BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 14/12/2000

Rizoma e conoscenza
di
Nicola Gaiarin

Forse da una zona estremamente mobile del pensiero contemporaneo è possibile estrarre qualche indicazione per orientarsi attraverso la complessità dei problemi riguardanti lo sviluppo del knowledge management e dei sistemi organizzativi a rete. Per questo vorrei tentare di approssimarmi a Gilles Deleuze e ad alcune figure strategiche rilevanti che i suoi concetti ci permettono di elaborare.

Conoscere, per Deleuze, non è mai riconoscere. Le categorie, quegli stampi teorici che, come ha notato Michel Tournier, si imprimono sulla materia oscura della nostra esperienza, vengono scombinate dal flusso delle nostre percezioni. Accelerando in maniera vertiginosa le metafore di Hume, Deleuze fa della mente umana un cinema, una collezione di immagini e di concetti che, senza ridursi ad un caos indifferenziato, si offrono a connessioni molteplici. Possiamo conoscere solo scavalcando la trappola della somiglianza e accettando la sfida dell’irriconoscibile, vale a dire del sorprendente. Conosciamo, al limite, solo la novità, l’assoluta differenza dell’incontro. La mente-cinema dovrà necessariamente diventare una mente flessibile, un cervello situazionale, plasmato dalle continue connessioni e aperture sull’esterno.

Pensando la conoscenza fuori dalla presa delle categorie, Deleuze ci costringe a ridefinire il concetto di performance, dal momento che la flessibilità dell’esperienza si mantiene opaca rispetto all’idea di standard o alla proiezione delle aspettative. Il pensiero processuale ridefinisce il concetto di un soggetto performante. Anche perché il soggetto stesso viene messo in scacco dalle mosse deleuziane. In Mille piani Deleuze scrive un brevissimo e fulminante trattato di strategia che si potrebbe proiettare in avanti fino ad investire tutto il nostro tempo. Abbandonando la metafora "nobile" degli scacchi, Deleuze rilegge le strategie del pensiero e della politica attraverso la figura del gioco del Go. Come Perec, Deleuze fa della quieta immanenza del Go un modello alternativo per definire un’azione strategica irriducibile alla batteria delle mosse prestabilite degli scacchi. La mossa del Go non è regolata o obbligata, ma diviene di volta in volta necessaria ed efficace. Questo perché l’assenza di gerarchia circonda ogni pedina con una rete di possibilità e di virtualità immanenti ad ogni suo movimento. La performance strategica diviene in ogni momento la capacità di decidere, di azzardare un altro percorso rispetto ai sentieri troppo prevedibili e codificati. Lo scopo delle nebulose mobili delle pedine del Go dovrebbe essere quello di rendere ogni mossa necessaria nella sua piccolezza e inutilità apparente. Una necessità processuale e immanente, come in Spinoza, in cui le gerarchie si piegano e deformano senza riposo.

La pedina del Go, con la sua illimitata capacità di creare connessioni e territori avvicinandosi ad altre pedine, scavalca la centratura del soggetto e si apre ad una prospettiva rizomatica di organizzazione del processo produttivo (in questo senso si tratta di produrre una configurazione territoriale più consistente e allo stesso tempo più flessibile e mobile di quella dell’avversario). Il rizoma costituisce una figura chiave del pensiero deleuziano, oltre che una metafora sorprendentemente arcaica che consente di definire il nostro futuro. Il rizoma è come una patata, un sistema di sviluppo che non si dispiega in modo dicotomico e ramificato, come un sistema a radici, ma cresce proliferando in modo imprevedibile a partire da un nucleo centrale. Deleuze spinge ancora più in là la sua immagine, rinunciando proprio alla centralità del nucleo e facendo di ogni proliferazione un nucleo di senso virtuale. Le aperture del rizoma si costituiscono come una rete, una maglia di connessioni in continua crescita, senza che sia possibile fare di un centro relativo un punto di arrivo del processo di differenziazione.

