BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 06/09/2004

IL CAMBIAMENTO ORGANIZZATIVO

di Giuseppina Grimaldi

La scienza dell'organizzazione da sempre ha preso in prestito immagini e metafore per studiare e raccontare un aspetto complesso della vita degli esseri umani. Organizzarsi e riorganizzarsi significa spesso dare corpo e struttura ad aspetti della vita delle persone, che sono meramente aspetti comunicativi e di relazione. Incastrare il comportamento umano all'interno di regole è stato quindi un compito arduo, così come individuare strumenti di analisi che ci facciano capire come agire, per rispondere ai cambiamenti necessari.

Oggi parlare di cambiamento organizzativo significa parlare della nostra quotidianità, fatta di strumenti veloci e di simultaneità dell'azione, i tempi di reazione agli eventi, siano essi lavorativi che di vita, non possono più essere quelli naturali, mediati dai tempi di ognuno, dalle emozioni, dall'intelligenza di ognuno, al contrario sono tempi ridotti, entro i quali il soggetto deve rispondere con performance brillanti. In questa realtà così complessa e veloce, il cambiamento organizzativo in qualsiasi realtà è sempre più un evento in continuo divenire, più che un evento ciclico. L'organizzazione intesa come struttura, cioè insieme di regole e ruoli che gestiscono il funzionamento delle organizzazioni, non riesce più a sopperire ai continui solleciti al cambiamento. L'organizzazione come struttura stabile rincorre sempre più il cambiamento e si adatta in ritardo a quelli che sono già realtà diverse.

Se è vero che i cambiamenti sono veloci e continui e che l'organizzazione come struttura si adatta con tempi di reazione più lenti, come possono le organizzazioni rispondere alle esigenze, alle sollecitazioni di un mondo in continuo divenire; come fanno a sopravvivere, pur non vivendo in equilibrio tra le istanze esterne e le interne?

Le risposte a queste domande si cercano altrove, non è possibile trovarle nell'organizzazione come struttura; questa modalità non consente di comprendere il comportamento degli esseri umani che popolano le organizzazioni. Per spiegare il cambiamento organizzativo e le modalità per gestirlo, si prendono in prestito paradigmi interpretativi delle scienze che studiano i sistemi viventi.

In questa prospettiva, le organizzazioni vengono esplorate considerandole e ponendole a confronto con i sistemi dissipativi. Il primo scienziato che comprese questi sistemi nella fisica e chimica fu Prigogine negli anni '60. Capì che i sistemi viventi vivono in condizioni di disequilibrio e ciò, invece che portarli alla distruzione, consente loro di evolversi in strutture sempre più . complesse I flussi di energia e materia che attraversano i sistemi, li conducono a un punto di biforcazione che è la soglia della stabilità precedente, il sistema ha davanti a sé la possibilità di scegliere di diventare un sistema più complesso e come lo farà dipenderà dalla sua storia. L'instabilità raggiunta, superato il punto di biforcazione, innesca anelli di retroazione, ogni punto del sistema è sollecitato al cambiamento e lo trasmette al successivo, l'ultimo elemento del sistema trasmette al primo elemento il suo cambiamento, sollecitando di fatto un nuovo anello di retroazione. Ciò avviene fino al prossimo punto di biforcazione. Pertanto, il sistema vivente spinto da una sollecitazione esterna è costretto a trovare nuovi equilibri sulla base di un'auto-organizzazione interna, fino a farlo evolvere radicalmente. Per mantenere l'equilibrio di questi sistemi è necessario immettere continuamente energia, perché è il catalizzatore dei sistemi di retroazione, i quali a loro volta fanno tendere il sistema all'equilibrio, pur nella sua instabilità.

Questa suggestiva immagine del funzionamento dei sistemi viventi è sempre più vista come una chiave di lettura dei sistemi organizzativi. Le strutture organizzative vengono continuamente attraversate da un flusso costante di informazioni ed eventi, che conducono l'organizzazione a trovare al suo interno le risposte per mantenere il proprio equilibrio. Le soluzioni necessarie a gestire l'instabilità devono trovarsi all'interno ed oggi la necessità degli studiosi è quella di individuare strumenti ed aree di intervento. Gli eventi attraversano l'organizzazione e innescano processi di cambiamento, che ricordano il punto di biforcazione di Prigogine, da quel momento l'organizzazione ricerca il proprio equilibrio attraverso una sollecitazione, che da individuo passa ad un altro. L'organizzazione non è più la stessa deve evolversi se vuole mantenere l'equilibrio.

