BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 01/06/2000

UNA PROPOSTA PER LA GESTIONE DEL TEMPO LAVORATIVO

di Rodolfo Fioribello

“Anche se oltre-Atlantico si sta formando una nuova classe di miliardari, costituita da tutti quei privilegiati che hanno saputo sfruttare il boom di Internet e delle sue stock options, la tendenza generale dell'ultimo decennio rimane comunque invariata: il padronato americano ha ormai provveduto a sostituire l'esercito di disoccupati descritto da Karl Marx con un esercito di sovra-occupati, vittime di un conflitto permanente tra i vincoli del mercato e la loro vita privata.”

 Questa affermazione può apparire come una provocazione vetero-marxista (l’utilizzo del termine “padronato”, poi, è veramente out nell’attuale contesto ideologico dominante – sarebbe un po’ come -passare la sfiga al vicino di fronte ad una Prinz verde-) , ma sono convinto che coglie uno degli aspetti legati alla trasformazione post fordista del modo di vivere il mondo del lavoro.

 “..anche se i dati delle varie ricerche non sono sempre coincidenti, la tendenza resta comunque indiscutibile: negli Stati uniti l'orario di lavoro continua ad aumentare ed è passato, a quanto si legge nel recentissimo rapporto dell'Organizzazione internazionale del lavoro (Oil), dalle 1.883 ore annue del 1980 alle 1.966 del 1997. Nello stesso periodo, tale durata è calata in tutti i paesi sviluppati, ad eccezione della Svezia, passando, ad esempio, da 1.809 a 1.656 ore in Francia, da 2.121 a 1.889 ore in Giappone, da 1.512 a 1.399 ore in Norvegia”.

“..si capisce bene perché la percentuale degli americani che vorrebbero lavorare meno sia passata, dal 1992 ad oggi, dal 47% al 64%. Un lavoratore su cinque confessa di essere costretto a fare gli straordinari, senza preavviso, ogni settimana; uno su due si ritrova nella stessa situazione ogni mese. Una tendenza che non risparmia neanche i quadri: tre dirigenti svolgono oggi le stesse funzioni per cui, all'inizio degli anni 80, ne servivano cinque. A che prezzo? Fino a settanta ore di lavoro settimanali.”

 ..“poiché il numero di ore di una giornata non è estensibile, il diritto al lavoro si afferma a scapito del tempo libero e delle relazioni sociali. Diverse indicazioni soggettive sondaggi che rivelano l'impressione diffusa di un degrado sia della qualità che della quantità delle conversazioni, la sempre maggiore diffusione del fast food, l'ossessione del "quality time" (tempo di qualità, definizione usata per designare i momenti dedicati ai propri cari) contribuiscono a tracciare il quadro di una società carente di rapporti umani. E la percentuale di americani che si dichiarano "molto soddisfatti" della loro vita familiare un tema per cui l'ottimismo degli intervistati è quasi d'obbligo è calato, dal 1977, dal 55% al 39%”

 Questo mi sembra un tema centrale che si sta affacciando in maniera prepotente anche nella società italiana, soprattutto per questi segmenti che rappresentano il mondo delle professioni più qualificate.

Personalmente vivo quotidianamente il dubbio di non riuscire a stare con mio figlio il tempo sufficiente per aiutarlo a crescere insieme ai genitori; chi di voi è sicuro di essere vicino ai figli nel mondo della scuola e delle sue relazioni con i suoi coetanei?!

Per tutti, però, c’è la giustificazione del “tempo di qualità”, un’ancora di salvataggio alla quale aggrapparsi per sentirsi a posto con la propria coscienza.

 “..il desiderio di sfuggire alle incognite della vita privata, in un'epoca caratterizzata dall'instabilità dei rapporti coniugali, o di approfittare delle occasioni d'arricchimento offerte da un'economia in pieno sviluppo, potrebbero anch'esse avere un certo ruolo. Cercando di capire perché alcuni lavoratori non hanno usufruito dei giorni di congedo parentale di cui pure avevano diritto, la sociologa Arlie Hochschild ha concluso che "il lavoro è diventato una specie di casa, e la casa un lavoro".

Secondo lei, numerosi impiegati ritengono ormai il loro ufficio “un ambiente sociale più valorizzante e caloroso” di quello delle loro case, “dove, a livello emotivo, sono sottoposti a richieste sempre più sconcertanti e complesse”.

…I serial televisivi mostrano infatti uffici in cui l'amicizia o gli incontri romantici prevalgono sul lavoro. Rovesciando un paradigma divenuto ormai consueto, una delle idee-cardine della "contro-cultura" degli anni '60 il lavoro come auto-affermazione ha finito per favorire l'identificazione del lavoratore con gli interessi dell'azienda.

Tuttavia, la maggior parte delle famiglie subisce le conseguenze dell'aumento dell'orario di lavoro. Se vent'anni fa i conflitti coniugali erano provocati per lo più da questioni di denaro, oggi, invece, è la mancanza di tempo la principale causa delle difficoltà di coppia (56%).”

 Se questo è il quadro di riferimento quali sono le possibilità per spezzare il circolo vizioso generato?

 Non credo che serva opporsi al fatto che oramai vita privata e vita professionale siano sempre più interrelate (anche per la diffusione sempre più capillare di strumenti di comunicazione personali, quali telefoni cellulari, palm pc, e-mail…) che non conoscono la tradizionale separazione tra mura domestiche e ufficio, ma è necessario contrattare individualmente con l’azienda il controllo della gestione del tempo lavorativo.

 Quali sono quindi gli elementi che è necessario contrattare?

E quindi, quali sono nella pratica le aziende in grado, non dico di soddisfare, ma almeno di valutare queste richieste?? Sono convinto che siano molto poche a causa delle rigidità delle organizzazioni e delle culture esistenti.

A noi la parola!


NOTE:
il testo tra virgolette è tratto da “Tempo di vita, nuovo sogno americano” di Mark Hunter e pubblicato nel 1999 su “Le Monde Diplomatique”.

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