BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 26/04/2004

L'AGIO

di Franco Fantuzzi

L’agio. [1] E’ strano come alcune parole brevi siano lungamente incomprese nei loro profondi significati.

Parola strana, poco usata, poco valorizzata nella nostra vita professionale e personale.

Agio: quattro  lettere, tre fonemi. Un’infinità di situazioni che richiamano piacevoli sensazioni.

Giochiamo: [2] “sentiamoci a disagio”. 

Siamo bloccati, stiamo male c’è qualche cosa che non và. E se qualche cosa non va, non va anche tutto il resto. Facciamo appello alla nostra forza di volontà. Ci sforziamo, ci mettiamo tutta la nostra energia, ma risultato è deludente.

Se invece ci “sentiamo a nostro agio”?

Stiamo bene, tutto diventa semplice, facile, le nostre energie sono bene indirizzate le nostre aspettative vengono superate.

Un anziano meccanico, una volta, espresse un pensiero che mi colpì profondamente. Un suo collaboratore stava armeggiando attorno ad un motore ed era in palese difficoltà nell’estrarre “qualche cosa” da un’altra cosa e, per ottenere questo risultato, si accaniva con tutte le sue forze imprecando e sudando, Evidentemente non era a suo agio in quel lavoro. L’anziano meccanico, attratto da quello spreco di energie, si avvicinò, con un passo calmo e sereno, alla sinistra del suo collaboratore lo abbracciò   con un lento gesto della mano destra afferrò delicatamente la sua mano destra che stringeva lo strano attrezzo che stava utilizzando. Sempre con dolce fermezza lo accompagnò alla rastrelliera degli attrezzi e gli fece delicatamente appoggiare l’utensile su un piano, poi con estrema dolcezza accompagnò la mano del giovane su un altro attrezzo simile, posto in un diverso lato del piano, glielo fece sollevare e lo condusse per mano verso il motore sul quale stava lavorando e lo lasciò libero di riprendere il suo lavoro. Come per incanto, le mani del giovane estrassero il “qualche cosa “che rimase imprigionato nello strumento che, ora, da solo stringeva nelle mani. “Ad ogni lavoro il suo attrezzo!”  furono le uniche parole che pronunciò l’anziano meccanico mentre un sorriso tale e quale al suo appariva sul volto del giovane che aveva ritrovato la sua personale serenità.

Ad ogni lavoro il suo attrezzo! Una frase magica espressa con la magia della comunicazione di un vero leader.

Solo se sei a tuo agio potrai ottenere ciò che ti aspetti. Fu il commento dell’anziano meccanico quando mi accompagnò verso l’uscita dell’officina.

Da allora mi sono sempre domandato come mai, nelle organizzazioni, accade così spesso che chi ha il comando faccia di tutto per mettere a disagio i propri collaboratori.

E un po’ di risposte ne ho trovate, almeno quattro:

1) il capo non ha le competenze necessarie per aiutare il collaboratore (cosa molto più diffusa di quanto si pensi)

2) il capo ha le competenze, ma è intimamente, sottolineo intimamente, convinto che queste competenze che ha acquisito siano l’unica  motivazione per cui lui è capo e gli altri no.

3) il capo ha le competenze, ma è veramente incapace di comunicare con i suoi collaboratori;

4) il terrore (disagio al cubo) è potere! Intima convinzione di tutti i capi che non sanno fare i capi e non hanno competenze, né professionali, né relazionali, e, quindi, non ho capito, perché sono capi?

Anche a questa domanda avrei almeno 3 risposte, ma le lascio alla creatività ed alla immaginazione esperienziale dei lettori di Bloom.

Vi lascio invece con questa mia esperienza professionale e personale:

1) L’agio dei collaboratori vale almeno se non di più del loro stipendio e costa solo la volontà di perseguire obiettivi comuni.

2) Che differenza esiste tra il [gioco] e lo [scherzo]? Ci avete mai pensato? Quando giochiamo facciamo qualche cosa che sottintende esplicitamente od implicitamente delle regole condivise, c’è una codifica di base che non va infranta. Chi la infrange è… fuori gioco. Se scherzi invece? Rompi le regole, ne inventi di nuove e non le condividi, a discapito del soggetto, oggetto dello scherzo.



[1] AGIO: s. m. Comodità, comodo; opportunità, possibilità; anche, il tempo necessario per fare qualcosa: stare, sentirsi, mettere a proprio agio;... http://www.garzantilinguistica.it

[2] Che differenza esiste tra il [gioco] e lo [scherzo]? Ci avete mai pensato? Quando giochiamo facciamo qualche cosa che sottintende esplicitamente od implicitamente delle regole condivise, c’è una codifica di base che non va infranta. Chi la infrange è… fuori gioco. Se scherzi invece? Rompi le regole, ne inventi di nuove e non le condividi, a discapito del soggetto, oggetto dello scherzo.

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