BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 07/07/2008

 

COSA INSEGNA LA GUERRA A CHI SI OCCUPA DI RISORSE UMANE

di Giovanni Ingrosso

Può la guerra esser un soggetto di studio interessante per una comunità di  studiosi di organizzazione e di questioni relative a quelle che si usa chiamare HR, cioè Risorse Umane?
Io credo di sì, perché essa è un fenomeno estremo che, quando esplode permea di se tutta la società, ed essa viene condotta diversamente a seconda dei caratteri fondamentali delle società stesse, dei loro stili di vita, e delle variabili socio-tecniche che le caratterizzano, e, con buona pace degli Stranamore appassionati di tecnologia, essa è essenzialmente e fondamentalmente fatta dagli uomini (non sempre solo dai maschi), sono due i fattori che fanno vincere la guerra, l’organizzazione delle forze e la motivazione dei combattenti.
Quindi  “vincere” è un problema da HR.
Ma non solo dice Robert Greene la prefazione al suo libro The 33 Strategies of War (1) che la nostra società, così fortemente competitiva ci fa vivere in uno stato di guerra permanente, ma ipocritamente , nega tale conflitto, disabituandoci così ad affrontare le battaglie quotidiane,  non insegnandoci a pensare in modo strategico
Nello scrivere questo saggio (2) io pensavo più o meno a questo, mi sono domandato se la gente comune, al di sopra del rumore di fondo che la cattiva stampa solleva sulle questioni internazionali, senza spiegarne i retroscena reali, si renda conto di cosa sia, di come nasca di come si sviluppi ogni evento bellico, ho cercato quindi di dare delle spiegazioni, sperando che questo servisse a stimolare idee un po’ meno confuse sulla realtà che ci circonda e che incombe,e cercando di diradare alcune leggende che hanno condizionato il nostro passato e quindi la nostra vita.
Al principio di tutto “L’ Occidente “  c’è un popolo di origine indoeuropea, che vive nella montagnosa e contemporaneamente marina penisola dell’Ellade (Ellas), esso sintetizza un forma di pensiero lineare, un modello di mondo che talmente vorrebbe essere  perfetto da agognare una perfezione che esiste solo nel mondo delle idee l’ Episteme platonica.
Gli abitanti di questa terra sono contadini e artigiani, hanno un tale amore e fierezza per la loro libertà da non accettare nessun padrone, da non accettare che nessuno straniero cammini sulle terre delle loro repubbliche urbane Polis.
Ma hanno poco tempo per la guerra e come pensa Victor Hanson, inventano una macchina da combattimento, di facile uso e di formidabile efficacia ed efficienza, “la falange politica” un quadrato di uomini disposti per file .. e .. colonne, per vincere non occorre l’abilità combattiva del Pelide Achille , relegato nel passato mitico, basta la coesione, quella che i cittadini della Poleis hanno perché si sentono fra loro uguali. Essa condizionerà la storia delle armate occidentali, ricomparendo, dopo il medio evo dei cavalieri, sui campi di battaglia, di Nancy e Morat e poi sarà il mezzo degli eserciti dei nuovi stati nazione, che hanno nella loro levatrice la guerra dei trent’anni, per affermare il loro dominio sull’Europa.
La guerra moderna nasce con gli stati nazione, al punto che Charles Tilly scrisse “La guerra fece lo Stato e lo Stato fece la guerra”. Quando gli stati feudali divennero stati ,  grazie alla riforma protestante e all’affermarsi del pensiero scientifico, risolsero la questione del conflitto di potere con il dominio temporale dei papi, dovettero fare i conti con un’esigenza di carattere economico /identitario: uno Stato Nazione alle sue origini è un’entità politica uniforme , dal punto di vista etnico culturale, distribuita su di un territorio delimitato in genere da barriere geografiche, che ha un’economia in grado di mantenere una popolazione, prevalentemente in modo diretto con la propria produzione ed indirettamente scambiando  proprie risorse con stai nazione vicini.
Spesso e volentieri, quando non riesce a fare una di queste due cose, per scelta politica o per fattori imponderabili, lo stato nazione si orienta alla conquista di risorse vicine ed può entrare in conflitto con un altro stato nazione.
A partire dall’invenzione della polvere da sparo fare questo diventa molto costoso,  da agognare una perfezione che esiste solo nel mondo delle idee l’ Episteme platonica.
