BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 08/04/2002

CONTRO IL MONOPOLIO DEI BREVETTI

di Paolo Roberto Imperiali

1) L'interesse di brevettare e' di chi ha sviluppato l'invenzione. Chi non ha sviluppato l'invenzione ha interesse di usare l'invenzione senza che questa venga brevettata. In questo caso infatti non deve pagare le royalties al possessore del brevetto.

2) In un mercato mondiale composto da paesi o gruppi di paesi alcuni dei quali hanno sviluppato piu' brevetti di altri, e' interesse dei paesi detentori di piu' brevetti che questi vengano riconosciuti. Possiamo dire che in questo caso l'interesse alla brevettazione e' direttamente proporzionale alla percentuale di brevetti che un gruppo possiede rispetto agli altri gruppi.
Infatti tanto piu' la percentuale di brevetti e' alta in un gruppo di paesi rispetto ad altri, tanto piu' sara' alta la quota di mercato che questi paesi potranno avere per quei prodotti nel mercato complessivo.

3) Poiche' i brevetti sono il risultato di un processo tecnologico possiamo ancora dire che la quota del mercato per i paesi possessori di brevetti e' in funzione del loro sviluppo tecnologico.

4) Facendo l'esempio di un mercato globale diviso in due gruppi, uno con il massimo di sviluppo tecnologico e l'altro con sviluppo pari a zero nell'ipotesi ancora che tutti i prodotti che vengono consumati possono essere brevettati, avremmo il caso in cui il gruppo possessore dei brevetti vivrebbe: di royalties, dell'aumento di prezzo che deriva dalla sua posizione di monopolista per quei prodotti e non di lavoro; mentre l'altro per vivere dovrebbe lavorare senza avere nessuna rendita.

5) Sempre in questa situazione quindi non e' interesse del gruppo senza brevetti di riconoscere i brevetti dell'altro perche' accetterebbe l'idea che per vivere deve:

a) solo lavorare,
b) alle condizioni del gruppo detentore dei brevetti, che si troverebbe in una situazione di monopolio.

6) Quindi l'interesse del gruppo che non detiene brevetti o che ne detiene meno e' quello di non riconoscere il valore dei brevetti fino a quando la sua capacita' tecnologica non abbia raggiunto la capacita' dell'altro.
E' quello che e' successo con il Giappone il quale giustamente per lunghi decenni non ha riconosciuto i brevetti del resto del mondo e quindi ha usato le invenzioni degli altri copiandole fino a quando il suo sviluppo tecnologico non lo ha portato ad una capacita' brevettuale pari o addirittura superiore agli altri paesi. A questo punto si e' affrettato a riconoscere la validita' legale dei brevetti.

7) Possiamo ancora dire che all'interno di un paese a minore sviluppo tecnologico saranno le aziende piu' avanzate che chiederanno il riconoscimento della brevettazione perche' questo consente loro di affermare le loro invenzioni sul mercato mondiale. Ma non e' interesse del paese nel suo insieme di riconoscere i brevetti perche' farebbe gli interessi di una minoranza o di una elite al proprio interno a detrimento di tutti gli altri.

8) Per quanto sopra nel caso di un nuovo settore merceologico (es. Biotecnologia) e' interesse del paese o del gruppo di paesi meno progrediti di non riconoscere i brevetti in quel settore fino a quando non avra' raggiunto la capacita' tecnologica degli altri.

9) La pressione all'interno dei paesi meno progrediti in un certo settore merceologico ad accettarne la brevettabilita' deriva quindi dall'interesse di una minoranza di industrie (probabilmente le piu' importanti) che spingono il governo ad un riconoscimento che non fa l'interesse del paese.

10) E' evidente ancora che i paesi piu' progrediti in un certo settore faranno pressione affinche' i paesi meno progrediti accettino la brevettabilita' di quel settore. Per far cio' i paesi piu' progrediti possono ricattare o promettere ai paesi meno progrediti. Si crea quindi un tavolo di trattativa dove i paesi meno progrediti devono sapere chiaro e forte che accettando la brevettabilita' di certi settori creano un danno a se' stessi.

11) In un mercato globale d'altronde non e' piu' vero che non riconoscendo la brevettabilita' in un certo settore non si sviluppa quel settore e si crea quindi una dipendenza tecnologica. Ho fatto prima l'esempio del Giappone che proprio per non rafforzare una dipendenza tecnologica per lungo tempo ha copiato senza riconoscere i brevetti fino a mettersi al passo con chi era piu' avanti di lui.

12) Ma comunque nel mercato globale le imprese di un paese che non ha riconosciuto i brevetti in un certo settore tecnologico possono sviluppare, data la libera circolazione dei capitali, la loro attivita' in qualsiasi parte del mondo, sia direttamente, sia unendosi finanziariamente a gruppi che tale sviluppo gia' hanno. E anche in questo caso saranno piu' favorite se hanno sviluppato la loro posizione nel mercato avendo usato la tecnologia sviluppata da altri senza aver pagato diritti perche', come gia' detto, saranno rafforzate finanziariamente. E se alcune aziende all'interno dei paesi meno progrediti hanno sviluppato delle tecnologie che sarebbe per loro utile brevettare possono tranquillamente brevettarle nei paesi che riconoscono i brevetti.