Quali possono essere le leve per favorire il cambiamento o meglio per gestirlo ?

Secondo un ulteriore teoria detta La teoria Santiago di Maturana e Varala i processi organizzativi che attraversano i sistemi viventi sono processi cognitivi, quindi processi di conoscenza. Secondo tale teoria gli esseri viventi scambiano continue interazioni con l'ambiente e da queste interazioni apprendono e si adattano, cambiano pur mantenendo il proprio schema di organizzazione. Gli organismi nella propria evoluzione mantengono traccia dei processi evolutivi precedenti.

Come per la Teoria di Prigogine ogni sistema attinge alla sua storia per porre mano al caos, attingere alle conoscenze disponibili e il primo punto da considerare. Partire da ciò che si conosce. Se si sceglie di guardare l'organizzazione come ad un sistema vivente, i due paradigmi descritti ci suggeriscono diverse soluzioni.

In questa nuova interpretazione la conoscenza nelle organizzazioni diventa il nodo che guida la ricerca di stabilità, attingere alle diverse modalità con le quali si è risposto in passato alle sollecitazioni esterne, per individuare nuove soluzioni, sulla base dell'esperienza precedente. Se la conoscenza è una parte importante per innescare e dirigere i cambiamenti e gli adattamenti, è anche vero che gli organismi viventi scelgono di essere sollecitati dagli stimoli esterni, i sistemi hanno la libertà di scegliere da cosa farsi suggestionare. Utilizzando questi modelli di interpretazione è necessario riprendere e trovare un posto alla struttura organizzativa. Che posizione assume la struttura organizzativa in questa realtà in continuo divenire, attraversata da processi vitali continui e che per sopravvivere ha bisogno di autogenerarsi.

Di certo il flusso vitale che attraversa le organizzazioni si scontra con la staticità dei suoi apparati; regole e norme sono necessarie, ma rischiano anche di perdere e incastrare il necessario fluire delle idee. La struttura è l'apparato che fissa le regole e i ruoli e per definizione deve essere stabile, per assolvere il suo ruolo di regolare e sistematizzare i comportamenti. La struttura al suo interno ha il compito di regolare le ricorrenze, dare significato e sistematizzare le operazioni, attività che si articolano nel sistema organizzativo.

Al contrario, l'esigenza che sembra manifestarsi sempre più chiaramente è che, la realtà oggi ha necessità di andare al di fuori della conoscenza gestita nella propria unità organizzativa, la conoscenza è oggi distribuita e di proprietà delle persone. Esiste una consistente parte della conoscenza delle organizzazioni che è conoscenza chiaramente riconoscibile, gestita, riconosciuta e parte integrante della cultura organizzativa. Al contrario esiste una parte consistente di cultura aziendale implicita, non codificata e di proprietà dei singoli, difficilmente condivisibile, se non stimolata la necessità di porre a fattor comune questo bene sociale. Il condividere la conoscenza può essere il fattore di successo delle organizzazioni in continuo cambiamento, perché ne rappresentano lo strumento di adattamento cognitivo alla realtà in continua evoluzione.

Se ciò è vero assume un risvolto interessante: è proprio l'instabilità che produce innovazione, perché è nel punto di equilibrio superiore che si trova l'innovazione. L'instabilità sembra essere il pre-requisito dell'innovazione. Il futuro sarà sempre più aperto all'instabilità, se continuerà ad essere elevato il livello dello scambio. In questa prospettiva, quale potrà essere il ruolo del management ? Probabilmente sarà quello di gestire le emergenze e di supportare la struttura per renderla più aperta e flessibile agli scambi con l'esterno, incoraggiare e sostenere l'emersione della conoscenza dei singoli, perché possa divenire patrimonio comune. Questa prospettiva mette in seria discussione la leadership del management e il concetto di potere, le organizzazioni hanno sempre più bisogno di porre in relazione le persone, per consentire lo scambio che risulta essere lo strumento di adattamento alla realtà in divenire; pertanto il management deve condividere le conoscenze stimolare gli scambi e sostenerli. Il management del futuro dovrà competere con l'emergenza e nell'affrontarla sarà determinante la capacità dei sistemi di tradurre il sapere individuale, in sapere organizzativo e disporre/mettere a punto un quadro concettuale e di praxi che tenga conto dei sistemi cognitivi diversi.


Fritjof Capra, La rete della vita , Rizzoli, 2001.

Fritjof Capra, La scienza della vita , Rizzoli, 2002.

Franco Rebuffo, Editoriale, Sistemi & Impresa , luglio/agosto 2003.

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