BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 07/05/2001

SISTEMI INFORMATIVI INTEGRATI.

TRA "PANOPTICON" E LEARNING ORGANIZATION.

di Attilio Pagano

Le potenzialità delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione rendono realizzabile la connessione totale tra le persone di un’organizzazione e sembrano essere in relazione diretta con l’efficacia (realizzazione degli scopi) e l’efficienza (in costanza di risultato, riduzione dell’investimento lavorativo, economico ed energetico).

Possiamo facilmente rappresentarci i problemi di un’organizzazione come anche derivanti da una insufficiente e non continua trasparenza delle informazioni (a esempio su "chi fa, o può fare, che cosa", "che cosa e dove è disponibile" ecc.) per soddisfare le richieste di ogni cliente esterno o interno che sia. Una ipotetica ‘Super-mente’, che abbia costante accesso a queste informazioni in tempo reale, potrebbe facilmente venire considerata condizione ideale per migliori prestazioni di efficacia (fare la cosa giusta) e di efficienza (farla nel modo più ‘razionale’).

Possiamo anche rappresentarci i problemi di una organizzazione come inevitabilmente legati all’effetto di distorsione che risulta in ogni evento comunicativo in conseguenza del fatto che noi non ‘vediamo’ puramente e meccanicamente ciò che è davanti ai nostri occhi, ma ‘mappiamo’ nella nostra mente ciò che passa dal filtro percettivo (o, secondo un’altra immagine, ciò che si adatta al nostro ‘contenitore’). La distorsione, combinazione variabile di semplificazione o riduzione di complessità, ristrutturazione, aggiunta di elementi, è un fenomeno del tutto umano e (per fortuna) non c’è formazione che possa ‘correggerlo’.

Secondo l’opinione di alcuni ci sarebbe, però, la tecnologia: che cosa di meglio, per passare le informazioni lungo una catena di posizioni organizzative, di una macchina che non ha percezione, quindi non riduce, non cambia, non aggiunge nulla?

Utilizzando una vasta gamma di tecnologie, dalla fotocopiatrice all’e-mail, è possibile diffondere una informazione in modo assolutamente fedele. Solo che talvolta succede che il ricevente finale (ammesso che non si fidi, come pure è plausibile, della sua interpretazione, che potrebbe non coincidere con quella dell’emittente iniziale) chieda una spiegazione a chi occupa la penultima posizione nella catena di trasmissione. Questi, a sua volta, potrebbe fidarsi della sua interpretazione o chiedere spiegazioni al penultimo. E così via risalendo la catena a ritroso e riproducendo gli effetti della distorsione invece che sul messaggio originale, sulla sua interpretazione. Ma, in fin dei conti è la stessa cosa. (Chi volesse mettere in atto esperienze consapevoli di questi concetti si diverta a giocare come si faceva da bambini al telefono senza fili, o provi con lucidi e una lavagna luminosa gli effetti del più moderno "fax senza fili").

Ancora una volta la nostra ipotetica Super-mente ci verrebbe incontro, ricevendo da tutti informazioni e a tutti rendendole secondo necessità, per di più corredate, se richiesto, dell’interpretazione autentica. Come non vedere in questa possibilità un sostegno a fare la cosa giusta e a farla nel modo migliore?

Questa Super-mente non c’è. O se c’è, si astiene dall’entrare in azione. O forse sono io che non me ne sono accorto.

Il problema che mi pongo nasce dal fatto che a volte mi viene da pensare che qualcuno deve essersi detto "se la Super- mente non c’è, converrebbe inventarla".

Torniamo da capo: le potenzialità delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione rendono realizzabile la connessione totale tra le persone di un’organizzazione e sembrano essere in relazione diretta con l’efficacia (realizzazione degli scopi) e l’efficienza (a parità di risultato, riduzione dell’investimento lavorativo, economico ed energetico). Come dire, se la Super-mente non c’è, ecco pronto il suo miglior surrogato: la connessione totale conseguibile con l’utilizzo dell’I&CT.

