QUANTO DOLORE,
QUANTO INQUINAMENTO, QUANTA MORTE E QUANTA FOLLIA
di Loredana Galassini
L’intervento
di Stefano Rosato, non mi ha scandalizzato, anche se mi è sembrato
fuoriposto in Bloom che considero uno spazio aperto di ricerca e proposta
che esula dal consueto, dal banale e, soprattutto, dall’osceno. Ma,
forse, è proprio questa la bellezza di Bloom, non censurare nessuno,
anche quando, penso in malafede, si fanno analisi come “Le ragioni della
pace, le ragioni della guerra”. Al di là delle citazioni, delle
manipolazioni, per cui Anna Harendt finisce per essere complice di misfatti
come la guerra in corso, Stefano Rosato rende tangibili le parole di Raimon
Panikkar quando afferma che “le parole formano un circolo vizioso. Ognuna
si definisce per la sua collocazione fra le altre, però non si esce
mai dal circolo, non ci si collega mai con la realtà della nostra esperienza
quotidiana. Poiché i concetti si definiscono gli uni attraverso gli
altri, la logica è impeccabile. Ma la parola pura, sottratta da ogni
contesto che potrebbe darle un senso particolare, non dice più niente
a nessuno…”
Per riuscire ad affermare, a chiusura della sua lunga e aberrante disamina,
che “Gli inglesi e gli americani si sono, oggi, schierati dalla parte
della libertà e della ricchezza contro la schiavitù e la miseria”
e di conseguenza, le altre culture, le religioni, il pacifismo e la ragione
stanno dalla parte sbagliata, l’autore ha escluso, come gli idoli a
cui fa riferimento, il fattore umano. O peggio, con imprenditorialità
allucinata e allucinante, per mantenere le sue posizioni di “civiltà
occidentale”, arriva a conclusioni che non ha il coraggio di dichiarare:
se uccidi un uomo, sei un assassino; se ne uccidi 100 sei un politico; se
ne uccidi 10.000 in un anno, sei un dittatore ma, se ne uccidi un milione
con gli effetti collaterali, sei l’Impero.
Paolo Manzelli, direttore del Laboratorio di ricerca educativa all’università
di Firenze ha detto che “la scissione…tra cognizioni obsolete
e nuova realtà evoluta complica la vita a chi pretende ancora di ragionare…(e
conduce altri) a tali livelli di impoverimento mentale, da (farli) cadere
in comportamenti precocemente demenziali”.
Mi sembra questa la situazione in cui si trova il consiglio di amministrazione
che governa gli Stati Uniti in questo momento e mi sembra che a questo sia
condotto lo stesso Stefano Rosato quando afferma che “l’antiamericanismo
è alla base della scelta per la pace”. A contrastare un modello
manageriale di civiltà che vuole realizzare il sogno di Hitler di egemonia
planetaria, attraverso il genocidio e la potenza militare, in prima linea
sono i pacifisti americani, sono i veterani dell’esercito degli Stati
Uniti di cui riporto un testo datato 4 febbraio 2003, sono i parenti dei morti
dell’11 settembre. E sono tutte quelle moltitudini che si levano da
ogni parte del mondo, globalizzate, come afferma Rosato, ma che sanno che
la pace può essere portata solo da chi è pacifico, vale a dire,
interiormente equilibrato e non da chi è potente e armato.
Gandhi diceva che la miglior difesa è non avere nemici e non limitava
il suo pacifismo ad una convinzione intellettuale, ma ad una pacificazione
interiore. “ Le armi – ha detto Tenzin Gyatso – da sole
non possono iniziare una guerra. Il bottone che le scatena è premuto
da un dito umano, il quale si muove quando il pensiero lo comanda. Se non
vi limitate alla superficie delle cose, vedrete che l’origine risiede
all’interno, nella mente, insomma nel luogo in cui si decidono le azioni.
Per questa ragione è essenziale controllare in primo luogo la mente”.
