BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 21/01/2008

 

LA SCOMPARSA DELL'UOMO DI NEANDERTHAL

di Giorgio Ortu

Qualche anno fa mi sono sognato un articolo sull’uomo di Neanderthal, e al risveglio
l’ho trascritto subito perché me lo ricordavo perfettamente. Sostiene una tesi originale
che non ho mai visto da nessun’altra parte. Eccolo.

Nel 1997 una ricerca di un gruppo dell’Università della Pennsylvania mise a confronto il dna mitocondriale dell’uomo di Neanderthal,  preso da fossili del sito tedesco di Neanderthal,  con quello dell’uomo contemporaneo. Mentre tra due individui di Sapiens la differenza è di otto sostituzioni,  la differenza tra l’uomo attuale e Neanderthal era dell’ordine di 25, troppo secondo i ricercatori per affermare che Neanderthal fosse della stessa specie di Sapiens.
Se Cro-Magnon è il diretto progenitore di Sapiens, questo non implica che sia possibile affermare in assoluto che Neanderthal fosse appartenente a un’altra specie umana., poteva essere addirittura  “genitore” di Cro-Magnon, visto che quest’ultimo era molto più giovane.
A parte il fatto che tipi neandertaloidi si possono incontrare tutti i giorni nelle strade  non è corretto affermare recisamente che si tratti di due specie diverse, anche perchè poi non si conosce il rapporto tra i predecessori di Sapiens e Neanderthal.
La tesi di questo lavoro è che Cro-Magnon e Neanderthal hanno avuto una storia in comune, e quindi che i loro destini  si sono incrociati.
30.000-35.000 anni fa l’Europa era immersa in un terribile inverno glaciale, ma Neanderthal era ben attrezzato per farvi fronte. Il suo corpo tozzo era una macchina perfetta che poteva resistere al freddo. Se quindi non fu il freddo, che cosa provocò l’estinzione di Neanderthal?
E’ certo che Neanderthal aveva una capacità cranica superiore a quella di Cro-Magnon, e quindi è molto probabile che fosse anche più intelligente. Egli era anche più vecchio, si è accennato,  perchè aveva dietro le spalle una storia di qualche centinaio di migliaia di anni, mentre Cro-Magnon si affacciava appena alla vita su questo pianeta. Parlo di un tempo di circa 35.000 anni fa. La datazione dell’ultimo Cro-Magnon.
Sappiamo che Neanderthal seppelliva i suoi morti, che ornava il proprio corpo di ciondoli colorati di osso o di pietra, che aveva utensili molto sofisticati. Sappiamo anche che viveva in piccoli gruppi, di una decina di individui o poco più. Questo lo rendeva agile negli spostamenti, gli permetteva di cacciare in gruppo e gli consentiva una sufficiente protezione ad esempio dalle bestie feroci.

 