Non a caso il rizoma deleuziano si è rivelato un concetto fecondo per definire gli spazi connettivi di internet o le creazioni virtuali consentite dalle nuove tecnologie. Un teorico della conoscenza a rete come Pierre Levy parte proprio dalle ipotesi deleuziane, sottoponendole tuttavia a vistose semplificazioni. Ma Deleuze stesso invita i suoi lettori ad una traduzione pragmatica del suo pensiero, ad utilizzare termini talvolta inesatti per definire qualcosa in modo esatto, ad accrescere il rizoma del pensiero con altri concatenamenti teorici e pratici. Deleuze si vede come un pensatore sistematico, attento alla chiusura dell’organizzazione concettuale, ma allo stesso tempo vuole che il sistema si dilati e si proietti verso l’esterno, in una continua eterogenesi produttiva. Deleuze avvolge il rizoma su di sé, arrivando a concepire il suo stesso pensiero come una mente cinematografica, una macchina morbida e dinamica, adattabile agli incontri e alle situazioni.

Un’organizzazione rizomatica si sottrae allora alle finalizzazioni di una prospettiva evolutiva. La metafora chiave non è più di tipo organico, ma diviene qualcosa di stranamente incerto tra un essere vivente ed una macchina, in cui gli automatismi e le regole vengono fissate e di volta in volta ri-giocate, plasmate, modificate. Questo ibrido concettuale ci consente forse di pensare la complessità del movimento di differenziazione rinunciando alle opposizioni troppo nette che contraddistinguono i nostri bagagli teorici. Il rizoma è una macchina flessibile, una struttura senza strutturazione definitiva, una procedimento per produrre e conoscere il nuovo. Siamo forse dalle parti degli straordinari esperimenti narrativi di Perec e Calvino o delle costruzioni sincopate e componibili di Cortázar.

Il rizoma non si oppone tuttavia al rigore e alla solidità necessaria della presa di consistenza. La mossa sorprendente, lo scarto dalla regola che corrisponde ad una situazione carica di potenziali innovativi, si deve infatti rovesciare in una corrispondente interiorizzazione, in una continua ri-codificazione della rete all’interno di una serie di regole momentanee e transitorie. La rete richiede una articolazione mobile, una scansione ritmica sospesa tra l’interno e l’esterno, tra la fuga in avanti e la stasi provvisoria. La difficoltà consiste proprio nella necessità di sovrapporre il ritmo dell’osservazione o della decisione alla fluidità dei processi che compongono la realtà. Una conoscenza senza sapere definitivo, che deve venire continuamente riappresa e giocata in controtempo rispetto ai codici troppo statici.

In fondo, questa conoscenza sorprendente e flessibile, questa knowledge senza riconoscimento, si offre come un sapere in continua trasformazione. Allora Deleuze stesso non può ridursi ad una serie di definizioni ma richiede un movimento ulteriore di mappatura operativa. Deleuze si considerava come una specie di cartografo, ma nei suoi testi ha parlato soprattutto di diagramma. Un diagramma non è una carta, ma una sovrapposizione di carte, una mappa costituita dall’incrocio di altre mappe, che dobbiamo tentare di leggere in trasparenza. Il rizoma si può percorrere solo a partire dai suoi annodamenti. La sfida deleuziana si rivela allora quella di conoscere "rizomaticamente" le reti organizzative, di gestire una conoscenza flessibile, di pensare il futuro collocandosi negli interstizi delle nostre paradossali performance presenti. Una flessibilità della conoscenza che si rivela come un gesto, un processo, una narrazione, una decisione. Un assenso o un’ affermazione pragmatica con, forse, nuove tonalità etiche. Mi viene in mente che anche John Coltrane, tra rigore e improvvisazione, ha chiamato la prima parte del suo A love supreme, variando su questo tema, Acknowledgment.


BIBLIOGRAFIA

SAGGISTICA
G. Deleuze, F. Guattari, Kafka. Per una letteratura minore, Feltrinelli, Mi 1975
G. Deleuze, F. Guattari, Capitalismo e schizofrenia,Istituto per l’enciclopedia italiana Roma 1985
U. Eco, Sugli specchi e altri saggi, Bompiani , Mi 1985
P. Rosenthiel, voce labirinto, in Enciclopedia, Einaudi, To 1979
B. Wooley, Mondi virtuali ,Boringhieri, To 1996
P. Zumthor, Babele, Il Mulino, Bo 1998

NARRATIVA
I. Calvino, Le città invisibili, Einaudi, To 1972
J. Cortázar, Il gioco del mondo, Einaudi, To 1969
M. G. Dantec, Le radici del male, Hobby & Work, Mi 1999
K. Otomo, Akira, voll. I-XIII, Planet Manga, Modena 1998-2000

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