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Pubblicato in data: 1/10/2007

ASCOLTARE, VEDERE E SENTIRE LA LETTURA. UNA LETTURA DECOSTRUZIONISTA DELLA VITA ISTRUZIONI PER L'USO DI GEORGES PEREC
di Matteo Gallello

 

La figura illumina il significato della parola scritta.
L’immaginazione viene nutrita dall’immagine.
                             Ivan Illich, Nella vigna del testo

 

Immagini e ipertesti.
“Da un dettaglio si snoda il ricordo.”

[CAN  – Tago Mago]

L’immagine è un costituente fondamentale della mia vita.
Ogni percezione sensoriale che non sia puramente visiva è rivolta all’immagine: gusto, tatto, olfatto e specialmente udito confluiscono nell’associazione a/di immagini.
Immagini “immaginate”, personalissime e interiormente esplicative, gratificanti.
Vi è uno scambio continuo e vicendevole, inevitabile, tra lettura e immagini.
Indipendentemente dal supporto materiale, banalmente bidimensionale o tridimensionale, l’immagine crea, ricrea, costruisce, decostruisce interiormente, senza concedere esternazioni e senza badare a dimensioni.
Mi capita di “essere letto” attraverso espressioni facciali che mi estrinsecano e mi rivelano.
La medesima situazione si verifica nell’ascolto della musica, lettura profonda e “accompagnatrice”.
Non è un percorso esclusivamente di semiotica, ma di referenza in quanto da segno linguistico quale la scrittura, mi proietto nei meandri dell’extra linguistico, senza tener presente sistemi culturali specifici o somiglianze, relazioni e formalizzazioni ma facendo riferimento ad una decodifica aberrante che possa spingermi al non espresso, al non immaginato, al non detto.

Ho riscontrato un alto grado di iconicità nel romanzo “La vita istruzioni per l’uso”.
Le descrizioni cosi accurate e palesi, le rappresentazioni continue “per immagini”, si manifestavano continuamente nella lettura.
Dopo il superamento di una descrizione, dopo la scomparsa dello stimolo all’immaginare, permaneva la rappresentazione mentale che si legava attraverso leitmotiv che volevo attribuire con libertà e indipendenza: immagini eidetiche, talmente chiare e definite che visualizzavo anziché immaginare.
E’ stream of consciousness ma formalizzato e razionale, paradossale, ma rispecchia le intenzioni dell’ OuLiPo, in cui rigidità e libertà diventavano stimolo di creazione della produzione letteraria.
L’opera può essere descritta, non valutata.
Il romanzo di Perec si è rivelato “insopportabilmente” condizionante.
C’è una realtà che mi riguarda, che vivo.
Essa è stata incanalata verso un processo: ogni oggetto, ventaglio o vinile che sia, ogni ambiente, teatro o stalla che sia, è sottoposto a un’accurata descrizione e l’immaginazione mi conduce a cercare, inizialmente vagando e brancolando nel buio dell’inconsapevolezza, origini e motivi chiarificatori.
“Raffigurazioni wittgensteiniane”: combinazione dei nomi nella proposizione corrispondenti alla combinazione degli oggetti nel fatto.

Considererei l'aspetto “formale” dell’opera di Perec intesa come struttura, i cui elementi, i 101 capitoli, sono definibili attraverso un percorso di indipendenza/interdipendenza fra essi.
L’autore supera la banalità del concetto di “in-formazione”. Non in-forma dei fatti, delle vite di persone e di oggetti ma sembra farli vivere nel momento in cui si manifestano.
“Voltare pagina” rappresenta nel romanzo la metafora di mondi potenzialmente in un primo tempo e successivamente  davvero diversi: link e ipertesti infiniti.
Ogni capitolo si adatta proprio alla velocità con cui cambia il mondo da individuo a individuo, alla specificità di ogni esistenza e di ogni azione, delle interpretazioni e dei pensieri.
Credo rigorosamente, per quanto contrastante sia il rigore in questo caso, nelle manifestazioni del soggetto e nella diversità interiore di ogni individuo e il romanzo ha dato potenza a questo mio complesso di idee.
Il cammino, il divenire del soggetto, la flessibilità, la capacità di adattamento di ognuno è progredire.
Credo vivamente nella creatività individuale che sia o non sia acquisita con l’esperienza o attraverso l’osservazione.
Credo nella possibilità di narrare, attraverso immagini, vite che s’incrociano, oggetti, azioni, ricordi, sensazioni, pensieri.

