BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 26/01/2004

IL MONDO DEL GURU NON FARE

di Franco Fantuzzi

C’era una volta una terra lontana dove viveva un Guru chiamato Nonfareamenoche tunonvoglia (Chiamato amichevolmente Nonfare)

Il mondo in cui viveva Nonfare era veramente strano.

In questo mondo le persone vivevano insieme nella convinzione di vivere una vita  facile e piacevole.

Quando arrivava qualcuno di nuovo veniva subito chiamato “collega” con l’idea che avrebbe contribuito a tutti i lavori necessari col massimo dei suoi sforzi, nel miglior modo possibile. Ciò significava che ognuno poteva essere retribuito con denaro ed avrebbe potuto utilizzarlo per soddisfare i propri desideri e vivere felice.

Tutto ciò sembrava un’ottima idea e molte persone facevano realmente il massimo per contribuire con i loro sforzi.

Quando alcuni di loro videro che i lavoratori di alcune “imprese” apparivano guadagnare di più ed essere più felici essi si facevano di tutto per appartenere a queste compagnie ed ognuno sembrava più felice.

Passò molto tempo e qualcuno notò che qualche “collega” cominciava a mostrare segni di insoddisfazione.

Si incontravano nei pub e ne parlavano: discutevano del loro lavoro, delle loro vite e delle loro mogli e mariti.

Dopo molti anni alcune persone iniziarono a capire qual era il problema?

Essi non erano felici!

Come poteva essere accaduto?

Questo è il momento in cui Nonfare apparve sulla scena.

Nonfare faceva parte di uno strano culto denominato “Consulenti di Management”

Nessuno sapeva con precisione cosa faceva un “ Consulenti di Management ”.

Alcune persone pensavano che fossero dei manager che facevano consulenze. Altri pensavano che essi fossero persone consultate abitualmente dai manager. Ancora altre persone pensavano che essi gestissero i consulenti.

Come in molte religioni, anche a questa appartenevano persone molto eterogenee tra di loro.

Alcuni dei componenti conoscevano realmente il loro mestiere, mentre alcuni di loro non sapevano distinguere un cavallo da un somaro. 

Ma Nonfare era un ragazzo veramente simpatico, svelto e competente.

Aveva passato molti anni seduto all'ultimo piano di un grattacielo contemplando l'attività del mondo quando un giorno, apparentemente, per nessuna ragione, gli apparve tutto chiaro.

Così Nonfare raccolse tutte le sue cose, lasciò il grattacielo per condividere la sua visione del mondo con il resto del mondo.

Decise che il modo migliore era quello di organizzare dei seminari con alcune delle persone che conosceva e sviluppò tutte le azioni commerciali e di marketing che aveva imparato nell'apprendere la sua religione.

Il Primo seminario

Dopo un'attenta pianificazione, finalmente, il primo seminario fu pronto.

Sfortunatamente la pubblicità non andò troppo bene e tutti i manifesti furono intitolati "IL GURU NONFARE". Essi furono stampati dalla tipografia (che non era una gran tipografia!)  che non trovò lo spazio per "AMENOCHETUNONVOGLIA").

Questo errore produsse nella gente l'idea sbagliata del seminario, ma Nonfare non ne era preoccupato convinto di poter mettere tutto a posto durante la conferenza

Così all'appuntamento NONFARE iniziò a parlare.

C'era un certo numero di persone nella sala e NONFARE era felice di poter lanciare il suo messaggio a così tanta gente.

Decise di iniziare raccontando una storia, più o meno questa:

C'era una volta un mondo pieno di persone, non diversi da voi e me, che credevano nell'esistenza di un tipo di esseri molto diversi da loro.

Questi esseri erano invisibili ma potevano esercitare un immenso potere sulla gente.

Questi esseri erano chiamati 'Devofare'.

C'erano tipi diversi di 'DEVOFARE'. Alcuni erano davvero molto grandi ed esercitavano molto potere sulla gente.

Quando i grandi 'DEVOFARE' si mettevano insieme avrebbero dovuto generare piccoli 'DEVOFARE', ma per qualche ragione grandi e piccoli 'DEVOFARE' sembravano venire fuori dal nulla. Persone diverse sembravano attirare a se' 'DEVOFARE' diversi. I grandi 'DEVOFARE' di alcuni erano piccoli 'DEVOFARE' di altri e viceversa. La gente in questo mondo era così preoccupata di tutti questi diversi tipi di 'DEVOFARE" che passava un sacco di tempo a stabilire come soddisfarli e le persone divennero bravissime a trattare con i 'DEVOFARE'. Chiamarono questi modi di trattare con i 'DEVOFARE' con nomi come 'time management', 'problem solving' e Critical Path Analysis' e molta gente passò tutta la vita a tentare di trovare nuovi modi per trattare con grandi e piccoli 'DEVOFARE'.