Il linguaggio di Neanderthal
Ma diamo uno sguardo al linguaggio di Neanderthal. Il linguaggio è la chiave per comprendere la sua misteriosa scomparsa. Se dunque Neanderthal avesse parlato un linguaggio simile al nostro, un linguaggio insomma “astratto” fatto di termini interscambiabili per essere usati in contesti di significato differente, o che fosse almeno della stessa natura astratta anche se non completo e non capace di dire “tutto”, allora in questo caso l’uomo di Neanderthal non sarebbe scomparso dall’esistenza, perchè avrebbe avuto un solido rapporto con la realtà. Perchè il linguaggio astratto, quello che anche noi parliamo, è un solido ancoraggio al mondo.
Ma se non era un linguaggio astratto, che tipo di linguaggio poteva essere? Se il nostro linguaggio ci consente di racchiudere il Reale entro una struttura rigida e densa di significato, fatto che ci permette di  edificare il nostro mondo, allora doveva trattarsi, per Neanderthal, di un linguaggio concretistico, tale cioè che non esistevano le parole stabili, ma tutto era un fluire continuo di suoni verbali, suoni ovviamente articolati. E’ evidente che il tipo di realtà restituita da un linguaggio del genere non può essere una realtà strutturata e stabile. Sarà invece una realtà mutevole, in continuo divenire, un flusso ininterrotto di esperienze sempre diverse... Quindi l’organizzazione delle aree cerebrali del linguaggio di Neandethal, se pure ne aveva più di una, era diversa rispetto a quella di Cro-Magnon, che aveva un altro linguaggio. Infatti, se nel corso di tutta la sua lunga storia l’uomo di Neanderthal non è riuscito a costruire un linguaggio astratto, la causa è da cercare proprio nel suo cervello.  Eppure, anche in presenza di un linguaggio concretistico Neanderthal è sopravvissuto egregiamente per qualche centinaio di migliaia di anni, all’apparenza senza che si evolvesse. Questo significa che le cause della sua estinzione non vanno cercate nel linguaggio in se stesso, ma nel rapporto di questo linguaggio con qualcosa di esterno.
Sembra strano, eppure non lo è. Sembra strano che si possa vivere in un mondo instabile, se si pensa per esempio al mondo degli animali privi di linguaggio articolato che pure conoscono bene il proprio  mondo, che deve essere per forza costituito di stabilità. La questione insomma è come si possa vivere in un ambiente che cambia continuamente, a causa del mutare delle espressioni verbali con cui ci si approccia al mondo stesso. La chiave per capire questo problema all’apparenza oscuro sta nell’emozionalità.
La comunicazione tra i diversi membri del gruppo poteva avvenire, e l’esistenza di Neanderthal in quel mondo era possibile, perchè il linguaggio che questi uomini parlavano era altamente emozionale, e questo riempiva di significato le loro “parole”, e sia pure per un attimo il loro mondo si “fermava” e acquistava un “ordine”. Vediamo per esempio che se  per dire che era stata avvistata una preda si usava l’espressione “a”, subito dopo per dire la stessa cosa si usava l’espressione “b”, ma in tal modo cambiava in parte anche il significato, quindi ancora un’espressione “c”,  e così via per qualsiasi “denotazione”. Sicchè si può dire che il mondo di Neanderthal era un scorrere continuo tra ordine e indeterminatezza, indeterminatezza data dal passaggio a una  denotazione di significato diverso. Cioè, l’atto della singola espressione verbale emozionale produceva un certo ordine nel mondo esperito, mentre i momenti di passaggio a denotazioni anche della stessa cosa lasciavano la realtà in uno stato incompiuto e indeterminato; allora era come se si splancasse una specie di baratro nel mondo di questi uomini.
Questo essere immerso in un mondo così evanescente e anche contradditorio fin quasi dalle sue origini (qualcosa come centomila anni e più!), avrebbe dovuto rendere  l’uomo di Neanderthal molto pauroso, perchè il “seme” del contrasto l’aveva all’interno di se stesso, e quindi poteva essere indotto a proiettare all’esterno  le proprie difficoltà,  creando così una situazione analoga tra dentro e fuori. E sembra  quindi strano che egli  potè vivere così a lungo e attraversare periodi geologici anche temibili come le glaciazioni, e  superare la competizione con le belve feroci per accapparrarsi il cibo. Esisteva allora la paura? Poichè la paura è sempre determinata e ha a che fare con un mondo stabile restituito da un linguaggio astratto e maturo dove  tutte le cose sono sempre uguali, sembrerebbe che di paura non ce ne fosse. Eppure un indizio di ordine e di stabilità c’era nel mondo di Neanderthal, e questo era dato dalla sua emozionalità, anche al di fuori del linguaggio. L’approccio al mondo insomma era altamente emozionale. Ma questo si accompagnava all’indefinito prodotto dalle pause nel flusso delle parole o al cambiamento di significato che le stesse designavano. Il risultato fu certo che se paura non ne esisteva, esistevano però accenni di angoscia, quando il significato dato dall’emozionalità si abbassava un po’,  specie allorchè, si è visto,  si denotavano le stesse cose in modo diverso, o si passava ad altre designazioni.  Allora c’era un calo di tensione emozionale, e  penetrava nella mente di questi uomini  un inizio di angoscia, ed era come se essi si sentissero spersi in un mondo sconosciuto. Ma subito il fluire delle “parole” riprendeva il suo corso emozionale e tutto si riaccomodava, nel passaggio dall’indeterminato all’ordine dato dalle emozioni rinnovate.