[Bill Evans – At The Village Vanguard]

La materializzazione dell’astrazione.

Nel saggio “Nella vigna del testo” Illich affronta il problema della “contaminazione” delle parole con le immagini nella costituzione degli ipertesti.
Per l’autore austriaco: “… le immagini non ampliano, ma limitano il campo aperto al sogno e all’immaginazione. Sostituire alla parola scritta messaggi visivi non significa certo arricchire il lettore. Significa impoverirlo…”.
Ma Perec pensa e scrive per immagini – potenzialmente – ipertesti!
Le immagini sono insite nella scrittura e l’immaginazione, l’idea del descritto, è altamente soggettiva!
Il processo è tanto momentaneo quanto contemporaneo!

Proprio per dar adito alle idee in cui maggiormente credo, la soggettività, la creatività individuale, ho pensato di riproporre “La vita istruzioni per l’uso” in un “ambiente” web da me spesso solcato.
Mi piace pensare che questo libro possa essere argomento di un “contest” su .
è un mattone importante dei Custom Media, in cui gli utenti ritrovano i loro effettivi interessi.
I partecipanti sono gli amanti della fotografia in senso pragmatico o teorico.
Proprio questa è la specificità, la personalizzazione, l’umanizzazione del software.
C’è condivisione di creazione e di emozione tra i vari utenti.
L’utente è contemporaneamente creatore del sistema sul quale opera ed è questo che ha posto le basi per lo sviluppo del fenomeno di customizzazione.
Si è innescato un processo di "potenzializzazione" delle informazioni capace di donare ubiquità al sapere e si è creata un’unione di forze intellettuali che si trasferiscono nei contenuti e nell’insieme visivo, nell’impaginazione, nell’interfaccia.
L’intenzione di riproporre il romanzo con queste modalità è stata fulminea, sin dal “Capitolo I – Per le scale,1”.
L’immaginazione è stata immediatamente stimolata dall’ambientazione e dallo spirito che pervadeva la ricostruzione testuale di uno spazio determinato, costretto ma  potenzialmente dilatabile.
Questo m’incantava e lo stimolo s’è protratto, restando costante e a tratti aumentando per tutta la scoperta del libro.
Tramutavo ogni frase in una scena da immortalare, con costruzioni che esplicavano in modo personale il significato delle parole, fregandomene dei significanti.
Un legame tradizionale a livello strumentale: composizioni di fotografie accompagnate al testo in quanto trasposizione del pensiero.
“…e neppure sono paragonabili alle fotografie, che si propongono di attestare un fatto o di documentare l’argomento discusso nel testo…”
Illich con questa concezione annulla l’Arte della fotografia. Questa funge da “terzo occhio”, supera la riproduzione lapalissiana e fine a se stessa della realtà. Non è “ritrarre” ma “proporre”.

[Miles Davis –Live At Fillmore East]

Hoc visibile imaginatum figurat illud invisibile verum: “Questa immagine visibile rappresenta quella verità invisibile”.

