BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 01/11/2004

STORIA DI UNA OCCASIONE MANCATA (ALMENO PER ORA)

di Maura Fulle

Ci sono aziende per le quali è stato ed è tuttora difficile comprendere la portata, in termini gestionali, dello schema della catena sequenziale così composta:
strategia = struttura = uomini = meccanismi operativi
Sinceramente ho passato alcuni anni della mia esperienza professionale (seconda metà anni ’90) a sostenerne una certa validità e nell’invitare il top management a fare sforzi in questa direzione.
Procedetti per semplici “conquiste” successive:
uno) generai nei Managers la consapevolezza della necessità di darsi un metodo per progettare lo sviluppo della propria organizzazione;
due) suggerii l’adozione di uno schema, appunto il suddetto;
tre) lo sperimentai ed il risultato immediato fu l’aver messo “un po’ di ordine” e un po’ di coerenza tra i desiderata e l’agito aziendali.
Le soddisfazioni personali furono molte, ma il fatto rilevante è che, a distanza di alcuni anni, posso dire che le stesse non si tradussero in altrettanti successi per l’azienda, nonostante il mio obiettivo fosse proprio quello di tracciare una strada verso lo sviluppo organizzativo.
E questa considerazione di “insoddisfazione” tiene già conto della percentuale di insuccesso insita nella fisiologica resistenza del management a quello che allora veniva considerato un cambiamento di cultura.
Il problema era che la staticità propria dello schema sembrava giustificare la lentezza con cui lo sviluppo organizzativo veniva programmato e realizzato: si generava stasi non sviluppo.

Nel frattempo l’azienda nel suo complesso cominciava a riconoscere qualche valore di utilità allo schema sequenziale e quindi non sarebbe stata disposta a mettere in discussione la strada intrapresa.
Ben presto scelsi di sospendere nel “mio metodo” di fare progettazione organizzativa lo schema a catena, e cominciai a ragionare su un paradigma organizzativo più dinamico.
La parola chiave divenne per me la “competenza” : il nuovo paradigma poteva chiamarsi “caccia grossa alla competenza”.
Si lavorò un po’ sul termine, sulle sue possibili implicazioni nello sviluppo organizzativo e si concluse con confondere le competenze con le valutazioni dei dipendenti (per la precisione le valutazioni solo di una quindicina tra quadri e dirigenti).
Il cambiamento periodico dei vertici aziendali rese ancor più arduo il tentativo di attirare l’attenzione sulla “competenza”.
Oggi a causa di un mercato di riferimento aziendale in rivoluzione, in un’Azienda che si dà obiettivi di business a breve termine (molto spesso a brevissimo) e che si pone parametri di “sopravvivenza”, si chiede di trovare la “formula vincente” per lo sviluppo organizzativo.
Mi appare subito chiaro che non possono essere la definizione delle strutture, oppure la definizione dei ruoli e delle responsabilità, a fare da soli la differenza!.
Penso alla necessitò di individuare i presidi, presidiare l’innovazione, ma, soprattutto presidiare.
Penso che conoscendo le competenze di cui le risorse interne sono portatrici (sane), si potrebbe impiegarle e spostarle tra i presidi.
L’azienda si svilupperebbe.
E ancor meglio, si potrebbe rispondere alle sue necessità di business con una discreta flessibilità
Il seme della “sopravvivenza” sarebbe gettato.

Però, dopo anni di assenza di valutazione delle prestazioni e dei potenziali fatti in modo “attendibili” è molto difficile “mettere in campo” una squadra pronta a trasformare la sfida dei tempi in successo di business.
E’ difficile farlo ora in corsa.
E mentre provo a far passare questo messaggio e ne chiedo una consapevole condivisone, scopro che mi sbagliavo riguardo il basso grado di apprendimento dello schema a catena sequenziale, almeno nella mia azienda, perché di fatto, nonostante l’evidenza, siamo tutti chiamati a lavorare sulla semplice messa a punto delle strutture!
Io, però non mi arrendo.

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