Connessione totale significa totale trasparenza delle attività. Connessione totale significa minimizzazione della distorsione comunicativa come conseguenza dell’accorciamento delle catene, dunque contatto diretto tra centri decisionali e terminali sensibili (venditori, assistenza clienti, operatori front office).

Io vedo queste considerazioni come uno dei fondali possibili per le scene in cui oggi agiscono ERP-Enterprise Resource Planning; CRM-Customer Relationship Management; SCM-Supply Chain Management; piattaforme per il Knowledge Management.

Consideriamo in generale i sistemi ERP. La ragione che sta alla base della loro acquisizione e implementazione (talvolta gestite con ingenua indifferenza rispetto agli impatti e agli effetti organizzativi) da parte di un’organizzazione, può posizionarsi in un continuum ai cui estremi vorrei proporre di mettere da un lato l’immagine del Panopticon e dall’altro il concetto di Learning

Organization (fig. 1).

 

"Panopticon"

 

"Learning Organization"

 

Fig. 1 Il continuum che descrive le diverse modalità di concezione e sviluppo dei sistemi di integrazione dei dati in una organizzazione.

Il Panopticon è un’idea di carcere assoluto elaborata dal filosofo Jeremy Bentham nel 1786 ("Panopticon o la Casa d’Ispezione"). Egli immaginò un’istituzione di prigionia basata su un edificio ad anello con le celle di reclusione disposte lungo l’anello. Le celle avrebbero dovuto avere una apertura sul lato interno in modo di consentire la totale visibilità di ognuna di esse e del loro contenuto (i prigionieri) da parte di un sorvegliante posto al centro dell’anello.

L’osservatore avrebbe potuto svolgere la sua funzione di ispezione da un edificio (Bentham immaginò una torre per consentire lo sviluppo dell’edificio ad anello su più piani) in modo di non essere a sua volta visibile da parte dei detenuti. Questi, infatti non dovevano poter controllare quando erano osservati e quando no. Ma dovevano vivere con la costante preoccupazione di poter essere osservati.

Non è difficile immaginare la soddisfazione che riceverebbe un redivivo Bentham dal progettare un’istituzione di controllo utilizzando le odierne tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Ma questa è fantascienza (o, forse, horror).

Meno fantasioso è considerare che esistono imprenditori e responsabili di organizzazioni che, tra le potenzialità dell’I&CT, colgono proprio la possibilità di vedere e controllare tutto della propria organizzazione / impresa. In altre parole, inseguono il sogno di un Panopticon aziendale.

All’estremo opposto del continuum, vi sono quelli che considerano le tecnologie a servizio della connessione totale e della trasparenza come un’opportunità per consentire alle diverse persone della loro organizzazione di accedere alle risorse informative integrate. Essi credono che queste persone, nello svolgimento della parte discrezionale del loro ruolo, possano decidere e scegliere meglio, possano impegnarsi e fare promesse con piena cognizione di causa, qualora abbiano a disposizione quante più informazioni possibili sullo stato e le prospettive dell’organizzazione, comprendendo anche informazioni apparentemente ‘lontane’ dal loro incarico.

A esempio, un venditore può impegnarsi a soddisfare una richiesta, poniamo, in tre giorni, perché viene a sapere dalla consultazione del sistema informativo integrato che tre giorni sono quelli effettivamente necessari perché il bene in vendita sia reso disponibile all’acquirente.

Lo scopo dell’utilizzo delle I&CT non è più il controllo (come per il Panopticon) ma è la generazione e condivisione delle conoscenze, o, se vogliamo, l’apprendimento organizzativo.

Seguendo questa idea, è possibile riconoscere una serie di caratteristiche organizzative coerenti con i due estremi del continuum (fig. 2).

"Panopticon"

  • Enfasi su controllo.·
  • Imposizione di modelli pre-esistenti.
  • Segnali deboli ignorati o interpretati come deviazioni dallo standard da correggere.
  •  Divisione rigida dei ruoli.
  • Demonizzazione dell’errore.
 