Crisi
Come mai  dunque Neanderthal entrò in crisi fino a scomparire? Ci sono specie che sono stabili da milioni di anni, non si evolvono, e questo ben poteva succedere anche a Neanderthal,  visto che da più di centomila anni almeno all’apparenza non c’era stata evoluzione presso di sé.
Che cosa accadde? Accadde che all’incirca 35.000 anni fa comparve in Europa l’uomo di Cro-Magnon. E sia che questa nuova razza derivasse da Neanderthal, sia che venisse da lontano, si trattava di una razza umana molto più giovane di Neanderthal che aveva un aspetto fisico piuttosto diverso, più sottile, con caratteri meno marcati e col corpo più agile.
Cosa aveva in più Cro-Magnon che Neanderthal non aveva? Probabilmente solo questo, che viveva in gruppi un po’ più numerosi, e il processo di formazione del suo linguaggio doveva essere un po’ più avanzato, nel senso che questo linguaggio doveva possedere almeno un accenno di struttura.  Cro-Magnon aveva cioè inventato già gli “universali” linguistici, quei termini astratti validi per molti contesti di significato diverso. Era qualcosa che restituiva un mondo molto più stabile di quello di Neanderthal,  quindi meno emozionale, che consentiva la progettazione e la  costruzione di  piani per raggiungere obiettivi, relativamente parlando; inoltre Cro-Magnon probabilmente non conosceva l’angoscia.
Non si sono trovati finora siti che testimonino una vita in comune tra i due gruppi, ma è un fatto che Neanderthal e Cro-Magnon hanno convissuto negli stessi territori per quasi 10.000 anni, probabilmente anche incrociandosi tra di loro. (I tratti neandertaloidi presenti in alcuni individui delle nostre popolazioni occidentali sembrano mostrare proprio questo).
La minore emozionalità e la capacità di progettare diedero subito a Cro-Magnon un deciso vantaggio nella competizione per l’esistenza, anche se ci fu indubbiamente anche collaborazione tra i due gruppi umani. Comunque, piano piano i nuovi uomini conquistarono sempre nuovi territori espellendo “pacificamente” gli antichi abitatori dell’Europa, costringendoli a spostarsi verso est.
E fin qui nulla di singolare. Si trattava di un processo che poteva durare molte decine di migliaia di anni prima che Neaderthal scomparisse del tutto.
Per certi aspetti fu l’uomo più antico che accelerò il processo della propria distruzione.  Neanderthal doveva vedere l’uomo di Cro-Magnon come qualcosa di straordinario, qualcosa che gli aveva suscitato per la prima volta un sentimento di meraviglia. Per quanto è possibile per un essere che non ha davanti a sé una realtà completamente stabile e ordinata, chiara, potremmo dire che Neanderthal addirittura venerasse  Cro-Magnon. Questa meraviglia e questa venerazione per un processo del tutto spontaneo furono trasferite,  indirizzate verso i nuovi nati di Neanderthal, e la nascita fu percepita per la prima volta come qualcosa di straordinario. Questo sentimento di meraviglia suscitato dalla nascita dei suoi piccoli può essere inteso come l’acquisizione di una maggior capacità di aderenza al reale, che quindi diviene un po’ più stabile di prima.
Ma questo accenno di stabilizzazione totale del Reale del mondo dei Neanderthal avrebbe dovuto prima trasformare il loro linguaggio, ma questo non accadde, e la iniziale stabilizzazione si scontrò subito con un  linguaggio  primitivo, quel linguaggio concretistico che era incapace di progettare alcunchè nel mondo. (La caccia per esempio può certo essere intesa come una sorta di “progetto”, cui Neanderthal si sottoponeva, ma si tratta di un progetto immediato, direi automatico, che quindi non necessita di avere un mondo totale ordinato dietro di sé, sebbene qui l’ordine potrebbe essere dato dalla forte emozionalità con cui questi uomini cacciavano).

