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Pubblicato in data: 28/01/2002

Cattivi & Maestri n° 8

Attraverso il conflitto

di Nicola Gaiarin & Gianfrancesco Prandato

Apocalypse Now, 1979. Di Francis Ford Coppola, con M. Sheen, M. Brando, R. Duvall.

Saigon, Vietnam. Al capitano Willard (Sheen) viene affidata una missione segreta: deve sconfinare in territorio cambogiano, risalendo il fiume Nhung, per scovare il colonnello Kurtz (Brando), un berretto verde che ha disertato e intrapreso una guerra personale. A capo di un banda di irregolari e fuoriusciti ha creato un regno fondato sul proprio prestigio personale e sul terrore che incute ai nemici. Willard dovrà entrare in contatto con lui e porre fine al delirio di onnipotenza dell'ufficiale. In altre parole, Kurtz deve morire. Il viaggio verso il covo del colonnello è costellato da imprevisti e deviazioni. Personaggi irreali scandiscono la lenta discesa lungo il fiume.

Su Apocalypse now sono state scritte migliaia di pagine. Un film fluviale che ha generato fiumi di commenti e interpretazioni. Eppure si tratta, in un certo senso, di un film senza parole, in cui al dialogo si sostituisce l'allucinazione. L'immagine, il montaggio, la fotografia, il commento sonoro trasformano la visione in un'esperienza sensoriale estrema. Il flusso di coscienza lascia scorrere il linguaggio come un lungo delirio. Unico protagonista fisso è il fiume, spirale che porta Willard nel cuore nero della sporca guerra e nel buio dell'anima di Kurtz. La matrice testuale che genera il film è, naturalmente, Cuore di tenebra di Joseph Conrad, ma i riferimenti culturali espliciti si accumulano (T.S. Eliot, Il Ramo d'oro di Frazer) creando un intreccio di simboli che raddoppia la carica delle immagini.

L'inizio del film fa ormai parte della storia del cinema. Inquadratura fissa sulla foresta, in mezzo al fumo gli elicotteri volteggiano al ralenti. In sottofondo The End, dei Doors. La voce di Jim Morrison parte mentre il napalm squarcia lo schermo, alzandosi in lingue di fuoco. Lenta carrellata a destra e il volto allucinato di Willard appare in sovrimpressione.

- Saigon, shit.

Saigon, merda, è la prima battuta di Willard. Il Vietnam è una guerra già persa, in cui il nemico è solo uno specchio che riflette l'immagine distorta dell'America. E proprio di fronte a uno specchio Willard si osserva, mentre, nudo e ubriaco, ripete lentamente una serie di colpi di Karate.

- Tutti ottengono tutto quello che vogliono. Io volevo una missione e per i miei peccati me ne hanno data una. Era una missione davvero eccezionale e quando la portai a termine, non ne avrei mai più voluta un'altra.

Willard ha già lavorato per la CIA, svolgendo incarichi sporchi dietro le linee nemiche. Ora, però, deve andare a caccia di un individuo davvero fuori dal comune.

- Ora Kurtz è passato in Cambogia con un suo esercito di montanari vietnamiti che lo segue e lo venera, come fosse un dio. E obbedisce a ogni suo ordine, anche se assurdo.

Kurtz ha distorto l'autorità militare per metterla al servizio delle proprie aspirazioni. Ma in questo modo ha anche messo a nudo il rovescio delle logiche e degli interessi bellici. Alla fine ogni guerra si riduce a una guerra personale e l'autorità si confonde con l'efficacia senza mediazioni di un prestigio che sfuma nel sovrannaturale. Il potere di Kurtz è di natura simbolica, intangibile. La logica lineare degli interessi militari non può accettare questo sconfinamento nell'irrazionale, nel fondo oscuro del potere carismatico. Perciò Willard riceve il suo incarico:

- Quando trova il colonnello dovrà infiltrarsi nel suo gruppo con qualsiasi mezzo disponibile e porre fine al suo comando.
- Porre fine al colonnello? Chiede Willard.
Un ufficiale chiarisce la natura segreta della missione.
- Lei si rende conto, capitano, che questa missione non esiste, ne esisterà mai.
La scelta è automatica, non ci sono alternative:
- Accettai la missione. Che altro diavolo avrei potuto fare? Ma in realtà non sapevo che cosa avrei fatto quando l'avrei trovato.

