BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 15/01/2002

L'apprendimento nei gruppi

di Elena Nascimbene

I cambiamenti sempre più rapidi all'interno del mondo delle organizzazioni pubbliche e private in uno scenario globale in cui nulla resta uguale a se stesso nell'arco di una giornata hanno posto di recente il tema dell'apprendimento sotto la lente di un'analisi minuziosa.
E giustamente.
Perché per affrontare il nuovo che avanza, bisogna aver elaborato le esperienze precedenti, i successi conseguiti, gli errori commessi ed essere riusciti a dare un senso al vissuto, cioè averlo " digerito".
Questo - se ci pensiamo bene - vale anche per la vita di ciascuno di noi e non è molto diverso per la vita organizzativa.
Una delle capacità fondamentali che derivano dall'apprendimento è quella di non ripetere sempre gli stessi errori mettendo in atto dei comportamenti che alla lunga tendono a produrre sempre gli stessi risultati.
Questa coazione a ripetere gli errori in modo stereotipato deriva per lo più da meccanismi difensivi non funzionali che l'organizzazione mette in campo in modo inconsapevole.
Peter Senge, direttore del Programma di Pensiero Sistemico e di Apprendimento Organizzativo alla Sloan School of Management del MIT, nel suo volume La quinta disciplina: l'arte e la pratica dell'apprendimento organizzativo 1 sostiene:
" I modelli difensivi sono spesso profondamente radicati nel modo in cui un gruppo funziona. Se non vengono riconosciuti, essi compromettono l'apprendimento. Se vengono riconosciuti e fatti emergere in modo creativo, possono accelerare veramente l'apprendimento".
E infatti nelle organizzazioni che si trovano a dover attuare profondi e magari anche rapidi cambiamenti c'è molta attenzione e sensibilità ormai a considerare i meccanismi difensivi- le resistenze al cambiamento- e a elaborarli per poterli superare.
Intendiamoci, non tutti i meccanismi di difesa- individuali e organizzativi - sono di per sé controproducenti o patologici. Esistono anche delle difese legittime, sane, che sono il frutto dell'apprendimento dall'esperienza e che hanno un grosso valore di tutela e di salvaguardia.
La difesa negativa si potrebbe dire è proprio quella che ostacola il processo di apprendimento, che non consente all'organizzazione ( o individuo) una reale maturazione, la capacità di apprendere dal proprio interno e dal contesto esterno in un processo a spirale che rigenera in continuazione e attiva anche la costruzione di progetti possibili.
Quel che è certo è che cambiamento e apprendimento sono due concetti fortemente interrelati. Non si può apprendere rimanendo sempre uguali.
Una organizzazione che apprende è una organizzazione nella quale le persone sono poste nelle condizioni di sviluppare conoscenza e di scambiarla.
In questo senso è molto importante la capacità del gruppo di apprendere.
Il gruppo rappresenta di per sé una formidabile potenzialità di apprendimento in quanto insieme di diversità e pluralità di approcci.
E' una potenzialità, appunto, non una garanzia.
Qui dipende da come il gruppo riesce a lavorare insieme e quale attitudine sviluppa nei riguardi della propria capacità di apprendimento.
Lo pscicoanalista argentino Pichon - Rivière - che si è molto occupato di teoria dell'apprendimento nei gruppi - distingueva tra "prendere"("aprehender"), la necessità di afferrare, possedere concretamente l'oggetto, e " apprendere" ( "aprender"), l'acquisizione dall'oggetto di conoscenza e dal contesto del processo.
Nell'epoca presente, caratterizzata da scarsa prevedibilità, elevata complessità, frammentazione, rapidissima evoluzione e grande incertezza pare essere molto più importante la capacità non tanto di " afferrare" qualcosa che appunto sembra volersi sottrarre sistematicamente a farsi ingabbiare quanto la capacità di decodificare la realtà in tutti i suoi molteplici aspetti, nelle sue mille parti.
E' proprio per questo che il gruppo è meglio capace di apprendere del singolo, almeno potenzialmente, perché comprende al suo interno diverse parti ed è in grado di riconoscerle.
Parliamo di un gruppo in cui ci sia un buon clima, naturalmente, in cui sia favorita la cooperazione, in cui il sapere non venga considerato qualcosa da nascondere con la carta assorbente, come si faceva a scuola.
Certo, la scuola non ha aiutato la formazione di una capacità di apprendere in gruppo e dal gruppo, così autarchicamente centrata sull'individuo.
Eppure, oggi le organizzazioni hanno appreso che il confronto è fondamentale per allargare gli orizzonti del sapere e hanno codificato anche una teorizzazione del copiare, che chiamano benchmarking.
Perché a scuola, infatti, non avevano capito che si apprende moltissimo anche copiando.
Cioè non avevano capito che è importante apprendere ad apprendere, quindi non tanto impossessarsi dell'oggetto di apprendimento quanto piuttosto acquisire un processo.
E confrontarsi con i casi eccellenti, cioè paradossalmente copiare, può proprio voler dire aprirsi ad apprendere un nuovo processo.
Un'altra cosa che la scuola non aveva capito - ma sarà cambiata nel frattempo - è che non si impara se si ha paura.
Perché la paura blocca la capacità di pensare e impedisce l'elaborazione dell'esperienza, mentre l'apprendimento è favorito oltre che dall'impegno delle persone dall'incoraggiamento e dalla fiducia e quindi da una comunicazione positiva, ma anche queste cose si apprendono.
L'esperienza di apprendimento nei gruppi è tutta da consolidare e molte sono le difficoltà da superare visto anche la formazione scolastica di intere generazioni.
Quando si parla di centralità strategica della risorsa umana, questo è comunque uno degli aspetti da affrontare con studi, ricerche e sperimentazioni, tenendo a mente quel celebre motto Zen che ammonisce che nel tiro con l'arco l'importante non è il bersaglio, ma la traiettoria della freccia.


Note:
1 Peter M. Senge, The Fifth Discipline, The Art and Practice of the Learning Organization, 1999.

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