BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 24/02/2003

ORCHESTRA COME CREAZIONE DI UNA ORGANIZZAZIONE

di Mauro Graziani

La figura del direttore d'orchestra in senso moderno nasce all'inizio del XIX secolo. Prima di allora la direzione non era concepita come entità autonoma. Fino alla fine del '700, infatti, le funzioni di direzione venivano svolte dal primo violino o dal clavicembalista, e consistevano semplicemente nel tenere il tempo e nell'indicare gli attacchi: la musica non raggiungeva, nel '700, un livello di complessità tale da richiedere l'intervento di un coordinatore esterno.

Le ragioni per cui, nell'800, si rese necessaria la presenza di un direttore vero e proprio sono, da un lato, prettamente artistiche, come la crescente complessità delle partiture orchestrali e altri problemi connessi con la prassi esecutiva, ma derivano anche dalla necessità di allargamento del repertorio imposta dal declino del mecenatismo e dall'entrata della musica nel mercato. Se i primi concerti a pagamento di cui abbiamo notizia si tennero a Londra già nel 1672 per opera di Bannister, violinista e compositore [1] , e lo stesso Händel dà notizia dell'esecuzione delle proprie opere con “vendita di biglietti alla porta” [2] fin dal 1741, è soltanto nel 1770 che un gruppo di mercanti apre, a Lipsia, una sala da concerto, dapprima su base saltuaria e poi, a partire dal 1781, in pianta stabile. Inizia, più o meno gradualmente, il passaggio dalla nobiltà alla borghesia e nello stesso tempo la musica si trasforma da attività oggetto di mecenatismo e non vendibile in quanto simbolo di potere ad attività con un valore determinato dal mercato e simbolo di un altro potere.

Questo complesso di nuove necessità, di carattere sia artistico che di mercato, altera profondamente le posizioni sia del compositore che dell'esecutore e crea nuove figure professionali, come quella del direttore d'orchestra e dei funzionari di quelle istituzioni che dovranno gestire l'apparato organizzativo che ruota attorno al mondo musicale.

Anche in orchestra, quindi, la risposta al cambiamento è la creazione di una organizzazione. Al direttore viene destinata un'ubicazione ben visibile a tutti gli esecutori, fuori dalle aree orchestrali o corali, e un leggio particolare mentre le sue funzioni diventano via via sempre più ampie, passando dalla semplice sincronizzazione fino ad investire molti aspetti dell'esecuzione, prova essendone l'evoluzione della partitura di direzione che si trasforma da un semplice rigo indicativo delle entrate strumentali fino a comprendere tutte le parti. I direttori ottocenteschi, infatti, usavano le partiture complete solo per il proprio studio, dirigendo, poi, con la sola parte del primo violino sulla quale erano aggiunte le entrate degli altri strumenti (nella direzione di opere teatrali, vi era anche un rigo per i recitativi). Successivamente fu adottata una forma riassuntiva, detta del “violon principal” comprendente il rigo superiore del primo violino, quello inferiore del basso, un duplice rigo contenente una riduzione delle parti restanti, un rigo con le entrate più importanti dei solisti e del coro. Un ulteriore e definitivo assestamento all'arte direttoriale fu dato da Berlioz e Wagner. Le loro orchestrazioni e composizioni innovative, esigendo capacità esecutive altamente progredite, imposero la necessità di un'arte direttoriale del tutto svincolata dalle concezioni fino ad allora vigenti. In tal modo il direttore arrivò gradualmente ad occupare la posizione di leadership che oggi detiene.

Mutamenti di notevole portata si ebbero anche nella posizione degli orchestrali al punto da dar vita a una organizzazione piramidale direttamente mutuata dal mondo militare, anche in considerazione della scarsa autonomia lasciata all'orchestrale. In primo luogo, si crearono quelle figure di “middle management”, corrispondenti al primo violino (detto anche violino di spalla o semplicemente spalla) e ai primi leggii, il cui compito è quello di supervisionare la propria sezione. La “spalla”, in particolare, è vista come il rappresentante dell'intera orchestra: è a lui che il direttore stringe la mano al termine dell'esecuzione quando intende complimentarsi con tutti gli orchestrali ed è lui che dovrebbe mediare con la direzione (almeno sulle questioni artistiche perché ormai, di fatto, per le altre questioni è sostituito dai rappresentanti sindacali). Seguono poi, in ordine di importanza, i cosiddetti primi leggii (o prime parti) di ogni sezione. Poi vengono le seconde parti dei fiati e infine i singoli strumentisti di fila.