Produzione linguistica
Neanderthal fu costretto ad “agire” sul lato del linguaggio, ma non nel senso di una sua trasformazione quanto nel senso di un’esasperazione dei suoi contenuti. E ciò cominciò ad avvenire quando egli osservò ripetutamente la morte dei suoi piccoli, evento che gli produsse un forte senso di angoscia. Questa angoscia si sommò all’angoscia ontologica che si è vista, ed egli fu indotto a eliminarla o fermarla attraverso l’unico modo che poteva, cioè aumentando la propria produzione linguistica. (Ma prese anche probabilmente ad abbellire i propri monumenti funerari).
La psicologia dell’uomo di Neanderthal dunque era complessa, a dispetto dell’apparente primitivismo con cui lo si è sempre guardato. Accadde così che la contraddizione tra emozione-ordine e angoscia-indeterminatezza  con l’aumento della produzione linguistica di tipo concretistico  fece letteralmente esplodere l’emozionalità, perché i suoni verbali crescevano in misura esponenziale, sicché ci furono dei contraccolpi immediati su questa, che si accentuò enormemente. E si è visto che l’emozionalità era essenziale per la comunicazione e per l’ordine del mondo.  L’esplosione emozionale se per un verso produceva un aumento dell’ordine del mondo percepito, a un certo momento divenne talmente forte, enorme, che Neaderthal non poté più reggere alla fatica di vivere le emozioni. Ci furono contraccolpi tremendi, implosioni della mente e sofferenze enormi, a cui l’uomo di Neanderthal rispose “saltando” letteralmente da  contesti di significato ad  altri, addirittura “scivolando” sulle parole e non dicendole, e facendo quindi riemergere quel mondo indeterminato che già per natura gli procurava angoscia. Questa contraddizione interna   implicò che questi uomini non poterono evitare   di vivere un’angoscia ancora maggiore. Insomma, Neanderthal si trovò stretto nella morsa della contraddizione terribile tra emozionalità crescente capace di bloccare  ogni spinta a vivere e un’angoscia crescente che produceva lo stesso risultato. La crescente produzione linguistica  accresceva e bloccava  successivamente l’emozionalità, ma poichè le emozioni erano il legame al mondo di questi uomini, in loro assenza ne seguiva che cresceva l’angoscia, a cui si cercava una risposta accentuando ancor più la produzione linguistica con successive diverse  denotazioni capaci di produrre ordine.  E così via in questo circolo vizioso. La ripetizione di questo meccanismo per qualche generazione provocò infine un definitivo collasso della razza di Neanderthal, che così scomparve dalla faccia del pianeta.
Sembra evidente che la complessità della psicologia degli uomini di Neanderthal consente di  parlare di coscienza per questa razza umana, sebbene fosse una razza più inconscia forse dei Cro-Magnon,  i quali avevano davanti a sé un mondo più ordinato a causa della presenza  di un linguaggio già avanzato sulla via della astrattizzazione.
Questo collasso avvenne gradualmente. Piano piano mancavano all’appello sempre più numerosi individui, che letteralmente si schiantavano a terra forse con un lamento  fratturandosi le ossa nella caduta (infatti molti reperti fossili hanno le ossa fratturate, cosa che solo in parte si può spiegare con incidenti o con la violenza all’interno del gruppo), e morendo infine di consunzione.
La fine di Neanderthal è una storia triste, e dispiace che in qualche modo ci siano implicati i progenitori dell’homo sapiens. Sapere che sia pure indirettamente l’uomo di Cro-Magnon è stato responsabile dell’estinzione di una  razza umana lascia l’amaro in bocca, anche perchè si trattava di una razza molto probabilmente di animo gentile, dotata di capacità affettive verso i propri simili e verso il mondo, come testimoniano i suoi monumenti funerari e i ciondoli di cui si adornava il corpo.

Solo una fantasia
Questa sembra essere, in sintesi, la storia di Neanderthal, vissuto a lungo e felicemente fino a quando il destino non gli mise dinanzi un’altra razza umana, che senza volerlo fu la causa della sua rovina.
Quindi la “guerra” fantasticata da molti secondo cui Cro-Magnon avrebbe distrutto volontariamente nella competizione per l’esistenza l’uomo di Neanderthal  si rivela essere solo una fantasia.
Neanderthal si è rivelato inadatto nella lotta per l’esistenza, ma è stato distrutto dai suoi stessi geni, che sono stati incapaci di indicargli una via alternativa a quella della superproduzione linguistica. Il destino di Cro-Magnon è noto. Dopo la scomparsa di Neanderthal ha accentuato la formazione del suo linguaggio astratto, che è terminata nel Neolitico. Da allora, il suo mondo ha acquisito una struttura determinata e lui ha potuto dedicarsi via via a sottometterlo con la tecnica e col pensiero. I Sapiens sono gli uomini che sempre più hanno creato condizioni di vita tali da consertirgli di essere padroni del proprio destino. E sono anche cresciuti quanto a coscienza la quale si rivela essere strettamente legata al linguaggio astratto,  ma anche alla scrittura, all’abitudine cioè a pensare per simboli, per segni grafici cioè vergati su fogli.

 

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