BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 27/07/1999

RIFLESSIONE SUI PROCESSI GATTOPARDESCHI

di Francesco Varanini

Sono d’accordo con quello che mi pare l’assunto di Davide: se non si lavora ‘con le persone’ non ci potrà essere vero cambiamento.

La storia della gara di canoa che abbiamo messo la settimana scorsa, qui su Bloom, tra i Contributi, ci dice qualcosa a proposito di questo argomento.

Ci sono resistenze al cambiamento. Le resistenze sono frutto di una cultura: welfare, atteggiamenti sindacali hanno abituato ad un ‘mercato protetto’ che oggi non esiste più, che in prospettiva non potrà esistere. Sarebbe nell’interesse delle persone rendersi conto di come lo scenario è mutato. Se non esistono sicurezze esterne, è ‘sano’ imparare a cercarle in se stessi, nelle proprie capacità, nel futuro piuttosto che in un impossibile ‘ritorno al passato’.

C’è anche da dire che spesso le ristrutturazioni, i processi di cambiamento, sono malamente condotti. Perché in fondo, magari inconsciamente, i primi a resistere al cambiamento sono coloro che dovrebbero dirigerlo e promuoverlo. Questi dirigenti, per primi, subiscono la situazione, una situazione che nell’intimo non accettano. Questi dirigenti, per primi, non hanno l’atteggiamento ‘proattivo’, imprenditoriale, necessario per lavorare per processi. Questi dirigenti non possono essere ‘leader del cambiamento’. E un cambiamento non avviene se manca convinzione, leadership. C’è una solidarietà difensiva che scatta troppo spesso in queste situazioni: si sta a vedere, si aspetta, si cercano segnali che confermino che in realtà non è cambiato niente.

Ho assistito a processi di cambiamento, ho osservato queste resistenze, le ho descritte in questi versi:

Coffee break

L'ordine del giorno recitava
"Linee generali
della ristrutturazione".
La crisi incombeva
tutto doveva cambiare.
Ma ci tranquillizzò
–niente era cambiato–
il coffee (di sempre) break.

(Sta in T’adoriam budget divino, Sperling & Kupfer, 1994).

Spesso l’alleanza difensiva tra persone (che appunto attraversa tutti i livelli gerarchici) si traduce appunto nel sostituire il cambiamento sostanziale con grandi riti, celebrazioni, che non sono riti di passaggio che ‘celebrano’ il passaggio dal vecchio al nuovo, aiutando ad ‘elaborare il lutto’. Sono semplici sostituzioni: l’evento prende il posto di una diversa quotidianità. Si parla del cambiamento, ma solo per tirare un sospiro di sollievo e fare in modo che tutto continui come prima.

Credo che la cosa più importante sia rompere queste difese, rendere impossibili queste letture ‘gattopardesche’ del cambiamento.

Lavorare per convincere che si tratta veramente di un processo necessario e irreversibile. e fare in modo che nei fatti lo sia. Un processo, appunto. Il latino processum descrive il gesto di chi pro- (in avanti) cede (si muove senza opporre resistenza): un movimento che guarda oltre.

Come fare?

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