BLOOM! frammenti di organizzazione

OGGETTO: Apprendere l'organizzazzione

Ok, Dr. Storni mi ha scoperto, la prossima volta non citerò l'età!!!
E' vero, neanche tanto inconsciamente, il mio lavoro mi ha ingenerato il
desiderio di studiare l'organizzazione.
Anche se le teorie organizzative non rientrano, in atto, fra i saperi che  un adeguato svolgimento del mio lavoro impone, poiché opero in un'azienda  che ha attraversato ed attraversa processi di riorganizzazione, mi sono risoluto a dotarmi delle conoscenze necessarie al fine di non recepire in maniera acritica - eufemismo per subire - detti processi, e forse anche con
qualche velleità per il futuro.
Muovendo da queste considerazioni ho iniziato a documentarmi, rendendomi immediatamente conto - quale brillante intuito - di avere a che fare con una materia estremamente complessa. Tuttavia, la motivazione a fare una esperienza di questa complessità, mi spinge a scendere dalla scaletta della tranquilla nave delle conoscenze oramai acquisite (mi pare che Lei sia un estimatore di Baricco) ed ad affrontare l'ignoto, non senza però preoccuparmi di individuare una valida
guida.Da qui l'appello di cui alla precedente mia.
Ciò, premesso, e dando per scontato che nel processo evolutivo che conduce allo stadio di esperto di organizzazione mi colloco al di sotto del neofita, mi azzardo a esprimere le mie prime impressioni, non senza addurre, quale attenuante per la grossolanità delle stesse, una Sua specifica istigazione.
Poiché non sempre si riesce ad approcciare il nuovo senza preconcetti , ritenevo che studiando la teoria dell'organizzazione avrei avuto a che fare con strutture organigrammi, canali di comunicazione, forme gerarchiche, insomma, con una sorta di espositore di modelli organizzativi con relativi resoconti applicativi.
Non nego, dunque, di aver provato sorpresa nell'accorgermi di ciò che - senz'altro impropriamente – provo a definire antropocentrismo organizzativo. Per meglio spiegarmi mi permetto di citarla: "intervenire sulle capacità, sulle competenze, sui desideri delle persone per cambiare i processi e l'organizzazione non solo è possibile, ma auspicabile, in quanto innesca un processo virtuoso di aumento della consapevolezza e della capacità di sfruttare e accrescere le competenze esistenti".
Se ho ben capito,- con buona pace di Taylor, Ford, & c.- le realtà aziendali, per governare il cambiamento, dovrebbero investire oltre che sulla revisione formale delle strutture, sulle persone che all'interno di quelle strutture dovranno agire.L'amigdala ha immediatamente innescato una reazione emotiva entusiastica, purtroppo, però, non sono riuscito ad inibire una domanda, forse banale, ma alla quale La prego di rispondere.
Il processo organizzativo non rischia, in tal modo, di divenire oltremodo gravoso per le aziende in termini sia di tempo - soprattutto per le aziende che da una situazione di mercato protetto si trovano a dover fare i conti con realtà ambientali fortemente turbolenti - che di denaro? Mi rassicuri!!!
Cordialmente,

Salvatore Guli 06/10/1999

P.S. Se non erro, ha scoperto BLOOM su una rivista che si occupa di "……………&
organizzazione".


l'organizzazione è un mondo estremamente complesso, perchè l'uomo è complesso. chi di noi non è contemporaneamente dolce e crudele, avaro e generoso, bello e brutto. io almeno mi vedo così, e non riesco a ridurre questa complessità senza rinunciare a qualcosa di me stesso.

Invece devo dire che intervenire su desideri, pulsioni, aspettative può costare molto, ma molto meno che attuare approcci più tradizionali di tipo razional-ingegneristico. le faccio un esempio. Anni fa la compagnia per la quale lavoravo aveva un grosso problema di  abbinamento fra incassi e titoli (polizze), attività che avvenivano in agenzia e che andavano riconciliate in direzione. Malgrado interventi da parte della direzione, corsi di formazione, minacce e voci grosse, il fenomeno continuava a rimanere pressochè costante dimostrando l'incapacità di intervento per i normali canali gerarchici. Cosa ho fatto: ho preso le persone a livello operativo, le ho riunite in una stanza e ho chiesto loro quali fosser a loro avviso i problemi. Passata una prima fase di evidente caos, ho cercato insieme a loro di razionalizzare i problemi emersi e di identificare soluzioni. tra le altre emerse una notevole disomogeneità di competenze e conoscenze fra uffici diversi (ma con analoghe mansioni) e fra colleghi dello stesso ufficio dovuta ad una recente fusione fra due compagnie. Poi li invitai a mettere in comune le loro conoscenze e a costruire un manuale di norme di lavorazione dando solamente un aiuto indiretto ed esterno. Dopo un iniziale disorientamento (le persone erano abituate ad aspettarsi dai capi queste cose e non erano mai state coinvolte direttamente nella risoluzione di problemi, se non come oggetto di ordini e direttive) le persone si misero al lavoro, costruirono un manuale condiviso di conoscenze e norme, lo diffusero ai loro colleghi che non avevano partecipato al gruppo di lavoro, diedero ai colleghi il supporto formativo necessario. il risultato fu straordinario .... e costò pochissimo. Inoltre si sviluppò una forte autoconsapevolezza da parte dei lavoratori relativamente alle proprie capacità. non ultimo compresero il "senso" del loro lavoro.

Da questa esperienza nacque lo spunto per la creazione di una nuova forma organizzativa (strutture e organigrammi, .... ma dopo) che portò alla costituzione di gruppi di lavoro autodiretti, ma questa è un'altra storia.

Che ne dice?

Davide Storni

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