Per quanto concerne il livello “tecnico”, il “contest” è la creazione di un concorso, che ha un argomento da esplicare e che viene proposto dall’utente - ideatore agli altri utenti.
In questo caso la necessità di lettura del libro è imprescindibile come la riscrittura mentale del testo.
Questo è il punto in cui nasce un livello parallelo alla phonè relegato comunque all'istante.
Nelle vesti di utente - ideatore del contest dovrei avere presente la divisione in 101 capitoli e possibilmente “visualizzare” ogni capitolo per ciascun utente in modo tale da avere la partecipazione e l’attenzione maggiore.
La scelta dei capitoli è a discrezione degli utenti.
L’utente – ideatore deve avere l’accuratezza di avere presente la distribuzione dei capitoli e conseguenzialmente delle fotografie in modo tale che non si creino “sovraffollamenti” nella preferenza dei capitoli.
Nel caso in cui si presentino capitoli “preferiti” da un numero eccessivo di utenti, tutti i partecipanti “voteranno” le foto migliori da cui deriverà la scelta di rappresentanza.
Questa è la democrazia del web e non è detto che equivalga sempre a meritocrazia. Vox populi!
Il management personale degli “spazi” riservati agli utenti prevede la gestione di cartelle che raggruppano fotografie divise in “set” nominate dagli utenti con titoli esplicativi, ermetici o visionari.
I “tags” hanno un ruolo similare ai links: ricondurre al gruppo di appartenenza per categoria (ad esempio argomento) attraverso un testo anche in questo caso chiaro o enigmatico in base alla titolazione della fotografia “postata”.
Ogni autore, ha la possibilità di instaurare percorsi “possibili”, “devianti”, “criptici”, comunque e in qualche modo esplicabili.

L’espressione fotografica è, a mio parere, intrinsecamente decostruzionista: nega la possibilità di esprimere significati univoci e assoluti.
Vi è la necessità di analizzarla facendo emergere la complessità interna dell’espressione soggettiva che ha in se molteplici, possibili significati, mondi possibili, valori potenziali e “trasvalutazioni” nietzscheiane di valori, valutazioni diverse da individuo a individuo.
La composizione e l’interpretazione delle immagini sono azioni mentali altamente soggettive.

Il main stream è prescrittivo, alienante, interessato, cospiratore.
“Solo chi ha accesso all’antenna avrà voce. La moltitudine ridotta ad ascoltare la parola data. Gli è impedito fornire un contributo o una diversa versione. L’unico residuo spazio di libertà sta nella decodifica aberrante, cioè nel guardare oltre le apparenze e nel cercare tra le righe il non detto.
Dietro la necessità tecnologica si nasconde il disegno politico, dietro la competenza tecnica si nasconde il controllo sociale”.

“La lingua di Sancho, cresciuta lontano dalle antenne del Broadcasting, viva nonostante l’assenza di scuola, è posseduta pienamente dai suoi parlanti. Ed è in grado di esprimere ogni sfumatura psicologica culturalmente significativa, ogni aspetto del mondo quotidianamente appurato.
Sancho perciò è esponente di quella cultura che nelle organizzazioni resta latente, schiacciata dalla norma di Esdra* e Nebrija*. Cultura che però sopravvive al di là delle repressioni, e si manifesta dove può (alla macchinetta del caffè, in mensa, nei corridoi, nelle email, nei file nascosti nel disco fisso
del Pc, nei graffiti che segnano certi luoghi bui).

“Si aggiunga che l’eccesso di controllo e di governo stimola, sul piano dei comportamenti sociali, atteggiamenti devianti”.
(da “Un certo tipo di letteratura” di Francesco Varanini)
*(sostituibili, a mio avviso, da Eco, Baricco, Vasco Rossi, etc etc…)

 

[Brian Eno – Music For Airports]

“L'ipertesto, l'ipermediale e il multimediale interattivo proseguono quindi un processo secolare di artificializzazione della lettura. Se leggere significa selezionare, schematizzare, costruire una rete di rimandi interni al testo, associare ad altre informazioni, integrare le parole e le immagini alla propria memoria personale in perenne ricostruzione, allora si può davvero affermare che i dispositivi ipertestuali costituiscono una sorta di oggettivazione, di esteriorizzazione, di virtualizzazione dei processi di lettura.”
(da “Nella vigna del testo” di Ivan Illich)

