L’ALTRA
AMERICA: MICHAEL ALBERT E L'ECONOMIA PARTECIPATIVA
di Loredana Galassini
A Michael Albert, attivissimo
economista statunitense, tra i fondatori della South End Press e di Z Magazine,
ma anche responsabile di Znet, piacciono molto gli incontri piccoli ma concreti
perché il suo tentativo di rimpiazzare in economia la competizione egoistica
con la cooperazione equa, significa cercare di costruire un nuovo vocabolario
ed una nuova lingua. Assieme a Robin Hahnel , docente di economia all’università
di Washington, ha sviluppato e divulgato un radicale modello economico, il Partecipatory
Economics (Economia Partecipativa), alternativo sia al capitalismo che al quello
che è stato il socialismo reale di stampo sovietico. La solidarietà
prende il posto della concorrenza perché competere comporta decisioni
drastiche che incidono sulla qualità della vita e l’equità
diventa un valore che sostituisce il principio di delega nei processi decisionali
e partecipativi.
Per realizzare il suo progetto di cambiamento radicale di un sistema produttivo
che educa all’economia dell’inefficienza, Michael Albert punta su
due soggetti sociali ben precisi: lavoratori e consumatori che, attraverso consigli,
funzionano secondo il principio dell’autogestione partecipativa. Scrivono
Albert e Hahnel: “Finora, la maggior parte degli economisti di professione
sono stati d’accordo sul fatto che sia la natura umana sia la tecnologia
contemporanea vietino a priori delle alternative egualitarie e partecipative.
Essi hanno generalmente sostenuto che una produzione efficiente deve essere
gerarchica, che solo un consumo ineguale può fondare una motivazione
efficiente e che l’allocazione può essere realizzata solo dal mercato
o dalla pianificazione centralizzata, e mai da procedure partecipative... L’Ecopar
(Economia Partecipativa) è uno sforzo sostenuto per dimostrare che tali
affermazioni sono concretamente contestabili e moralmente inaccettabili.”
L’attuale suddivisione del lavoro è basata sul potere di un 20%
che ha il controllo intellettuale e di un 80% esecutivo. Complessi bilanciati
di mansioni, invece, porterebbero ad una diversa distribuizione, a soluzioni
diverse, perché è la divisione del lavoro che fa scaturire la
divisione di classe. Cosa significa nella pratica? Che, in un ipotetico centro
di produzione, ciascuno avrebbe la possibilità di fare tutto un po’
e parteciperebbe al processo decisionale. E la remunerazione? “Adesso
– dice Michael Albert – è legata al potere ed è errata
da un punto di vista morale ed economico. Morale perché, se prendiamo
due persone che raccolgono mele e sono diverse fisicamente, non possiamo premiare
quello che ha più muscoli e fa meno sforzi per produrre di più,
perché significherebbe premiare la lotteria genetica che lo ha favorito.
Economica, perché partendo da un’equità remunerativa, si
può arrivare ad una migliore efficienza con incentivi che aumentino la
qualità e gratifichino la quantità di tempo che il lavoratore
decide di impiegare nel suo lavoro. E’ la politica che toglie la partecipazione
con l’economia, perché non esiste un mercato che supera gli altri,
ma principi. Efficienza è riuscire ad ottenere senza sprechi, ma dipende
dal concetto di valore: cosa è meglio il petrolio o la creatività?
Noi cerchiamo di definire un’economia che distribuisca obblighi e benefici
del lavoro sociale; che assicuri il coinvolgimento dei membri nelle decisioni,
in proporzione degli effetti che queste hanno su di loro; che sviluppi il potenziale
umano in vista della creatività, della cooperazione e dell’empatia
e che utilizzi in modo efficiente le risorse umane e naturali nel mondo che
abitiamo. Un mondo ecologico in cui s’incrociano reti complesse di effetti
privati e pubblici. In una parola: noi auspichiamo un’economia equa ed
efficiente che promuova l’autogestione, la solidarietà e la diversità.
In definitiva, l’Ecopar propone un modello economico da cui sono banditi
tanto il mercato quanto la pianificazione centralizzata (in quanto istituzioni
che regolano l’allocazione, la produzione e il consumo), ma anche la gerarchia
del lavoro e il profitto. In una simile economia, consigli di consumatori e
di produttori coordinano le proprie attività all’interno di istituzioni
che promuovano l’incarnazione e il rispetto dei valori preconizzati. Per
arrivarci, l’Ecopar si basa anche sulla proprietà pubblica dei
mezzi di produzione e su una procedura di pianificazione decentrata, democratica
e partecipativa, attraverso la quale produttori e consumatori fanno proposte
di attività e le rivedono fino alla determinazione di un piano che viene
dmostrato essere al tempo stesso equo ed efficiente.”
Diverso dal Bilancio Partecipativo di Porto Alegre, l’Ecopar guarda molto
agli Usa e ai cosiddetti paesi industrialmente avanzati per proporre uno sforzo
sostenibile di economia partecipativa che vuole essere intellettualmente credibile
e praticamente percorribile, senza cadere in nessuna delle trappole in cui troppe
volte si è visto cadere il pensiero della sinistra. Dice ancora Michael
Albert: “Sul piano economico, a sinistra, si arrivano a dire cose come
questa: la gente, nella mia società, consuma veramente troppo, ed è
orribile per questa o quella ragione; bisogna quindi abolire il consumo. Oppure:
la gente della mia società lavora, bisogna abolire il lavoro. Invece
di riconoscere che c’è un certo numero di funzioni che una società
deve compiere. Il problema allora è sapere come farlo rispettando certi
valori desiderabili. Molti ecologisti dicono: la General Motors è grande,
quindi tutto ciò che è grande è negativo. Bisogna pensare
in piccolo. Ma questa non è un’analisi: è una reazione.
E’ falso, anche da un punto di vista ecologico. La gente sente queste
cose e se la ride. Con ragione. Avere degli obiettivi può aiutarci a
riconoscere l’ingiustizia attuale, ma le tattiche che impieghiamo possono
cercare di ridurre le sofferenze attuali e farci avvicinare a obiettivi futuri
di lungo termine. Si può uscire dalla rassegnazione e anche il movimento
può smettere di essere negativo, perché non ci si arresta con
le riforme, ma si inizia con le riforme.”
BIBLIOGRAFIA
Michael Albert e Robin Hahnel - Unorthodox Marxism, South End Press,
Boston 1978.§
Michael Albert e Robin Hahnel - Marxism and Socialist Theory South End
Press, Boston 1981
Michael Albert e Robin Hahnel - Quiet Revolution in Welfare Economics,
Princeton University Press, Princeton 1990.
Michael Albert e Robin Hahnel - Looking Forward: Partecipatory Economics
for the Twenty First Century, South End Press, Boston 1991.
Michael Albert e Robin Hahnel - The Politic Economy of Partecipatory
Economics, Princeton University Press, Princeton 1991.
Michael Albert e Robin Hahnel - Socialism As It Was Alwais Meant To Be,
in Review of Radical Political Economics, XXIV, n. 3-4, 1992.
Michael Albert e Robin Hahnel - Partecipatory Planning, in Science and
Society Spring 1992.
Robin Hahnel - The ABC of Political Economy, South End Press, Boston 1999.
Michael Albert - Stop the Killing Train
Michael Albert e Robin Hahnel – Thought Dreams
LINK:
http://www.zmag.org il sito
della rivista Z Magazine
http://www.parecon.org
Economia Partecipativa
http://southendpress.org
South End Press
http://zena.secureforum.org/Znet/zmag/zmag.cfm
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