Ma un bel giorno un bel tizio chiamato "Aha" realizzò qualche cosa realmente intenso e profondo, e come molte cose intense e profonde essa era molto semplice da capire una volta che ci riflettevi sopra.

Di fatto era così semplice che molta gente non ci credette affatto, per quanto eloquentemente Aha cercasse di spiegarla.

La semplice e profonda verità che Aha cercava di spiegare era questa: non hai bisogno di fare ciò che DEVIFARE a tutti i costi. Tutto ciò che ti serve è……..

L' incidente

Sfortunatamente,  giusto in quell'attimo ci fu un black out e la corrente elettrica sparì dalla sala dove stava parlando Nonfare ed egli non poté finire la sua storia.

Ciò che successe:

un ingegnere che stava monitorando la potenza erogata dalla sottostazione elettrica si era preso una pausa. Nello stesso momento, tutte le persone che erano a casa, mentre stavano guardando la televisione, durante il break pubblicitario di un noto spettacolo popolare, andarono, più o meno contemporaneamente a farsi una tazza di caffè. Quando l'ingegnere tornò dalla sua pausa vide che c'era stato un'ondata nell'assorbimento della corrente elettrica mentre era assente. Egli si sentì in dovere di  chiedere al suo capo se avesse dovuto spegnere il generatore nel caso in cui ci fosse stato un errore. Il suo capo si sentì di dovere agire in sicurezza e spense il generatore perché egli aveva appena avuto un richiamo perché stava incominciando a prendere il suo lavoro con minor impegno.

Una lunga catena di eventi portò allo spegnimento del generatore e l'elettricità sparì dalla sala dove Nonfare stava parlando.

Il signor Hoprovato.

Al seminario di Nonfare c'era un uomo chiamato sig. Hoprovato.

Egli pensò che l'idea che aveva sentito prima del black out elettrico era in verità molto interessante e pensò di provare ad applicarla al suo business. Per una settimana prestò attenzione a tutte le volte che lui od altre persone utilizzavano la frase "devo fare". Ogni volta che egli udì questa frase rifletté al perché lui o altre persone erano così convinte  di "dover fare"

Poi quando stava iniziando ad ignorare i "devo fare" egli si trovò a lavorare molto meglio per un po', e la sua vita scorreva via più facilmente e piacevolmente.

Pensò che era abbastanza soddisfatto dei i suoi progressi.

Si sentiva più felice ed era meno stressato. Ma, passato un altro po’ di tempo, notò qualche cos’altro. Scoprì che, tutto sommato, non era molto felice. E che il suo livello di stress era appena migliore di prima se non addirittura peggiore.

Poi realizzò che, sebbene alcuni dei piccoli “devofare” erano scomparsi da soli, si erano però alleati tra loro, quasi spontaneamente e si erano trasformati in eserciti di grossi “devofare".

"Hum" pensò tra sé e sé cadendo in una sorta di depressione. "Non sembra funzionare" e si avviò melanconicamente verso un bar.

Al bar

Così Hoprovato entrò in un bar e bevve alcuni drink col risultato di aumentare ancora di più la sua depressione: sentiva, intuiva che c'era qualche cosa che non gli quadrava.

Nonfareamenochetunonvoglia era seduto anche lui nel medesimo bar, si alzò ed andò al banco per ordinare un drink. Si sedette a fianco di Hoprovato che lo riconobbe.

Hoprovato, raccolse le idee e disse a Nonfare: "Salve, ero al suo seminario l'altra sera",

"Oh! Davvero!" rispose Nonfare.

"Sì quello in cui sparì la luce nella sala" continuò Hoprovato.

"Non è usuale" rispose Nonfare

Hoprovato raccontò a Nonfare tutto ciò che aveva vissuto e le sue impressioni su ciò che aveva provato.

"Sono davvero dispiaciuto per ciò che accadde quella sera" rispose Nonfare, "mi addolora non aver potuto terminare il seminario e mi spiace tanto che abbia sofferto così ". "Mi faccia rimediare. Cercherò di sintetizzare ora i punti chiave che avrei voluto specificare nel prosieguo del seminario".