Ovviamente, in un tale gruppo, si attivano dinamiche molto complesse [3] . Non sempre tutti lavorano a favore; spesso qualcuno rema contro. Occorre sempre tenere presente che, se confrontata a quella di un elemento aziendale o di un giocatore in una squadra di calcio, la libertà di cui gode un professore d'orchestra nell'esercizio delle proprie funzioni è minima [4] . Un giocatore di calcio, anche in una squadra di livello non eccelso, è inserito in una situazione dinamica. Deve continuamente prendere decisioni e può anche godere di un'ampia discrezionalità, ma in orchestra, istruzioni come “se vedi l'occasione – cioè a tuo giudizio – inserisciti sulla fascia”, non si danno [5] .

È infatti il direttore l'unico depositario del sapere interpretativo ed egli è l'unico che, in quanto autorizzato ad un ascolto “esterno” può giudicare sull'aderenza dell'esecuzione ai suoi canoni estetici. Dall'interno dell'orchestra, infatti, non c'è alcuna possibilità di giudizio perché la valutazione del bilanciamento globale è compromessa dal volume del proprio strumento e di quelli vicini.

Di conseguenza, l'orchestra deve fidarsi e ha, nei riguardi di un direttore con cui il rapporto non sia ormai consolidato, un atteggiamento ambivalente. Il direttore viene dapprima messo alla prova: deve forzatamente subire un giudizio. Se è prestigioso, ci si aspetta da lui che sia anche carismatico, in grado di coinvolgere il gruppo e ottenere buoni risultati con un numero ragionevolmente basso di prove o in alternativa, capace di chiedere un duro lavoro a fronte di una effettiva crescita della qualità, anche tecnica, del gruppo. In ogni caso, la fiducia del gruppo deve essere conquistata e, come in altre realtà, i migliori risultati si raggiungono con un mix di autorità e coinvolgimento tale da generare una condivisione di vedute e quindi di obiettivi.

Ma è possibile un'altro tipo di organizzazione? L'Orpheus Chamber Orchestra ottiene da anni prestigiosi riconoscimenti pur lavorando senza alcun direttore sulla base della condivisione delle responsabilità e rotazione della leadership. Per ogni esecuzione, i membri dell'orchestra eleggono al proprio interno sia un direttore principale che i direttori di ogni sezione. In tal modo sono essi stessi a investire qualcuno che già conoscono e in cui ripongono fiducia del ruolo di guida. Questi strumentisti costituiscono il gruppo centrale il cui ruolo è di dare forma al concetto iniziale del brano, affrontare e valutare i problemi di esecuzione e predisporre un piano di prove.

Durante le prove, poi, tutti i membri possono prendere la parola per osservazioni sull'esecuzione e nel corso delle prove di insieme ogni strumentista può, a rotazione, sedere in sala per giudicare il risultato sonoro complessivo. Nello stesso modo, durante l'incisione di un disco, tutti i componenti, a gruppi, si recano in sala regia per ascoltare quanto già registrato. Inoltre, nel corso del tempo, si cerca anche di ruotare le posizioni ai leggii in modo che tutti, prima o poi, possano guidare la propria sezione.

Ovviamente, questo ensemble, richiede un notevole livello sia tecnico che culturale in quanto si tratta di condividere le decisioni interpretative, ma soprattutto, la capacità di assumersi le responsabilità legate a una situazione di auto-governo.



[1] J.Attali, Bruits, Essai sur l'économie politique de la musique, Press Universitaire de France, 1977 (trad. Rumori, Mazzotta, 1978)

[2] J. G. Prud'homme, Ecrits de musiciens, Paris, Mercure de France, 1912

[3] Una buona introduzione a questi argomenti si può trovare on-line: A. Cericola, Psicologia e tecnica della direzione in http://utenti.lycos.it/musicaclassicaonline/psicologia_e_tecnica_della_direzione.htm.

[4] Ovviamente ci riferiamo a una normale orchestra di medio livello. La Filarmonica di Berlini e l'Orpheus Chamber Orchestra sono eccezioni.

[5] Per una visione dell'interazione direttore – orchestra in termini di rapporto di potere, si veda il classico di Theodor Adorno Introduzione alla Sociologia della Musica, Einaudi, 1971.

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