Vi è una sorta di necessità di agire con e nel concetto di “re-mediation”.
I nuovi media devono essere “amministrati” ed è indispensabile agire nella multimedialità poiché l’impiego combinato di sistemi di comunicazione sonori, grafici e audiovisivi rappresenta una sorta di prolungamento dei sensi corporei.
Presentare il romanzo “La vie  mode d’emploi” attraverso le immagini che lo compongono è un’esperienza ipermediale per l’assenza di necessità di collegamenti sequenziali.
Leggendo una qualsiasi parte del libro non mi sono mai sentito spaesato per l’assenza di conoscenza di parti precedenti. Ho capito cosi che la logicità e la sequenzialità non erano dei requisiti primari.
I capitoli – links sono realizzati in modo tale che il lettore – utente può “saltare” da un oggetto all’altro con o senza correlazioni: sono percorsi transitori ma incisivi, coincidenze momentanee ma vitali.
L’arrestarsi del tempo, l’immortalare un momento in divenire, presentano la realtà.
A questa è offerta la straordinaria possibilità di essere modificata secondo criteri soggettivi di avvicinamento all'immagine ideale.
L’uso di Photoshop non coincide esclusivamente e banalmente alla modifica tecnica ma tende a rendere “realmente” valida l’immagine a livello sensoriale: niente di più soggettivo.

[Popol Vuh – Hosianna Mantra]

Innumerevoli microcosmi brulicanti.

Interpreto in modo personale, a tratti fantastico, la realtà.
Il capitolo LXXIV, e concorda Italo Calvino, è  non solo suggestivo a livello descrittivo ma cerebralmente affascinante.
“Macchinario dell’ascensore” è una spersonalizzata immagine visionaria - futuristica - apocalittica. Brainstorming  in uno spazio interstellare sotterraneo alieno e alienante.
I primi collegamenti sono rivolti a Metropolis di Fritz Lang e alle tele di Francis Bacon e a dove potranno condurci i politici, i papi, i letterati amanti del denaro e tutto ciò che concerne il mainstream: “…giù in fondo un universo di caverne dalle pareti coperte di fuliggine, un mondo di cloache e pantani, un mondo di larve e di bestie, con esseri senz’occhi che si tirano dietro carcasse animali, e mostri demoniaci dal corpo di uccello, pesce o maiale, e cadaveri disseccati, scheletri vestiti di una pelle giallastra, impietriti in una posa da vivi, e fucine popolate da Ciclopi inebetiti, con grembiuli di cuoio nero, l’unico occhio protetto da un vetro blu incastonato in un pezzo di metallo che martellano con le mazze di bronzo degli scudi splendenti.”

Le descrizioni degli ambienti dello stabile sembrano visioni interattive e multimediali, rotazioni a 360°.

La storia di Fresnel viene narrata nel capitolo LV “Camere di servizio,10”. E’ una vicenda che mi ha riportato a un testo strutturato attraverso “tag”: “vagare” su Youtube, (altro cardine…) in cui l’utente ha la possibilità di utilizzare il personale “tubo catodico” caratterizzato dalla gestione individuale.
Ecco i tag come punti di partenza e punti di arrivo che possono avere fra di essi rapporti di  casualità e causalità.
L’ultima parte del  Cap. LV è un “fulmen in clausola” acuto, pungente e splendidamente inatteso ritrovando analogie con qualche “Storia di ordinaria follia” bukowskiana:
“La camera è oggi occupata da un uomo sulla trentina: è sdraiato sul letto, completamente nudo, bocconi, fra cinque bambole gonfiabili…”.

La resa dell’immagine posta davanti agli occhi supera le descrizioni: non si tratta di vincoli visivi imposti. Gli elementi illustrati non hanno necessità di immaginazione.
Sono in quanto tali.
E’un modo usuale nel romanzo di prospettare vere e proprie interfacce: schemi, manifesti, copertine, cruciverba, lettere, indirizzi, menù, voci di vocabolario, semi.

