BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 01/01/1998

LA SFIDA DEI SERVIZI: LA RISTRUTTURAZIONE ORGANIZZATIVA DEI SETTORI ASSICURATIVO E BANCARIO NEL PROSSIMO TRIENNIO

di Davide Storni

Già si è incominciato a vedere l’effetto delle profonde ristrutturazioni del mercato assicurativo e del credito, fusioni, riduzioni di organico, OPA.

Nel prossimo triennio alla ristrutturazione societaria si aggiungerà una profonda ristrutturazione dell’information technology i cui effetti si sommeranno creando una criticità organizzativa di ampiezza mai raggiunta nei due settori.

La realizzazione di progetti già attualmente in corso riguardanti le comunicazioni (intranet, extranet,…), la gestione dei dati (datawarehouse, data mining, …), le modalità di lavoro e di condivisione delle conoscenze (workgroup, data base della conoscenza, …) comporteranno profonde modifiche nella qualità e nella quantità delle persone coinvolte nelle organizzazioni.

Serviranno persone con un livello di conoscenza informatica e capacità di "ragionare sui numeri" considerevolmente superiori e parallelamente serviranno meno persone in quanto i progetti citati consentiranno di ridurre da un lato la percentuale di errori facendo scomparire le attività di controllo e rilavorazione, dall’altro lato un accesso alle informazioni gestito direttamente dall’utente on-line, con conseguente impatto sia sulle persone dell’informatica tradizionalmente preposte alla fornitura di dati all’utente sia sul tempo dedicato alla ricerca ed elaborazione dei dati da parte dello stesso utente.

In sintesi poche persone, evolute per conoscenza del business e dello strumento informatico.

Nasce il problema della gestione della transizione fra la situazione attuale e la nuova realtà sopra configurata.

C’è una via "americana" alla soluzione del problema che prevede una forte flessibilità della forza lavoro (un eufemismo per dire espulsione della forza lavoro e dirottamento verso lavori con livello di salario ridotto).

C’è (forse) una via alternativa che potrebbe prevedere una progressiva evoluzione nelle competenze delle persone coinvolte nel cambiamento e forme di transizione o flessibilità meno traumatiche.

E’ una via nella quale personalmente credo, ma della quale vedo le criticità. Innanzi tutto solo progettando la crescita delle competenze con largo anticipo si potranno avere dei significativi risultati, ma questo è un progetto difficile, costoso e che richiede grande visione e coerenza, tutte cose delle quali fino ad oggi il mercato italiano ed europeo non ha dato grandi prove. Inoltre le forme di flessibilità comunque intese comportano un impatto politico significativo, che oggi pochi governi in Europa hanno la forza di affrontare.

Tuttavia credo che questa seconda via sia la via, perché il problema della ristrutturazione di questi due importanti settori della nostra economia non può essere lasciato alle sole aziende. A livello di singola azienda, e fermi restando i vincoli legislativi, la soluzione "americana" può anche funzionare, ma a livello complessivo l’impatto di un simile fenomeno non può essere sottovalutato, anche perché quando l’industria affrontò un analogo periodo di ristrutturazione negli anni settanta e poi negli ottanta si poté contare sulla capacità di assorbimento di manodopera da parte dei servizi, ma oggi senz’altro non si può immaginare il contrario, vista la scarsa capacità di assorbimento di manodopera da parte del settore industriale.

Ci sono altre vie praticabili?

L’alternativa della seconda via indicata è praticabile e a che condizioni?

A voi la parola.

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