13) E' chiaro che cosi' facendo si assicurano una parte soltanto del mercato mondiale, cosi' come tutte le altre aziende dello stesso settore, con esclusione cioe' del proprio paese e dei paesi dove tali brevetti non vengono riconosciuti ma:

- saranno almeno alla pari delle altre aziende,
- non avranno costretto inutilmente il proprio paese ad indebitarsi verso i paesi che riconoscono i brevetti solo per favorire loro stesse.

14) E' vero che la possibilita' di brevettare e' uno stimolo per la ricerca, ma per la ricerca privata, non per quella pubblica, e quella pubblica puo' essere incentivata con dei finanziamenti pubblici non portando un intero paese, tramite l'accettazione della brevettazione, in una situazione di dipendenza verso altri.

15) Se da considerazioni teoriche si passa ora a dati reali, si vede che la maggior parte dei brevetti o diritti di proprieta' intellettuale e' in possesso di ditte USA.
Ed in particolare nel campo delle biotecnologie le ditte USA hanno gia' una quantita' di brevetti molto maggiore delle ditte Europee e questo spiega l'insistenza degli USA a che si accetti il principio brevettuale. Data questa disparita, perche' mai l'Europa dovrebbe accettare questa supremazia tecnologica che e' tale solo nel momento in cui viene riconosciuto il valore giuridico dei brevetti?
Nel linguaggio ordinario questo si chiama "darsi la zappa sui piedi".

16) Questa disparita' significa ancora che a parita' di quantita' di lavoro la ricchezza media procapite tendera' a spostarsi verso i paesi che hanno una percentale di brevetti superiore.
Il rapporto tra quantita' di brevetti dei diversi paesi o gruppi di paesi puo' essere considerato un indicatore della velocita' di trasferimento della ricchezza da un paese o gruppo di paesi all'altro.

Nei limiti in cui si considera la ricchezza complessiva un bene finito e' evidente che dopo un certo tempo tutta la ricchezza relativa a beni brevettabili si sara' trasferita ai paesi possessori di brevetti.
L'unica ricchezza che non si sara' trasferita sara' quella relativa a beni non brevettati.
Sara' quindi interesse del paese (o gruppo di paesi) piu' avanzati tecnologicamente di estendere il principio della brevettabilita' (o dei diritti di proprieta' intellettuale) il piu' possibile (possibilente su tutto).

17) Questo naturalmente portera' ad una divisione sempre maggiore del mondo globalizzato (cioe' senza limiti alla penetrazione economica) tra paesi ricchi e paesi poveri.
Se poi si considera che i detentori di brevetti non sono gli stati in quanto tali ma gli individui o le aziende che all'interno degli stati sono titolari di brevetti si vede che la ricchezza, mano mano che i limiti al suo trasferimento (WTO) saranno completamente caduti, sara' diretta verso di loro.
Si creera' quindi una societa' mondiale che sara' divisa tra chi detiene i brevetti e chi non, cioe' chi vive di rendita' e chi di lavoro, ricreando su scala mondiale una divisione di classi.
Naturalmente questa divisione di classi sara' foriera di tensioni sociali globali sempre piu' forti.

18) Si deve prendere coscienza delle conseguenze del meccanismo che coinvolge tutti e certamente di piu' le classi povere, ma che partendo dal basso, erode la ricchezza di tutti gli strati sociali alzando sempre di piu' il livello di poverta', concentrando la ricchezza in mani sempre piu' ristrette.
Per questo e soprattutto adesso che cascano le ultime barriere protezioniste, occorre opporsi o almeno ridimensionare i meccanismi economici della brevettazione.

19) Ad esempio: riconoscere il diritto alla royalty al detentore del brevetto, ma autorizzando chiunque alla produzione del bene, come già succede in campo musicale.
Questo consentirebbe di retribuire l'investimento fatto per brevettare ma evita che chi produce, usando in esclusiva il brevetto, si trovi in una posizione monopolista per quel prodotto.
In altre parole il brevetto deve dare diritto a delle royalties non ad una esclusiva sul prodotto.
La royalty è legale, la posizione monopolista è illegale.
Questo eviterebbe anche i casi in cui un'azienda che detiene un brevetto non lo utilizzi e quindi non venda il prodotto per proprie ragioni di mercato con grave danno dei consumatori (v. farmaci brevettati ma non venduti). (Fra l'altro in questo caso potrebbe essere configurabile il reato di aggiottaggio.)
Oppure, se si vuole lasciare l'esclusiva di produzione al detentore del brevetto, il prezzo di vendita deve essere definito dallo Stato in base ad una "valutazione di congruita'" usando le regole contabili della determinazione del prezzo che lo stato gia' usa per gli acquisti pubblici a trattativa privata.

Fermo restando il diritto dello Stato di ricorrere a produttori alternativi, se l'offerta non e' sufficiente a soddisfare la domanda, o se il processo della determinazione del prezzo supera un certo lasso di tempo.

Nel caso di un prodotto fabbricato all'estero, l'antitrust deve evidentemente avere i mezzi necessari per salvaguardare il principio.

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