BLOOM! frammenti di organizzazione

Caro Francesco,

l’occasione di questa lettera è il convegno organizzato il 1° febbraio in Assolombarda dal titolo: Strategie di formazione nella società della conoscenza.

E’ un lettera “dura”, ma propositiva.

E’ una lettera inviata a te, maaperta atutti coloro che si occupano di formazione e sentono, oltre che il bisogno di un rilancio della professione, l’impegno di far sì che questa professione dia un contributo decisivo allo sviluppo lasciami dire etico ed estetico del nostro sistema paese.

Dicevo è una lettera dura, ma la durezza è solo strumentale per evidenziare una proposta che può veramente fare un salto di qualità alla formazione.

E’ una proposta certamente molto presuntuosa che può infastidire: come può una persona sola pensare di essere arrivato a costruire una proposta alla quale nessuno mai è arrivato? E’ una proposta che presumibilmente raccoglierà i silenzio sdegnato di tutti gli addetti ai lavori, ma io credo l’interesse carico di speranza di tutti coloro che hanno le massime responsabilità dello sviluppo delle organizzazioni economiche e non. Una proposta che tutti i miei soci mi sconsigliano di non avanzare: se interessa ai clienti, mi dicono, parlane a loro e lascia che i concorrenti si gingillino tra di loro. Ma io, cocciutamente, credo che un rilancio del mercato non possa essere fatto in solitudine, ma che possa nascere solo da unmovimento di popolo.

Ho scelto di scrivere a te innanzitutto per amicizia, ma anche perché il tuo contributo al libro che è stato presentato spicca per ricchezza culturale ed emozionale. Mi lasci dire che durante la giornata ti hanno assegnato un tema ed uno spazio di intervento che non c’entrava nulla con lo spessore del tuo scritto? Mentre hanno lasciato molto più spazio ad interventi che hanno brillato per banalità? Visto ex post, io avrei abolito tutti gli interventi prima del panel ed avrei fatto leggere il tuo pezzo da un fine dicitore che ne avrebbe valorizzato il contenuto ed il cuore.

Tocca ora alle considerazioni dure. Sono quattro, prima della proposta “presuntuosa”. La preparano e la rendono inevitabile.

La prima è certamente marginale, ma è un chiaro segno dei tempi: dimostra che il ruolo professionale e sociale dei formatori è bassissimo. L’ospite del Convegno Assolombarda prima ha disertato (il Presidente ha informato che era in tutt’altre faccende affaccendato). E poi se ne è andata! Il Direttore generale ha porto il saluto e poi si è guardato bene dal fermarsi a sentire gli interventi giudicando anche lui che ci fossero faccende più importanti. E’ stato presente Meomartini, ma come relatore e per dovere di ruolo. Insomma la formazione non è come la guerra che non può essere lasciata a generali. La formazione va lasciata ai formatori. Che se la coccolino, se la trastullino, basta che non chiedano di spendere troppo.

La seconda, più importante.

Ho fatto il confronto tra la qualità degli interventi degli esperti e degli interventi dei top managers che hanno fatto parte del panel finale. Accidenti, la qualità media dei secondi mi è sembrata culturalmente ed idealmente molto più alta di quella dei primi. Anche la qualità espositiva: moto più brillanti e vivaci dei conferenzieri professionisti. Certamente hanno manifestato esigenze che non hanno trovato alcuna risposta puntuale (forse qualche assonanza molto generale sulle questioni di principio) negli interventi dei così detti esperti che hanno parlato nella prima parte

La terza, di metodo. Tutti hanno magnificato l’ascolto, ma in un Convegno che ha brillato per mancanza di ascolto. Il pubblico è stato veramente considerato solo pubblico, strumento di auto rappresentazione di un affollato nucleo di “esperti” che, come detto precedentemente, non hanno fatto una gran bella figura di fronte ai potenziali Clienti che hanno parlato nel panel.

La quarta, quella fondamentale.

Le proposte. Io credo che le proposte siano sostanzialmente mancate. Vi sono state soltanto proposte di sommare strumenti. Nessuna proposta per dare un significato nuovo alla formazione. Ricordi il brillante intervento del DG di Inail che parlava di mancanza di teleologia? Noi ci siamo buttai tutti nella praticaccia di fronte a potenziali clienti che ci chiedevano sostanzialmente una nuova anima.

Dopo la durezza dell’analisi, la proposta.

E’ la proposta di un nuovo ruolo della formazione. E’ una proposta solo abbozzata, ma che vuole essereuna sfida.

Io credo che occorra, innanzitutto, partire da bisogni che la formazione non sa come affrontare. I massimi responsabili sia delle organizzazioni economiche che della pubblica amministrazione che delle organizzazioni non economiche così come delle istituzioni manifestano (e gli interventi dei panelisti l’hanno dimostrato) una serie di nuove esigenze che, brevemente, possono essere così descritte. La prima esigenza è quella di dotare i diversi tipi di organizzazioni di un patrimonio di valori condivisi e profondamente interiorizzati. La seconda è quella di generare una partecipazione attiva e consapevole di tutte le persone che vivono nelle diverse organizzazioni. La terza è quella di costruire organizzazioni ed istituzioni etiche.

