BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 19/07/2004

PERCHE' IL CALCIO E' UNA BUONA METAFORA

di Emanuele Fontana

Io amo le squadre di calcio che definiscono un gioco, praticano una strategia e pianificano una tattica. Come la Grecia, che accorgendosi di non annoverare talenti nel suo team ha impostato tutto sulla dinamica difensiva, che per i giornalisti sportivi è “catenaccio” ma per chi conosce il calcio è una delle tattiche disponibili per raggiungere un risultato. Per analogia, secondo me, si può estrarre qualcosa dal gioco delle Grecia agli ultimi europei e mostrarlo per parlare di altri mondi.

Certo che si può fare con mille altri sport, parlando delle tattiche, della formazione al ruolo, della morale sportiva, ecc. Gli esempi che hai citato sono emblematici e straordinari, Alì che abbatte Foreman come “un albero della foresta”, il Sud Africa che vince la finale della coppa del mondo di rugby giocando una partita tatticamente perfetta (mi sembra che finì 9 a 7 o qualcosa del genere, comunque con uno scarto minimo e un punteggio che si avvicina agli score di altri sport). Però ciò non toglie nulla al calcio come metafora ugualmente valida. Capisco il disgusto per il teatrino televisivo, l'antipatia per Maratona e Platinì. Capisco meno la citazione della tragedia di Bruxelles. I calciatori e la società furono responsabili come gli altri. Ma cosa c'entra con lo sport (Allego un racconto che forse può interessare).

Come le squadre, amo i calciatori talentuosi che con le loro giocate, e non con le loro bravate fuori dal campo, o le loro fidanzatine, o i loro capricci contrattuali, danno un senso alle partite semplicemente facendo vedere agli altri dieci giocatori che la palla può prendere direzioni impreviste e infilarsi dove vogliono loro. Sì al rugby, che è figlio del calcio, si gioca in quindici ma la palla deve essere passata sempre indietro: sinceramente toglie un' po' di spettacolo e fantasia al tutto. Quella fantasia che Maradona ha saputo regalarmi una sera di fine agosto del 1985, quando ad Arezzo, mia città, fece vedere ad un tredicenne innamorato del pallone cosa significhi essere nato per giocare. Semplicemente Maradona, il genio, come fu genio Alì nella boxe, Villeneuve nell'automobilismo, entrò nel secondo tempo della partita, si sistemò a centrocampo, accolse un lancio di Renica che partiva dalla linea di porta e senza guardare stoppò la palla con il tacco del piede sinistro, fermandola magicamente in aria per qualche secondo.

Poi, senza fretta, prese la direzione della porta dell'Arezzo, fece cadere tre difensori guardandoli solamente ed entrò in porta con il pallone mentre il portiere, Pellicanò, mio amico al quale potete chiedere, si aspettava un tiro alto.

Come dice un mio amico napoletano con un'analogia efficace, tu puoi fare quello che vuoi con la tua azienda: pianificare tutto, gestire nella maniera migliore le risorse, studiare i dati, creare report, essere efficiente insomma, però può sempre entrare “Maradona” e creare un nuovo scenario del quale tu non riesci a capire niente.

Perciò voglio sottolineare, a scanso di equivoci, due cose.

La metafora calcistica diventa discutibile per come il calcio viene trattato e gestito (basta guardare quello che sta avvenendo in questi giorni con le scommesse) non per come può essere guardato e vissuto.

A livello di campetto di periferia la formazione che viene data ad un ragazzo è indiscutibilmente valida e coerente con concetti quali lealtà, onestà e educazione a stare in gruppo.

Vale di conseguenza l'assunto dell'educazione positiva nel piccolo e puro campetto di terra battuta all'angolo della strada, come del resto ho detto già nell'altro articolo, ma vale, secondo me, anche la dimensione esemplare del grande gesto tecnico, dell'organizzazione del gioco su concetti coerenti alle qualità dei giocatori in campo che solo un team professionistico può far vedere.

Lasciamo stare i genitori fanatici e le tragedie, gli scandali e Biscardi, le veline, le letterine e quello che c'è intorno. Il calcio è altra cosa al livello dilettantistico come a quello professionistico, sta a noi trovarvi senso. (Allego un altro racconto)

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