"Learning Organization"

  • · Enfasi su generazione e condivisione delle conoscenze.
  •  Innovazione.
  • Sensibilità ai segnali deboli.
  • Abbassamento delle barriere tra i confini di ruolo e ridondanza.
  • Valorizzazione dell’errore.

Fig. 2 Diverse caratteristiche associabili ai due estremi del continuum.

Nei casi oggi frequenti, anche se più o meno di successo, di introduzione delle I&CT nelle attività di business, così come per valutare le criticità e difficoltà che questa innovazione tecnologica incontra nel diffondersi tra le Piccole e Medie Imprese (vedi la recente ricerca del CENSIS Distretti produttivi digitali del 21-03-2001 consultabile in www.censis.it/censis/ricerc.html), a me sembra suggestiva la strategia di analisi e intervento organizzativo orientata a verificare la caratterizzazione delle imprese per gli indicatori suggeriti in fig. 2.

In apertura di questo contributo, utilizzando il paradosso della Super-mente, dicevo che un immaginario accesso, permanente e in tempo reale, a tutte le informazioni pertinenti consentirebbe di massimizzare l’efficienza, perché orienterebbe a fare le cose nel modo più ‘razionale’.

Ora vorrei precisare che quel riferimento alla razionalità aveva la stessa qualità paradossale del riferimento ala Super-mente.

Il problema della maggiore o minore razionalità delle decisioni non è solo legato alla disponibilità più o meno integrale delle informazioni pertinenti (fra l’altro, già il criterio di pertinenza è il risultato di un processo decisionale che di per sé non può essere puramente razionale, cioè non anche riferito a emozioni).

Anche ammettendo di disporre di tutte le informazioni pertinenti, le decisioni sono infatti influenzate da stati d’animo, desideri o paure, come il coraggio o la prudenza, il piacere di esibire sicurezza anche nel cambiare idea, il timore di perdere la faccia.

Il vantaggio che le tecnologie dell’informazione e della comunicazione possono portare nei processi decisionali può essere del tutto vanificato quando il loro utilizzo alimenta rappresentazioni (illusioni) del processo decisionale come di quello che può finalmente liberarsi delle insufficienze della non razionalità.

In tal caso ciò che accadrebbe, molto probabilmente, non sarebbe altro che la riallocazione della decisione (con le sue inscindibili componenti razionali ed emotive) secondo un più forte principio di autorità. Tutti apparentemente hanno accesso a tutte le informazioni, ma in realtà chi ha il potere di decidere lo esercita. E non c’è Super-mente, né sistema I&CT, che possa vigilare sulla selezione e l’uso (anche emotivo) che questi farà delle informazioni.

Ammettere che la decisione non è il risultato automatico delle informazioni è una condizione per usare le tecnologie dell’accesso e della condivisione senza incorrere in illusioni che, alla fine, inducono comportamenti non in sintonia con proprio con quelle tecnologie: rifiuti, resistenze alla condivisione delle informazioni.

Si potrebbe anche dire che le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in quanto sostegno alla connessione totale, sono sì un aiuto alla generazione e condivisione delle conoscenze, ma possono anche essere un potente acceleratore dei comportamenti di sottrazione e annebbiamento.

Banalizzando, ma in fondo non troppo, si possono riferire a questo proposito testimonianze su come l’implementazione di sistemi di posta elettronica, messaggistica, siti di discussione ecc. in contesti organizzativi caratterizzati da climi non adeguati, non solo non hanno generato una maggiore comunicazione trasversale, ma hanno addirittura bloccato quella pre-esistente, poiché le persone possono avere percepito come minacciante il fatto che delle loro comunicazioni rimanesse traccia (mentre, si sa, verba volant…).

L’applicazione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nelle organizzazioni per i diversi sistemi di integrazione delle risorse conoscitive non è dunque necessariamente buona (o cattiva), ma può esserlo, o diventarlo, in ragione di come si accompagna (o non si accompagna) a una consapevolezza sistemica degli effetti che questa innovazione ha sui comportamenti umani e sugli assunti di base del management.

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