Poi occorre riflettere su alcune scoperte delle scienze dell’uomo e della vita che vengono dimenticate.

Perun verso, l’uomo non apprende, ma crea conoscenza. I gruppi non apprendono, ma creano socialmente conoscenza.Per un altro verso: le competenze non esistono in astratto. E quindi non si può formare a competenze che non esistono. Io credo che queste e molte altre conoscenze (soprattutto quella nuova visione del mondo che va sotto il nome di “metafora della complessità) siano totalmente dimenticate dai formatori.

Io credo che le recenti scoperte delle scienze dell’uomo e della vita permettono di dare una risposta alla nuove esigenze fino ad ora insoddisfatte.

In che modo? Eliminando la formazione istituzionale, quella fatta in quei giardini virtuali che sono le attività di formazione sia che vengano fatte in aula, con le tecnologie o metà e metà.

E, cosa diventa la formazione? La mia risposta (la mia proposta) è la seguente.

Una organizzazione (sia economica che non)ha come obiettivo quella di impegnarsi in un processo di ridefinizione continua della sua identità strategica ed organizzativa. E’ questo il vero e fondamentale processo di sviluppo strategico ed organizzativo. E’ questa ridefinizione che propone i problemi dei valori e della partecipazione.

Come viene condotta questa ridefinizione? Oggi viene condotta attraverso un processo di pianificazione di tipo direttivo. Ma la ridefinizione vera, quella che accade, è quella che nasce dai processi di creazione sociale spontanei che vengono scatenati dai piani di cambiamento “scritti” dai vertici. Sto sostenendo che il vero processo di ridefinizione dell’identità delle organizzazioni non viene gestito. Viene scatenato dai piani predisposti dai vertici, ma poi si sviluppa come processo emergente spontaneo i cui esiti non sono gestiti.

E’ la non gestione dei processi di creazione sociale di conoscenza che porta ad organizzazioni con identità deboli e spezzettate. La manifestazione di queste identità deboli e spezzettate sono valori tenui e non condivisi e una partecipazione altrettanto tenue ed opportunistica.

Cosa è necessario? E’ necessario fornire ai top managers ed ai managers di linea strumenti (linguaggi e processi) per un cambiamento che nasca da processi di creazione sociale di conoscenza. Cosa diventa la formazione? La formazione fornisce gli strumenti (i linguaggi e i processi) attraverso i quali si sviluppano processi di creazione sociale di conoscenza che portano a ridisegnare le strategie e l’organizzazione. E’ evidente che una formazione di questo tipo non è quella che propone corsi d leadership!

Io credo che questa nuova visione della formazione che si auto elimina per rigenerarsi in altro modo (che non rifugge il processo di ridefinizione profondo della sua identità)non solo sia una risposta alle più profonde esigenze di sviluppo delle organizzazioni e delle istituzioni.

Io credo che costituisca anche la risposta alle più nobili istanze dei formatori che, purtroppo, essi, per primi, hanno perso per strada, non hanno più il coraggio di affermare. Intendo riferirmi all’esigenza avanzata qualche anno fa, ma poi dimenticata per mancanza di coraggio, di una formazione etica ed estetica. Un tipo di formazione che conteneva in nuce la proposta che sto avanzando. Ma poi mi riferisco anche alla ricerca di una formazione blended che sfrutti le potenzialità di tutte le tecnologie e metodologie formative e che oggi non va al di là del generico mischiare e-learning ed aula. E, da ultimo, mi riferisco alle più recenti istanze che spingono ad utilizzare come strumenti formativi il narrare o il poetare: quale maggiore stimolo a narrare o poetare del fatto che il tema sul quale narrare o poetare è la nuova strategia delle organizzazioni nelle quali si opera?

A proposito: perché nel convegno non è stata dato spazio al tema del narrare?

La sfida. Io spero che una lettera dura ed una proposta forte meriti risposte. Anche altrettanto dure. Francamente ti dico che dispero di raccoglierne dal modo professionale, ma era mio dovere provarci. Anche perché la mia visione della formazione qui solo stringatamente (spero almeno un po’ chiaramente) descritta, si spinge diventare una proposta di mercato. Che mi piacerebbe molto non dover proporre da solo sul mercato, ma mettere a disposizione di tutti coloro che volessero davvero giocare la carta di una nuova formazione che diventa veramente l’arma fondamentale per lo sviluppo etico ed estetico del nostro sistema paese.

Con tanta cordialità e speranza

Francesco Zanotti


Caro Ominimo,

in realtà la tua lettera non mi pare tanto dura. Condivido in buona parte. Non trovo niente di particicolare da rispondere. Ma vediamo se altri amici di Bloom hanno qualcosa da dire in proposito.
 
Saluti a presto buona domenica
Francesco

 

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