russia in addetti alla manutenzione delle linee elettriche a cavallo tra gli anni sessanta e settanta.
Il problema, insomma, nasce per i cosiddetti “effetti a lungo termine”, derivanti da esposizioni prolungate anche a dosi di centinaia di volte inferiori a quelle stabilite per proteggersi dagli effetti immediati (per esempio un’abitazione situata vicino ad un elettrodotto o un impianto di radiotrasmissione). Tali effetti possono essere rilevati solo da indagini epidemiologiche sulle popolazioni esposte per lunghi periodi. Per le basse frequenze (gli elettrodotti), molte indagini hanno dimostrato che vi è certezza scientifica del rapporto causa-effetto di un aumento dell’incidenza di alcune gravi patologie, tra le quali la leucemia infantile o il tumore alla mammella maschile.
Allora se non siamo sicuri che fa male non siamo neanche sicuri che faccia bene. In Italia la legge quadro 36/2001 ha recepito il principio di precauzione per tutelare i lavoratori, le lavoratrici e la popolazione dall’effetto dei campi elettromagnetici, promuovendo la ricerca scientifica per la valutazione degli effetti a lungo termine e attivando misure di cautela. Ma nel settore della telefonia mobile il legislatore italiano ha preso la direzione opposta. Con il decreto Gasparri del settembre 2002 si è data una forte accelerazione alla deregolamentazione delle autorizzazioni all’installazione di infrastrutture per la trasmissione di ponti-radio privilegiando sostanzialmente lo sviluppo economico del settore dei “cellulari”. La nuova tecnologia di telefonia satellitare che consente di inviare foto e filmati attraverso gli apparecchi cellulari (umts), inoltre, potrebbe comportare l’installazione di altri 44 mila tralicci, che andrebbero a sommarsi ai circa 12 mila esistenti, aumentando ulteriormente la creazione dei campi ad alta frequenza, praticamente assenti in natura. Lo stesso decreto, tra l’altro, ha elevato a 5 micro tesla i valori minimi delle emissioni (il precedente era a 0,2 micro tesla). Dieci volte superiore ai valori associati a leucemie infantili. Già adesso ci sono 151 impianti che emettono campi elettromagnetici superiori, in volt e ampere per metro, ai livelli sopportabili dall’uomo. Alcuni sono vicini a case, scuole, luoghi di lavoro. E ancora da qualche mese è stata varato un altro decreto strettamente legato alla possibilità di costruire più facilmente elettrodotti per trasportare l’energia elettrica. Il decreto denominato appunto “sblocca centrali”, ha dato il via a una pioggia di richieste per la costruzione di nuove centrali. Nel Lazio, solo per fare un esempio, a fronte di una più che adeguata riserva e disponibilità energetica, sono previste ben otto nuove centrali termoelettriche in provincia di Roma, tre in quella di Latina e due nel frusinate; un totale di 13 nuove centrali in una regione che comprende il polo di Civitavecchia e quello di Montalto di Castro. Per non parlare poi del devastante mega-elettrodotto nel Parco del Pollino in Calabria già in via di realizzazione nonostante l’opposizione di molti enti locali e la pendenza di alcuni ricorsi al TAR.
La questione energetica si intreccia con le fragilità ambientali ed impone una discussione profonda sull’uso delle risorse energetiche, il loro utilizzo e le relazioni con la crisi climatica. Innanzitutto è necessaria una revisione radicale del modo di consumare, produrre e distribuire l’energia, anticipando il passaggio inevitabile a un sistema economico libero dai rischi connessi all’uso dei combustibili fossili. Bisogna superare lo schema fonti fossili/mega-impianti termoelettrici/rete di distribuzione a favore di una distribuzione decentrata o locale che utilizzi invece fonti rinnovabili in reti piccole o addirittura micro. Ci salviamo insomma con l’innovazione e lo sviluppo di tecnologie delle fonti rinnovabili, soprattutto nel solare fotovoltaico e nell’eolico che hanno permesso in certi paesi, (vedi fra tutti la Germania) un abbattimento significativo dei costi consolidandosi nella produzione industriale.
In molti sostengono che un mondo senza petrolio è possibile, anzi è inevitabile. Forse è ancora troppo presto. Ma bisogna iniziare a pensarci. E’ arrivato il momento per una filosofia che ci induca a pensare ad una vita più sana e meno inquinata.

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