“…di fronte all’inestricabile incoerenza del mondo, si tratterà allora di portare fino in fondo un programma, ristretto, si, ma intero, intatto, irriducibile…”.
Credo che il programma di Bartlebooth  che consiste in un gesto di creazione dell’immagine, trasformazione, decostruzione, nuova creazione attraverso il metodo puzzle e non distruzione ma neutralizzazione dell’immagine, sia un motivo – guida del romanzo. Il perché sia un leitmotiv si accosta al perché complessivo, alla ragione primordiale della concezione dello stesso romanzo di Perec.
Mi sono chiesto sin dall’inizio quale spinta abbia guidato Perec alla tipologia compositiva de “La vita istruzioni per l’uso”.
Il romanzo è metaforicamente un puzzle e il puzzle è metaforicamente un romanzo.
E’ esplicativo, a mio parere, il PREAMBOLO: ”[…]l’oggetto preso di mira non è una somma di elementi che bisognerebbe dapprima isolare e analizzare, ma un insieme, non è più immediato né più antico, non sono gli elementi a determinare l’insieme, ma l’insieme a determinare gli elementi: la conoscenza del tutto e delle sue leggi, dell’insieme e della sua struttura, non è deducibile dalla conoscenza delle singole parti che lo compongono…”.
Non è molto semplice per me ammettere un metodo deduttivo e ora la mia comprensione è obnubilata da questa constatazione.
Non sembrerebbe comunque un lapalissiano controsenso?

[John Coltrane – A Love Supreme]

Perec ha fatto dell’ ”oggetto” la ragione d’essere della sua opera.
Ho percepito l’insieme come unione/separazione degli oggetti da cui scaturivano vite.
Oggetti – soggetti che vivono di vita propria e che “assimilano” la vita della persona.
La “fusione” stessa dei singoli pezzi di puzzle avviene proprio perché sono due entità a combaciare. Avviene sempre e comunque per due individualità. Il puzzle, attraverso fusione di coppie, arriva ad una completezza finale.
Prima di essere disarmonico il puzzle è armonico, è finito prima di essere costruito. E’ solo un metodo decostruzionista/costruzionista (e il contrario) a caratterizzarlo.
E’ una finestra prima di essere frantumata.
Perec non esprime un giudizio sull’oggetto in sé ma su una sensazione sensoriale e sul senso dell’idea.
L’oggetto ha un’importanza intrinseca, sembra non conoscere l’estetica.

Non significante ma significato.
L’attenzione per l’oggetto non distoglie la concentrazione sui soggetti.
La casa ha ed è vita. I particolari che hanno una storia, consegnano senso di vita anche ai muri. Questi ultimi assorbono attivamente le parole, i gesti e i pensieri degli abitanti i quali possiedono un legame implicito o esplicito con gli oggetti.
Le cose vivono di vita propria e dell’esistenza dell’uomo che ha prodotto l’oggetto, che l’ha venduto, acquistato, toccato, deposto in un ambiente, consegnandogli un ruolo, un significato.
Questa è realtà possibile, esperienza che vivo, manifestazione che appuro.
Scrive Albert Camus ne “Il mito di Sisifo”: “Ecco ancora degli alberi, di cui conosco le rugosità, e dell’acqua, di cui sento il sapore. E questi profumi d’erba e di stelle, la notte, in certe sere che il cuore si placa…come negherò questo mondo, di cui sento la potenza e la forza?”.
Sento la necessità di fare di ogni idea e di ogni immagine, alla maniera di Proust, un luogo privilegiato.

[Frank Zappa – Hot Rats]

Ritorno spesso sulla semplicità, su tutto quel che consta di un solo elemento e non ha nulla di aggiunto o mescolato, sull’elementare, su quel che è privo di complicazioni o inutile difficoltà, privo di affettazione, di ricercatezza. Naif, “nient’altro che”.

