BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 28/04/2003

L'ORGANIZZAZIONE COME METAFORA

di Giuseppina Grimaldi

Oggi il concetto di organizzazione è uno di quei concetti che tutti utilizzano, per definire una miriade di situazioni e di bisogni. Una migliore organizzazione, un organizzazione appropriata… tutte espressioni di bisogni che rimandano alla necessità più svariate: si parla di migliorare l’organizzazione per soddisfare esigenze di efficienza di efficacia e spesso addirittura di ordine e di condivisione.

A tutti i livelli delle nostre società cosiddette “complesse” l’esigenza di una migliore ed efficiente organizzazione risulta essere uno dei crucci maggiori, che tolgono il sonno alle autorità preposte alla ricerca della ricetta ottimale che ridia lustro alle organizzazioni.

La ricerca estenuante di una migliore, ottimale organizzazione è caratterizzata dalla stesura di piani di attuazione, fasi, modelli, tutti strumenti tesi a plasmare l’organizzazione e riportarla nelle maglie e griglie “ottimali”, “studiate”. Credo sia impossibile per chi lavora da tempo, non avere assistito almeno una volta nella vita lavorativa ad una “famosa svolta” organizzativa, il nuovo modello faticosamente cercato per anni. Tanti sforzi profusi. Una domanda sorgerebbe spontanea: quanti degli interventi risolutivi definitivi raggiungono il traguardo? Quanti dei modelli organizzativi risultano essere realmente risolutivi? La risposta è evidente, spesso rispetto agli sforzi profusi i risultati sono miseri, se non peggiorativi. Allora cosa distingue un intervento risolutivo da un intervento non risolutivo? Perché un’organizzazione risulta a parità di condizioni migliore di un’altra? Certamente sono domande troppo semplicistiche, esiste una vasta bibliografia a riguardo, teorie varie, modelli di interpretazione altrettanto vari.

In queste pagine il tentativo è quello di non partire da una teoria o modello, non cercherò di confutare una tesi o di sconfessare un’altra. Cercherò al contrario, partendo dalla mia esperienza quotidiana di analista di un’organizzazione sanitaria, di tracciare un quadro di quelli che sono secondo la mia esperienza le caratteristiche dell’organizzazione, quali i nodi sui quali è possibile far leva.

