CONTRO IL MONOPOLIO DEI BREVETTI
di Paolo Roberto Imperiali
1) L'interesse di brevettare
e' di chi ha sviluppato l'invenzione. Chi non ha sviluppato l'invenzione ha
interesse di usare l'invenzione senza che questa venga brevettata. In questo
caso infatti non deve pagare le royalties al possessore del brevetto.
2) In un mercato mondiale composto da paesi o gruppi di paesi alcuni dei quali
hanno sviluppato piu' brevetti di altri, e' interesse dei paesi detentori
di piu' brevetti che questi vengano riconosciuti. Possiamo dire che in questo
caso l'interesse alla brevettazione e' direttamente proporzionale alla percentuale
di brevetti che un gruppo possiede rispetto agli altri gruppi.
Infatti tanto piu' la percentuale di brevetti e' alta in un gruppo di paesi
rispetto ad altri, tanto piu' sara' alta la quota di mercato che questi paesi
potranno avere per quei prodotti nel mercato complessivo.
3) Poiche' i brevetti sono il risultato di un processo tecnologico possiamo
ancora dire che la quota del mercato per i paesi possessori di brevetti e'
in funzione del loro sviluppo tecnologico.
4) Facendo l'esempio di un mercato globale diviso in due gruppi, uno con il
massimo di sviluppo tecnologico e l'altro con sviluppo pari a zero nell'ipotesi
ancora che tutti i prodotti che vengono consumati possono essere brevettati,
avremmo il caso in cui il gruppo possessore dei brevetti vivrebbe: di royalties,
dell'aumento di prezzo che deriva dalla sua posizione di monopolista per quei
prodotti e non di lavoro; mentre l'altro per vivere dovrebbe lavorare senza
avere nessuna rendita.
5) Sempre in questa situazione quindi non e' interesse del gruppo senza brevetti
di riconoscere i brevetti dell'altro perche' accetterebbe l'idea che per vivere
deve:
a) solo lavorare,
b) alle condizioni del gruppo detentore dei brevetti, che si troverebbe in
una situazione di monopolio.
6) Quindi l'interesse del gruppo che non detiene brevetti o che ne detiene
meno e' quello di non riconoscere il valore dei brevetti fino a quando la
sua capacita' tecnologica non abbia raggiunto la capacita' dell'altro.
E' quello che e' successo con il Giappone il quale giustamente per lunghi
decenni non ha riconosciuto i brevetti del resto del mondo e quindi ha usato
le invenzioni degli altri copiandole fino a quando il suo sviluppo tecnologico
non lo ha portato ad una capacita' brevettuale pari o addirittura superiore
agli altri paesi. A questo punto si e' affrettato a riconoscere la validita'
legale dei brevetti.
7) Possiamo ancora dire che all'interno di un paese a minore sviluppo tecnologico
saranno le aziende piu' avanzate che chiederanno il riconoscimento della brevettazione
perche' questo consente loro di affermare le loro invenzioni sul mercato mondiale.
Ma non e' interesse del paese nel suo insieme di riconoscere i brevetti perche'
farebbe gli interessi di una minoranza o di una elite al proprio interno a
detrimento di tutti gli altri.
8) Per quanto sopra nel caso di un nuovo settore merceologico (es. Biotecnologia)
e' interesse del paese o del gruppo di paesi meno progrediti di non riconoscere
i brevetti in quel settore fino a quando non avra' raggiunto la capacita'
tecnologica degli altri.
9) La pressione all'interno dei paesi meno progrediti in un certo settore
merceologico ad accettarne la brevettabilita' deriva quindi dall'interesse
di una minoranza di industrie (probabilmente le piu' importanti) che spingono
il governo ad un riconoscimento che non fa l'interesse del paese.
10) E' evidente ancora che i paesi piu' progrediti in un certo settore faranno
pressione affinche' i paesi meno progrediti accettino la brevettabilita' di
quel settore. Per far cio' i paesi piu' progrediti possono ricattare o promettere
ai paesi meno progrediti. Si crea quindi un tavolo di trattativa dove i paesi
meno progrediti devono sapere chiaro e forte che accettando la brevettabilita'
di certi settori creano un danno a se' stessi.
11) In un mercato globale d'altronde non e' piu' vero che non riconoscendo
la brevettabilita' in un certo settore non si sviluppa quel settore e si crea
quindi una dipendenza tecnologica. Ho fatto prima l'esempio del Giappone che
proprio per non rafforzare una dipendenza tecnologica per lungo tempo ha copiato
senza riconoscere i brevetti fino a mettersi al passo con chi era piu' avanti
di lui.
12) Ma comunque nel mercato globale le imprese di un paese che non ha riconosciuto
i brevetti in un certo settore tecnologico possono sviluppare, data la libera
circolazione dei capitali, la loro attivita' in qualsiasi parte del mondo,
sia direttamente, sia unendosi finanziariamente a gruppi che tale sviluppo
gia' hanno. E anche in questo caso saranno piu' favorite se hanno sviluppato
la loro posizione nel mercato avendo usato la tecnologia sviluppata da altri
senza aver pagato diritti perche', come gia' detto, saranno rafforzate finanziariamente.
E se alcune aziende all'interno dei paesi meno progrediti hanno sviluppato
delle tecnologie che sarebbe per loro utile brevettare possono tranquillamente
brevettarle nei paesi che riconoscono i brevetti.