Nel saggio di Illich il passaggio dalla cogitatio, analisi concettuale, alla meditatio, che è l’ immedesimazione, nell’attività scolastica, vengono riportate le parole di Ugo da San Vittore.
Nel capitolo 10 del libro III “la cogitatio è un pensiero che procede sorretto da un tracciato”, mentre la meditatio “prende le mosse dalla lettura, ma non è vincolata da nessuna delle regole o prescrizione della lettura. Ama infatti vagare per spazi senza limiti, dove fissa il suo libero sguardo sulla contemplazione della verità collegando ora queste ora quelle cause delle cose o ancora penetrando nel profondo, senza lasciare nulla nel dubbio, nulla all’oscurità”.
Riportando queste concezione al pensiero emergente in Perec, denoto che l’autore francese si accosta maggiormente alla meditatio: passato e presente si fondono e si confondono e le pareti dello stabile non sono limiti spaziali, anzi sono talmente disgregati che non si tengono in considerazione.

[Keith Jarrett – The Köln Concert]

Penso alla figura dell’ “anonimo cantore” che ritrovo nella concezione di Perec: anonimo cantore di
diversi anonimi cantori.
(“Il popolo perechiano” è comunque socialmente gerarchizzato).
Perec da questo punto di vista è “autore debole”: dà voce a chi non ha voce, descrive chi e ciò che non ha bisogno di descrizione. Effettivamente non dà “istruzioni per l’uso di una vita, né di più vite”.
Non fornisce precetti.
Ci sono solo vite che non aspettano di essere istruite, ma che gli eventi intervengano a plasmare le vite stesse. Non ci sono fattori esperenziali, non c’è imprinting.
Ci sono casualità e causalità traferibili in soggettive immagini.

“Ci servono e interessano i testi segnati da cesure, da discontinuità, inciampi, salti logici, pluralità di voci sovrapposte. Testi non rifiniti, non ancora sottoposti a cura redazionale: li, anche e forse soprattutto dove le parole che abbiamo sotto gli occhi sembrano di primo acchito puro rumore, troveremo tracce di significati rimossi, di versioni censurate, di contenuti che lo stesso scrivente (non scrittore!) dubitava magari di potersi permettere di scrivere. Lì sta la conoscenza latente, la ricchezza nascosta della narrazione”.
( da “Un certo tipo di letteratura” di Francesco Varanini )

BIBLIOGRAFIA:

Georges Perec – La Vie mode d'emploi, 1979, trad. it. La vita istruzioni per l’uso, edizione Bur, collana Autori Contemporanei.
Ivan Illich – Nella vigna del testo, Raffaello Cortina Editore.
Albert Camus – Le Mythe de Sisyphe, 1942, trad. it. Il mito di Sisifo, edizione Tascabili Bompiani.
Jean-Paul Sartre – La Nausée, 1938, trad. it. La nausea, Einaudi.
Francesco Varanini – Un certo tipo di letteratura, in Minghetti e Cutrano (a cura di), Le nuove frontiere della cultura d’impresa. Manifesto dello Humanistic Management, Etas, 2004
Federico Moro – Web 2.0 – Innovazione applicata ai servizi della Rete (http://www.openarea.net/Web2.0.pdf)

DISCOGRAFIA*:

CAN – Tago Mago (1971), Extra, 2004
Bill Evans – At the village Vanguard (1961), Concord, 2006
Miles Davis – Live At Fillmore East (1970), Columbia, 2001
Brian Eno – Music For Airports (1978), Emi, 2004
Popol Vuh – Hosianna Mantra (1972), SPV, 2004
John Coltrane – A Love Supreme (1964), Impulse 2006
Frank Zappa – Hot Rats (1969), Ryko, 1995
Keith Jarrett – The Köln Concert (1975), ECM Records, 2001

* Mi ha accompagnato e arricchito nella stesura di questo testo.

“Non lasciar sfuggire le sfumature, i piccoli fatti, anche se non sembrano avere alcuna importanza”. (Jean Paul Sartre).


1- mattegalle@libero.it

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