Gli abitanti di questa terra sono contadini e artigiani, hanno un tale amore e fierezza per la loro libertà da non accettare nessun padrone, da non accettare che nessuno straniero cammini sulle terre delle loro repubbliche urbane Polis.
Ma hanno poco tempo per la guerra e come pensa Victor Hanson, inventano una macchina da combattimento, di facile uso e di formidabile efficacia ed efficienza, “la falange politica” un quadrato di uomini disposti per file .. e .. colonne, per vincere non occorre l’abilità combattiva del Pelide Achille , relegato nel passato mitico, basta la coesione, quella che i cittadini della Poleis hanno perché si sentono fra loro uguali. Essa condizionerà la storia delle armate occidentali, ricomparendo , dopo il medio evo dei cavalieri, sui campi di battaglia, di Nancy e Morat e poi sarà il mezzo degli eserciti dei nuovi stati nazione, che hanno nella loro levatrice la guerra dei trent’anni, per affermare il loro dominio sull’Europa.
La guerra moderna nasce con gli stati nazione, al punto che Charles Tilly scrisse “La guerra fece lo Stato e lo Stato fece la guerra”. Quando gli stati feudali divennero stati ,  grazie alla riforma protestante e all’affermarsi del pensiero scientifico, risolsero la questione del conflitto di potere con il dominio temporale dei papi, dovettero fare i conti con un’esigenza di carattere economico /identitario: uno Stato Nazione alle sue origini è un’entità politica uniforme , dal punto di vista etnico culturale, distribuita su di un territorio delimitato in genere da barriere geografiche, che ha un’economia in grado di mantenere una popolazione, prevalentemente in modo diretto con la propria produzione ed indirettamente scambiando  proprie risorse con stai nazione vicini.
Spesso e volentieri, quando non riesce a fare una di queste due cose, per scelta politica o per fattori imponderabili, lo stato nazione si orienta alla conquista di risorse vicine ed può entrare in conflitto con un altro stato nazione.
A partire dall’invenzione della polvere da sparo fare questo diventa molto costoso, bisogna quindi contare su risorse finanziarie ed organizzative stabili, di qui nascono le tasse le strutture burocratiche.
La guerra dunque crea un apparato, una struttura che spesso è anche sovrastruttura , nel senso Gramsciano, un complesso militar-industriale, che finisce per condizionare la strategia e forse persino la politica. A questa sovrastruttura si intreccia la visione del mondo Platonico-Aristotelico–Hegheliana,  che caratterizza l’occidente, che pone l’individuo (l’io) al centro di un mondo lineare, ed armonicamente organizzato secondo un modello di perfezione astratto.
Questa visione sarà la chiave del successo delle nazioni imperialiste, nel corso dell’era moderna, ma sarà anche, all’apparire della crisi della post-modernità, un ostacolo ed un fattore di debolezza, allor ché le western civilization si troveranno a fronteggiare i popoli ex colonizzati, che si sono emancipati dai complessi di inferiorità verso un dominatore che essi hanno visto sconfitto ed indebolito proprio da una guerra, la più terribile della storia, che egli stesso ha scatenato.
L’equilibrio del terrore, sostituirà nell’era atomica, il sanguinoso scontro fra nazioni imperialiste , che ha caratterizzato il secolo breve, ma all’alba di un nuovo mondo , globalizzato e multipolare, in cui il ricatto atomico ha perso di forza, perché evidentemente impraticabile nella realtà, la morte della linearità ( o la sua perdita di credibilità) , il trionfo del Caos, la diffusione della rete, quale parabola rappresentativa del mondo, aprono anche alla guerra nuovi orizzonti.
Non più stati nazione, o non più solo loro, ma coalizioni a geometria variabile, guerre virtuali, conflitti senza fronte. Il mondo globalizzato con la sua marcia a rullo compressore sulle certezze dei confini rassicuranti e sulle paure di perdere la propria identità, scatena nuove guerre , guerre per l’inclusione, guerre per non perdere quelle certezze che il vecchio mondo aveva a lungo conservato.
Chi sopravvive è però l’apparato, la sovrastruttura bellico industriale, che troppi privilegi si è assicurata , per rinunciare ad un che la notte incombente di un mondo incerto e magmatico, rischia di scatenare in giro per il globo.


1 - Robert Greene (with Joost Elffers), The 33 Strategies of War, Penguin 2006; trad. it. Le trentatré strategie della guerra, Baldini Castoldi Dalai, 2006.

2 - Giovanni Ingrosso, I volti del dio della guerra, Iuculano, Pavia 2008.

Pagina precedente

Indice dei contributi