"Vede", continuò Nonfare, "nella nostra vita "ci sono alcune cose che desideriamo e, per ottenerle, "dobbiamo fare”, ma se  proviamo ad individuarle, a chiarire a noi  stessi ciò che vogliamo, parlandone con agli altri e pensandoci su, alla fine, quando hai fatto tanti sforzi per ottenerle, e solo allora, capisci se realmente “dovevi fare" per averle, oppure  no.

Hai sempre la possibilità di scegliere!  Fare o non fare per ottenere ciò che desideri, come preferisci.

Se scegli di fare e poi lo fai, sarai felice di averlo fatto. Dopo tutto, è ciò che hai scelto di  fare, e nessuno ti ha forzato a farlo. Ci devono essere delle ragioni per cui hai scelto di fare, così dovresti essere felice di avere realizzato ciò che volevi.

Se scegli di non fare, allora non fare! Hai fatto comunque una scelta. Smetti di dispiacerti di non averla fatta, dopotutto hai deciso di "non fare" così puoi pensare a tutt’altro, ma non a quella cosa.

Hum” disse il sig. Hoprovato è realmente così facile?

Sì, rispose NON

 “Ma mi suona troppo facile per essere vero”, disse Hoprovato

“Questo non è un mio difetto” , replicò Nonfare con un sorriso.

“Ma ci sono delle cose che si “devono” fare” si oppose Hoprovato

“No, non ci sono” disse Nonfare

“Si, ci sono” disse il sig Hoprovato

“No, non ci sono” disse Nonfare

“Si, ci sono” disse il sig Hoprovato

"OK", disse Nonfare "fammi un esempio".

“Bene, per esempio, io devo andare a lavorare” sfidò Hoprovato.

“Perché?” chiese Nonfare

“Perché voglio guadagnare del denaro così posso mantenere la mia famiglia e fare le cose che mi piacciono”, replicò Hoprovato.

“Così tu scegli di andare a lavorare così puoi avere queste cose? Chiese Nonfare

“Bene. Suppongo di sì”, replicò Hoprovato

“Così poi sei felice di andare a lavorare? Chiese Nonfare

“Bene. Suppongo di sì”, replicò Hoprovato

Hoprovato sedette bevendo il suo drink per un momento e guardò in su. Era sorridente.

 “E’ così semplice , ma è folle, perché spendiamo così tanto tempo ad essere infelici quando stiamo facendo ciò che vogliamo fare per tutto il nostro tempo? Disse Hoprovato

 “Mi sorprendi!” disse Nonfare

 “Ma si può applicare a tutto!” disse Hoprovato, tutto eccitato, dobbiamo dirlo a tutti.

“E’ ciò che stavo provando a fare” disse Nonfare.

Restarono entrambi pensosi per un momento e poi Nonfare disse: “Io vorrei andare a casa ora, ma mi piacerebbe sintetizzare tutto ciò per te in un modo leggermente differente. Se stai pensando di fare qualcosa, prova a pensarla così:

Chiedi a te stesso: Può essere fatta? Hai necessità di pensare per un momento perché se tu ci pensi troppo a lungo troverai che ogni cosa può essere fatta (ma questa è un’altra storia). Ma se tu realmente pensi che la risposta sia NO, fermati qui, dimenticala, smetti di esser dispiaciuto e sii felice. Se la risposta è SI allora...

Chiedi a te stesso “Posso farla?” Pensa alle tue caratteristiche ed a tutte le tue conoscenze e a tutto ciò che potresti sapere. Se ci pensi troppo a lungo potresti arrivare a “SI”, ma la risposta è “NO”, poi, e questo è raffinato, fermati qui, dimentica tutto,  smetti di esser dispiaciuto e sii felice. Se la risposta è SI allora...

Chiedi a te stesso “La voglio fare?”. Se la risposta è NO fermati qui, dimentica tutto,  smetti di esser dispiaciuto e sii felice.  Se ti senti colpevole e ti senti “di dovere fare” qualsiasi cosa che tu puoi fare poi hai bisogno di ricordare a te stesso di ciò che “l’avere” può fare per te.

Se la risposta è SI allora fallo e divertiti finché non l’hai fatto. Dopotutto è stata una scelta tutta tua.

“Spero che ti possa aiutare” disse Non

“Mi aiuterà certamente”, replicò Hoprovato. Si fermò un momento a riflettere e poi disse: “Tu lo sai, io stavo proprio per dire che proverò, ma realizzo ora che ciò che attualmente faccio è giusto farlo! Molte grazie ancora NON tutto ciò mi sta cambiando la vita.

NON sorrise e si incamminò verso casa, felice che il suo lavoro, per quel giorno, era stato fatto.

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