Per riprendere la tematica della “ricetta miracolosa”, penso alle varie occasioni nelle quali mi sono cimentata alla ricerca del modello organizzativo consono e ai vari tentativi di incastrare una realtà dentro alle maglie di un organigramma. Quando cerco di analizzare un’organizzazione e le sue disfunzioni cerco di immaginare quell’organigramma pieno di facce, è un esercizio interessante con il quale l’organigramma prende vita.
Infatti, i visi delle persone che ricoprono i vari ruoli, forniscono allo sterile disegno una connotazione umana e ci ricordano che l’organizzazione è una realtà essenzialmente virtuale. Trovo alquanto interessante come la nostra attenzione di uomini e donne delle società complesse, sia catturata dalla necessità di un’organizzazione migliore, ma cos’é l’organizzazione? In pratica non esiste è qualcosa di assolutamente “effimero”, eppure sempre più vive di vita propria come un essere che ha una sua connotazione sociale, storica. E’ una costruzione dettata dalle nostre esigenze di umani che necessitano di regole, norme, modelli, idee ai quali riferirsi per darsi un codice comune con il quale parlarsi, intendersi ed appunto organizzarsi; ma se l’organizzazione è una costruzione umana al fine di darsi delle regole riconosciute da tutti i componenti dell’organizzazione, al contrario sempre più è divenuta una costruzione a sé, staccata dagli esseri umani che la vivono che l’attraversano. L’organizzazione è sempre più un prodotto-soggetto piuttosto che uno strumento, qualcosa che si alimenta da sé e non uno strumento utile per. Gli obiettivi dell’organizzazione le finalità dell’organizzazione, spesso si perdono nei rivoli di norme statuti, modelli…
L’organizzazione è la rappresentazione della modalità umana di comunicare con un altro essere, di darsi una regola per insieme condividere un compito e raggiungere uno scopo. Se questo è vero i nostri progetti di riorganizzazione, di miglioramento dovrebbero tendere a investigare, se veramente un’organizzazione può rispondere meglio di un’altra a questo tipo di bisogno umano, oppure se risponde ad altre esigenze.
La domanda che mi pongo nell’affrontare un’organizzazione è se le facce dell’organigramma capiranno l’intervento o meno: potrà migliorare, rinsaldare il contratto stipulato tra loro per la definizione di norme e regole comuni? Quanto l’intervento organizzativo è risolutivo di un problema che colpisce l’organizzazione? Quest’ultima trovo sia la domanda cruciale al quale ogni analista onesto dovrebbe realisticamente rispondere.
Spesso un problema di leadership è risolto con una rimessa in discussione delle regole e delle norme. Il rimescolare le carte serve a nascondere il problema di fondo, spesso impossibile da risolvere. Allora l’organizzazione è chiamata in causa, smembrata studiata, stirata, allargata, condivisa, pur di non svelare il nodo reale.
L’organizzazione diviene il capro espiatorio di un processo difficile che dovrebbero compiere le persone, ma si sa è più facile spostare competenze, allargare ruoli, aggiungere caselle in uno schema di rapporti virtuale che nella realtà. Affrontare i reali problemi che un intervento organizzativo tenta di risolvere virtualmente, significa fare interventi sulle persone e con le persone, promuovere un nuovo contratto tra la gente, lavorare insieme e insieme trovare le nuove coordinate. E’ chi paga tutto questo? Chi si fa carico in un’organizzazione di sostenere un peso di tale portata? Peso non economico, ma essenzialmente relazionale e di conseguenza emotivo. Spostare una casella non implica una condivisione con la persona alla quale la casella è stata affidata, abbiamo spostato un numero un ruolo preciso nel quale abbiamo calcolato i benefici per la nostra rete virtuale di compiti e responsabilità. Chi coprirà il ruolo non ci importa con quale modalità potrà affrontare tutto ciò, non importa non siamo “analisti di emozioni”, siamo analisti di organizzazione, per definizione qualcosa di dato oggettivo e razionale. Allora mi chiedo quanto di razionale esiste oggi nelle nostre organizzazioni.

Un ulteriore problema che si pone a chi quotidianamente approccia l’organizzazione è il mantenimento delle regole. Come far si che un processo possa essere mantenuto vivo? Esistono tecniche sofisticate per individuare parametri, misuratori di un processo, per far si che l’organizzazione nuova di zecca non venga disattesa. Eppure non appena si volta la faccia verso nuovi orizzonti, i nostri processi assumono le caratteristiche di un’aiuola non potata. In questo senso si potrebbe introdurre un ulteriore metafora: la metafora del giardino. Il giardino può essere la metafora dell’organizzazione. Un giardino per essere apprezzabile deve essere progettato, le aiuole non possono accavallarsi le une sulle altre, i sentieri tracciati e lo spazio appropriato per ogni cosa, essendo esseri viventi che si sviluppano, un giardiniere che si rispetti terrà conto delle capacità di ogni pianta, oggi per il futuro. Cercherà di consentire lo sviluppo di ogni singola pianta secondo la propria necessità e caratteristica. Il giardiniere sa che non si potrà avere un giardino armonico senza avere pensato prima e valutato il carattere ed il peso di ogni singolo elemento del sistema che sta componendo.
Un posto per ognuno, nel rispetto di ciò che ognuno è.
Ulteriore problema per il giardiniere è il mantenimento dell’armonia, le piante si sa crescono si sviluppano e non sempre un ramo cresce nella direzione voluta o sperata, l’erba difficilmente capisce che non deve arrampicarsi su un arbusto strozzandolo, è come se ogni pianta pensasse per sé stessa. Pertanto, il compito dell’essere umano in un giardino, è quello di ristabilire le regole, continuamente, tosando, rasando, vangando, estirpando. Il giardiniere deve imporre allo sviluppo dei singoli l’armonia del sistema, facendosi carico delle singole piante e del loro sviluppo.
Questo è il suo compito.

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