BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 08/07/2002

Pensieri sull e-learning

di Giovanni Giusti

Ancora sull'e-learning, partendo dal contributo di Francesco Varanini (e-Learning come possibile spazio intercreativo, 24/06/2002).
Le considerazioni che seguono scaturiscono dalla mia esperienza di fornitore di soluzioni per la formazione in rete, quindi quale osservatore dell'offerta del mercato, ricettore delle istanze dei clienti, soggetto impegnato nella ricerca e nello sviluppo di nuove soluzioni (tecniche, metodologiche, organizzative). Tutto questo su scala molto piccola, essendo la mia società costituita da tre persone più una serie di collaboratori.

Il mercato. Rilevo una grande attenzione (di chi vende!) sulle piattaforme o gli ambienti per l'e-learning e uno sfoggio di cataloghi di corsi (CBT, Computer-Based Training, o WBT, Web-Based Training) assortiti (dai corsi su OPT, Internet, commercio elettronico a corsi su temi tradizionali, il project management, l'analisi di bilancio, ecc.) e poco innovativi (spesso datati).

Le piattaforme sono dotate di funzioni e strumenti raffinatissimi per il tracking, l'assegnazione delle attività agli utenti-discenti, il monitoraggio dei risultati, ecc. ecc. Molto spesso sono sviluppate da aziende statunitensi per realtà statunitensi. Molto spesso l'unico adattamento alla realtà italiana si concretizza nella traduzione delle scritte sui pulsanti e dell'help (anche se le piattaforme costano tantissimo).

I clienti. Chi ha avuto esperienze di "formazione a distanza" o di utilizzo di supporti per la formazione (CBT, WBT, CD-ROM) in auto-apprendimento, solitamente ne è insoddisfatto perché: è noiosa, è meno coinvolgente di un docente, è lenta, "e allora è meglio un libro…". Chi non ha avuto esperienze è solitamente scettico. Chi non è scettico ed è un po' "informato" chiede la piattaforma di cui ha sentito parlare ad un seminario o di cui ha visto la pubblicità o letto la recensione sulla rivista specializzata.

In estrema sintesi, il problema è semplice: vengono fatte "cose vecchie" con uno strumento nuovo. Non esiste ad oggi - o quantomeno non ne sono a conoscenza - un modello di riferimento per l'apprendimento in rete.

Esistono però molti indizi e riscontri di ciò che non funziona e di ciò che potrebbe farlo funzionare.

Tutte le realtà che io conosco sottovalutano la dimensione "cooperativa" o "relazionale", che invece è la caratteristica principale del mezzo.
È assolutamente più facile creare pacchetti di corsi e ambienti per l'e-learning che creare e mantenere "sistemi per l'apprendimento basati sulle persone". Primo perché ci vogliono le persone (che non si possono vendere). Secondo perché le persone devono essere anche brave. Terzo perché non si sa esattamente in che cosa devono essere brave.

Detto questo ritengo che la dimensione cooperativa sia l'ingrediente concettualmente più interessante e più pregnante dal punto di vista educativo dei modelli di apprendimento basati sulla telematica.
Grazie alla cooperazione possono essere privilegiate forme di apprendimento quali il lavoro di gruppo, l'attività di ricerca documentale, lo scambio di informazioni, la condivisione di esperienze, il confronto culturale, la cooperazione al raggiungimento di obiettivi comuni, solo per citare alcune delle possibilità (tutte forme già ampiamente pre-esistenti all'avvento della telematica).

Il costruttivismo ha messo in evidenza l'importanza di queste forme di interazione ai fini del raggiungimento di specifiche finalità formative e, più in generale, l'influenza di queste interazioni sui processi cognitivi, sulle abilità metacognitive, sulla motivazione all'apprendimento, l'autostima e lo sviluppo del senso sociale.
Un ruolo centrale è attribuibile al "confronto" sui contenuti e alla condivisione e alla rivalutazione delle singole esperienze, piuttosto che alla "mera" acquisizione di nuove conoscenze individuali.

L'elemento più critico affinché tutto questo sia possibile è il modello di cooperazione secondo cui gli attori agiscono e interagiscono per il raggiungimento dell'obiettivo comune.
I modelli non sono così facili da formulare anche perché probabilmente l'esperienza di cui disponiamo non è ancora sufficiente. Quello che però appare chiaro da molte esperienze è la necessità di strutturare fortemente la comunicazione telematica e il lavoro di gruppo.
Servono inoltre figure che svolgano un ruolo di stimolo, collante, facilitazione sia nell'ambito della comunicazione che del coordinamento del "lavoro" (di apprendimento) di gruppo.

Il "facilitatore" deve adottare una serie di accorgimenti che favoriscano l'interazione dei soggetti e ne valorizzino gli interventi, aiutino il gruppo a mantenere il fuoco sugli obiettivi del lavoro collaborativo e conseguentemente sulle conoscenze e sulle abilità che si intendono raggiungere.
Tutto questo perché mettere a disposizione la possibilità di comunicare senza definire compiti precisi e modalità di operazione non dà alcuna garanzia di successo.

Concludo riaffermando il principio che il successo della formazione in rete si giocherà sulle metodologie e sulle persone piuttosto che sulle tecnologie (e sui cataloghi di corsi).
Imparare a cooperare in rete (ovvero formare le persone sulla formazione/apprendimento in rete), avere delle figure chiave al centro del processo, porre grande attenzione alla strutturazione e alla organizzazione delle attività (criticità della progettazione): su questi elementi si gioca il futuro dell'e-learning.

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