Se anche Rosato facesse questo, invece di mentire a se stesso e agli altri,
capirebbe che la pace è un grande investimento economico, che iniziare
un nuovo percorso, per tutta l’umanità, in cui la guerra venga
considerata un tabù, ci permetterebbe ancora di guardare con fiducia
al futuro. Ma, come dice un antico proverbio tibetano, “non si può
bollire l’acqua in una pentola di legno” e alla fine tutti conosceranno
questa semplice verità e anche l’approccio culturale di Rosato,
che tanto bene manipola, potrebbe rivelarsi, più che un problema di
contenuti, un problema di contenitore e finalmente anche lui vedrebbe quanto
dolore, quanto inquinamento, quanta morte e quanta follia comporta il modello
sociale e politico che tanto si preoccupa di difendere. E potrebbe cominciare
a sorridere, sentendosi gratificato senza linciare i diversi, senza invocare
la guerra. Senza aver bisogno dell’intera ricchezza del mondo per sentirsi
vivo. Senza dominare l’altro per sentirsi appagato e avere stima e fiducia
in se stesso. Auguri.
Questo testo è stato pubblicato su "La Jornada" di martedì
4 febbraio, ed è un appello di più di 400 veterani dell'esercito
degli Stati Uniti, reduci dalla seconda guerra mondiale, da quella di Corea
e Vietnam e da quella del Golfo e chiedono ai soldati in servizio di prendere
una decisione in coscienza, quando saranno chiamati dai loro superiori a combattere
e uccidere.
“Siamo veterani delle
forze armate degli Stati Uniti. Stiamo con la maggioranza dell'umanità
- inclusi milioni nel nostro stesso paese - che si oppongono a che gli Stati
Uniti scatenino una guerra implacabile in Iraq.
Abbiamo visto molte guerre, abbiamo molte e diverse idee politiche e tutti
siamo concordi sul fatto che questa guerra è un male.
Molti di noi credono che servire nell'esercito era il nostro dovere, e che
era un affare nostro difendere questo paese.
Ora crediamo che il nostro autentico dovere sia incoraggiare voi, come membri
delle forze armate, a comprendere perché vi stanno mandando a lottare
e morire, e quali conseguenze avranno per l'umanità le vostre azioni.
Vi chiamiamo, militari attivi o della riserva, ad ascoltare la vostra coscienza
e a fare quel che è giusto.
Durante la passata Guerra del Golfo fu ordinato alle truppe di assassinare
da una distanza sicura.
Abbiamo distrutto molto dell'Iraq dal cielo, uccidendo migliaia di persone,
compresi civili.
Ricordiamo la strada verso Bassora - la Via della Morte - dove ci fu ordinato
di uccidere gli iracheni che fuggivano.
Distruggemmo con i bulldozer le loro trincee, seppellendo persone vive.
L'uso di uranio impoverito rese radioattivi i campi di battaglia.
L'uso massiccio di pesticidi, droghe sperimentali, l'incendio di depositi
di armi chimiche e gli incendi nei pozzi petroliferi si fusero in un cocktail
tossico che oggi colpisce tanto il popolo iracheno quando i veterani della
Guerra del Golfo.
Uno ogni quattro veterani è disabile.
Durante la guerra nel Vietnam ci fu ordinato di distruggere tutto dal cielo
e da terra.
A My Lai uccidemmo più di cinquecento donne, bambini e anziani.
Usammo l'Agente Orange contro il nemico e sperimentammo i suoi effetti nella
nostra stessa carne.
Sappiamo come si individua, si sente e che sapore ha la sindrome da stress
post-traumatico, perché i fantasmi di più di due milioni di
uomini, donne e bambini ancora ci perseguita nei sogni.
Tra noi sono più quelli morti per loro propria mano dopo essere tornati
a casa di quelli che sono morti in battaglia.