13) E' chiaro che cosi' facendo si assicurano una parte soltanto del mercato
mondiale, cosi' come tutte le altre aziende dello stesso settore, con esclusione
cioe' del proprio paese e dei paesi dove tali brevetti non vengono riconosciuti
ma:
- saranno almeno alla pari delle altre aziende,
- non avranno costretto inutilmente il proprio paese ad indebitarsi verso
i paesi che riconoscono i brevetti solo per favorire loro stesse.
14) E' vero che la possibilita' di brevettare e' uno stimolo per la ricerca,
ma per la ricerca privata, non per quella pubblica, e quella pubblica puo'
essere incentivata con dei finanziamenti pubblici non portando un intero paese,
tramite l'accettazione della brevettazione, in una situazione di dipendenza
verso altri.
15) Se da considerazioni teoriche si passa ora a dati reali, si vede che la
maggior parte dei brevetti o diritti di proprieta' intellettuale e' in possesso
di ditte USA.
Ed in particolare nel campo delle biotecnologie le ditte USA hanno gia' una
quantita' di brevetti molto maggiore delle ditte Europee e questo spiega l'insistenza
degli USA a che si accetti il principio brevettuale. Data questa disparita,
perche' mai l'Europa dovrebbe accettare questa supremazia tecnologica che
e' tale solo nel momento in cui viene riconosciuto il valore giuridico dei
brevetti?
Nel linguaggio ordinario questo si chiama "darsi la zappa sui piedi".
16) Questa disparita' significa ancora che a parita' di quantita' di lavoro
la ricchezza media procapite tendera' a spostarsi verso i paesi che hanno
una percentale di brevetti superiore.
Il rapporto tra quantita' di brevetti dei diversi paesi o gruppi di paesi
puo' essere considerato un indicatore della velocita' di trasferimento della
ricchezza da un paese o gruppo di paesi all'altro.
Nei limiti in cui si considera la ricchezza complessiva un bene finito e'
evidente che dopo un certo tempo tutta la ricchezza relativa a beni brevettabili
si sara' trasferita ai paesi possessori di brevetti.
L'unica ricchezza che non si sara' trasferita sara' quella relativa a beni
non brevettati.
Sara' quindi interesse del paese (o gruppo di paesi) piu' avanzati tecnologicamente
di estendere il principio della brevettabilita' (o dei diritti di proprieta'
intellettuale) il piu' possibile (possibilente su tutto).
17) Questo naturalmente
portera' ad una divisione sempre maggiore del mondo globalizzato (cioe' senza
limiti alla penetrazione economica) tra paesi ricchi e paesi poveri.
Se poi si considera che i detentori di brevetti non sono gli stati in quanto
tali ma gli individui o le aziende che all'interno degli stati sono titolari
di brevetti si vede che la ricchezza, mano mano che i limiti al suo trasferimento
(WTO) saranno completamente caduti, sara' diretta verso di loro.
Si creera' quindi una societa' mondiale che sara' divisa tra chi detiene i
brevetti e chi non, cioe' chi vive di rendita' e chi di lavoro, ricreando
su scala mondiale una divisione di classi.
Naturalmente questa divisione di classi sara' foriera di tensioni sociali
globali sempre piu' forti.
18) Si deve prendere
coscienza delle conseguenze del meccanismo che coinvolge tutti e certamente
di piu' le classi povere, ma che partendo dal basso, erode la ricchezza di
tutti gli strati sociali alzando sempre di piu' il livello di poverta', concentrando
la ricchezza in mani sempre piu' ristrette.
Per questo e soprattutto adesso che cascano le ultime barriere protezioniste,
occorre opporsi o almeno ridimensionare i meccanismi economici della brevettazione.
19) Ad esempio: riconoscere
il diritto alla royalty al detentore del brevetto, ma autorizzando chiunque
alla produzione del bene, come già succede in campo musicale.
Questo consentirebbe di retribuire l'investimento fatto per brevettare ma
evita che chi produce, usando in esclusiva il brevetto, si trovi in una posizione
monopolista per quel prodotto.
In altre parole il brevetto deve dare diritto a delle royalties non ad una
esclusiva sul prodotto.
La royalty è legale, la posizione monopolista è illegale.
Questo eviterebbe anche i casi in cui un'azienda che detiene un brevetto non
lo utilizzi e quindi non venda il prodotto per proprie ragioni di mercato
con grave danno dei consumatori (v. farmaci brevettati ma non venduti). (Fra
l'altro in questo caso potrebbe essere configurabile il reato di aggiottaggio.)
Oppure, se si vuole lasciare l'esclusiva di produzione al detentore del brevetto,
il prezzo di vendita deve essere definito dallo Stato in base ad una "valutazione
di congruita'" usando le regole contabili della determinazione del prezzo
che lo stato gia' usa per gli acquisti pubblici a trattativa privata.
Fermo restando il diritto dello Stato di ricorrere a produttori alternativi,
se l'offerta non e' sufficiente a soddisfare la domanda, o se il processo
della determinazione del prezzo supera un certo lasso di tempo.
Nel caso di un prodotto fabbricato all'estero, l'antitrust deve evidentemente
avere i mezzi necessari per salvaguardare il principio.