Gli indizi forniti a Willard sono contraddittori e contribuiscono a sfumare i contorni di Kurtz e a rendere più inquietante la sua decisione di porsi fuori dalla gerarchia militare.

- Come avevano detto, la sua era stata una carriera straordinaria, forse troppo straordinaria. Perfetta. Lo stavano preparando per uno dei ranghi più alti della ditta: generale, capo di stato maggiore, qualsiasi cosa.

Per Conrad il viaggio era scoperta, esplorazione di un mondo radicalmente altro. L'Africa o i Mari del Sud come altrove geografico, prima ancora che mitico. Il film di Coppola afferma invece la paradossale inutilità del viaggio. Il fiume è melmoso, labirintico. I lampi del napalm sui titoli di coda chiudono il percorso in una circolarità assoluta. Le domande sul male e sul ruolo dell'autorità restano senza risposta. Che senso può avere la disciplina in questo mondo di confine, in cui amico e nemico, acqua e terra si confondono in un groviglio caotico? Il Vietnam di Apocalypse Now è un luogo spaventoso e indifferente, e i personaggi formano uno strano corteo di sbandati: cowboy, spogliarelliste, fotografi deliranti, nemici invisibili.
Eppure Willard continua a seguire il corso del fiume, attratto dal mistero di Kurtz:

- Una parte di me aveva paura di ciò che avrei trovato e di quello che avrei fatto arrivando lì. Conoscevo i rischi, o immaginavo di conoscerli. Ma ciò che provavo al di sopra di tutto, molto più forte della paura, era il desiderio di affrontare Kurtz.

L'altra faccia di Kurtz è il colonnello Kilgore, guerrafondaio e fanatico del surf. Se Kurtz è circondato da un alone sovrannaturale, Kilgore è pragmatico, patriottico, militarista fino al midollo. Con il cappello da ufficiale di cavalleria guida gli elicotteri contro il nemico al suono della Cavalcata delle Valchirie, ma solo per conquistare una spiaggia perfetta per il surf. Al termine dell'attacco, guarda l'orizzonte con aria da cowboy:

- Mi piace l'odore del napalm, di mattina. Una volta una collina la bombardammo per dodici ore, e finita l'azione andai lì sotto… Si sentiva quell'odore di benzina. Tutta la collina odorava di vittoria.

Per Kilgore il conflitto è un'attività naturale messa al servizio della passione sportiva; per Kurtz è uno scavo, un'esplorazione del male. Entrambi contribuiscono a svelare l'assurdità di una disciplina che, se portata all'esasperazione, diventa una ruota che gira a vuoto.

La fine del viaggio vede Willard di fronte a Kurtz. I due si osservano, si studiano. Kurtz, durante un monologo allucinato, svela a Willard le proprie ossessioni e accetta di essere ucciso da lui. Willard, muovendosi silenziosamente nella notte, porta a termine il suo incarico, ma in questo modo sembra stringere un legame con l'avversario. Il finale (Coppola ne ha girati tre diversi) non offre risposte o soluzioni: Willard, coperto di sangue, osserva dall'alto gli uomini del colonnello che si inginocchiano di fronte al nuovo leader.

Nella parabola apocalittica di Coppola Kurtz cade, schiacciato dal peso del male. Ha cercato di ridare un senso alla guerra e di farsi carico personalmente delle sue conseguenze etiche. Il tentativo di fondare la disciplina sul suo carisma straordinario finisce nel sangue.
Eppure in Kurtz ritroviamo tutta la forza del cinema di Coppola, il regista capace di entrare e di uscire dallo star system di Hollywood con successi straordinari e tonfi clamorosi. Apocalyspse Now è il suo sogno, il progetto trasformato in realtà dopo una lavorazione infinita, travagliata da catastrofi naturali e problemi di salute della troupe. E Coppola è anche il regista-imprenditore che finanzia Zoetrope., la sua casa di produzione, con i proventi della florida azienda vinicola che ha fondato in California. L'impresa al servizio del sogno cinematografico.

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