Se voi sceglierete di partecipare all'invasione dell'Iraq sarete parte di
un esercito di occupazione.
Sapete che significa vedere gli occhi di un popolo che vi detesta fino al
midollo? Dovete pensare a quale sia la vostra vera "missione".
Se vi si sta mandando a invadere e occupare un popolo che, come ciascuno di
noi, sta solo cercando di vivere la sua vita e di fare i suoi figli.
Questa gente non è una minaccia per gli Stati Uniti, anche se hanno
un brutale dittatore come leader.
Chi, negli Stati Uniti, può dire al popolo iracheno come deve essere
governato il suo paese, quando molti negli Usa non credono neppure che il
loro presidente sia stato eletto legalmente? Di Saddam si dice che ha usato
gas velenosi contro il suo stesso popolo e che cerca di sviluppare armi di
distruzione di massa.
Eppure, quando Saddam ha commesso i suoi peggiori crimini godeva dell'appoggio
degli Stati Uniti, che gli diedero anche i mezzi per produrre armi chimiche
e biologiche.
Mettete a confronto questo con gli orrendi risultati delle sanzioni economiche
promosse dagli Stati Uniti.
Più di un milione di iracheni, principalmente neonati e bambini, sono
morti a causa di queste sanzioni.
Dopo aver distrutto totalmente le infrastrutture del paese, inclusi gli ospedali,
le centrali elettriche, gli acquedotti, gli Stati uniti - con le sanzioni
- hanno reso impossibile l'importazione di beni, medicine, alimenti e sostanze
chimiche necessarie alla ricostruzione.
Non esiste onore nell'assassinio, e questa guerra è un assassinio con
un altro nome.
Quando in una guerra ingiusta una bomba vagante uccide una madre con il suo
bambino, questo non è un "danno collaterale": è un
assassinio.
Quando in una guerra ingiusta un bambino muore di dissenteria perché
una bomba ha danneggiato l'impianto di trattamento delle acque reflue, non
si sta "distruggendo l'infrastruttura nemica": è un assassinio.
Quando in una guerra ingiusta un padre di famiglia muore per un attacco cardiaco
perché una bomba ha distrutto le linee telefoniche e non si è
potuta chiamare un'ambulanza, questo non è "neutralizzare le installazioni
di comando e controllo": è un assassinio.
Quando in una guerra ingiusta muoiono in una trincea mille contadini poveri
che servivano come coscritti per difendere il paese nel quale avevano passato
tutta la loro vita, non è una vittoria: è un assassinio.
Ci saranno veterani, a promuovere proteste contro questa guerra in Iraq e
contro la vostra partecipazione.
Durante la guerra del Vietnam migliaia, tanto in Vietnam che negli Stati Uniti,
si rifiutarono di obbedire agli ordini.
Molti si sono trasformati in obiettori di coscienza e altri hanno preferito
andare in prigione piuttosto che prendere le armi contro il presunto nemico.
Durante la passata Guerra del Golfo, molti soldati hanno resistito in diverse
forme e per molte ragioni differenti.
Molti di noi sono tornati da queste guerre e si sono uniti al movimento contro
la guerra.
Se mai la popolazione terrestre sarà libera, questo avverrà
quando essere cittadino del mondo avrà la precedenza sull'essere soldato
di una nazione.
Ora è questo momento.
Quando arrivasse l'ordine di partire, la vostra risposta avrà un profondo
effetto sulla vita di milioni di persone in Medio Oriente e qui a casa nostra.
La vostra risposta determinerà il corso del nostro futuro.
Voi dovrete fare delle scelte, lungo il cammino.
I vostri comandanti vogliono che obbediate.
Noi vi invitiamo a pensare, a prendere decisioni sulla base della vostra coscienza.
Se sceglierete di resistere, vi appoggeremo e saremo al vostro fianco, perché
siamo riusciti a capire che il nostro autentico dovere è verso la gente
del mondo e il nostro comune futuro.”