BLOOM! frammenti di organizzazione

I FORMATORI TRA NECESSITÀ (TEORICA) E NEGAZIONE (CONCRETA) DELL'APPRENDIMENTO

di Marco Poggi

Il pensiero organizzativo più avanzato, in sintonia con l’evoluzione della ricerca filosofica ed epistemologica più complessiva, tende a superare l’idea tradizionale accumulativa dell’apprendimento a favore della centralità della discontinuità. L’apprendimento degli individui nelle organizzazioni, e quindi delle organizzazioni, avviene attraverso rotture, trasgressioni di un ordine dato e conseguenti ristrutturazioni di campo che aprono strade nuove, non ancora pensate. Eventi di questa natura (breakdown) non possono essere previsti in modo sistematico: è data contemporaneamente la loro possibilità e il rischio del non avveramento. Possono tuttavia, all’interno dell’organizzazione, essere facilitati. Come? Dando vita a luoghi fortemente destrutturati in cui é possibile che accadano cose che trasgrediscono un ordine e consentono l’insight (davvero simile al satori della tradizione orientale!). Coerentemente con questo paradigma la letteratura manageriale del decennio in corso ha visto, nelle nuove forme organizzative postfordiste (più piatte, meno strutturate), maggiori possibilità per il realizzarsi di apprendimenti. Addirittura, in risposta ad una crescente esigenza di flessibilità, è stata teorizzata l’affermazione della centralità dell’apprendimento nelle organizzazioni contemporanee. Con la maturità del decennio in corso si comincia ad accumulare una piccola ma significativa esperienza in materia di cambiamento organizzativo. In moltissime realtà sono state vissute concretamente (non soltanto quindi ipotizzate o lette sui libri) operazioni di reengineering. Al di là della frequente violenza che il downsizing porta con sé e della densa sofferenza che diffonde nelle aziende, accade molto spesso che le ristrutturazioni, guidate da obiettivi a breve, brevissimo termine, non diano luogo ad organizzazioni in cui si aprono spazi destrutturati nei quali si favorisce l’apprendimento. Anzi. la destrutturazioni sgomenta. I vertici delle aziende che guidano le operazioni di cambiamento mostrano l’ansiogena necessità di governare le transizioni con modalità di controllo estremamente rigide. E contemporaneamente le persone che, ai differenti livelli gerarchici, passivamente, vengono guidate nelle nuove strutture aziendali, esibiscono una vertiginosa paura del vuoto e chiedono urgentemente il conforto di ruoli dai confini precisi. L’ambiguità, l’indeterminatezza, il caos sui cui bordi è possibile apprendere non appartengono di fatto alla realtà (nuda e cruda) delle organizzazioni contemporanee. E le persone che avrebbero dovuto essere finalmente libere dai lacci delle macchine tayloristiche restano ingabbiati in forme molto rigide che inibiscono qualsiasi capacità trasformativa.

 

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