BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 04/04/2006

LA "FACCENDA" DELL'INTELLIGENZA. COMPLICARLA PER CAPIRLA MEGLIO E ACCRESCERLA NELLE DIMENSIONI PIU' UTILI AL PRESENTE E AL FUTURO

di Riccardo Paterni

Prendo spunto per questa breve riflessione da una notizia che di recente ha avuto una discreta risonanza sui media; eccone un breve sommario tratto dal Corriere.it del 28 marzo scorso : “Tedeschi e olandesi record di intelligenza. Ai primi posti i cittadini dei paesi del nord, italia al quinto posto. Male i francesi considerati ultimi in classifica”. “I cittadini dell’Europa del nord sono molto piu’ intelligenti di quelli dell’europa latina. Non è la riedizione di una nuova teoria razzista e ariana ma il risultato di una ricerca scientifica presentata dall’Università dell’Ustler sul quoziente intellettivo dei cittadini del Vecchio Continente: secondo questa speciale classifica la media dei quozienti di intelligenza dei cittadini del Nord Europa è otto punti maggiore rispetto a quella dei paesi meridionali. Ma con qualche eccezione che riguarda, tra l’altro, l’Italia.”

E’ un certo Professor Richard Linn che ha coordinato la ricerca durata tre anni e sulla quale ha anche scritto un libro nel quale supporta l’ipotesi che sia soprattutto un fattore alimentare (proteine) a favorire lo sviluppo dell’intelligenza ed è questo uno degli aspetti chiave che avrebbe creato questa significativa differenza fra i cittadini del Nord e del Sud Europa.


Dall’intelligenza misurata dall’IQ


Senza cadere in facili e scontate considerazioni di humor, cerchiamo semplicemente di riflettere sul perché nel 2006 l’intelligenza continui ad essere misurata (e soprattutto se ad avere tali risonanze) rispetto ai parametri del quoziente intellettivo (internazionalmente conosciuto come IQ) che sono semplicemente di estrazione logica nel campo linguistico e matematico (questa è l’impostazione essenziale del test che è stato creato e sviluppato nella prima parte del secolo scorso proprio da un francese (!) Alfred Binet e che ebbe il suo primo utilizzo nell’organizzare al meglio le loro truppe militari...). Vista la complessità del mondo di oggi ha ancora un senso mettere alla prova la propria intelligenza su test logico-matematici? L’intelligenza che misuriamo in questo modo è quella che effettivamente utilizziamo e sviluppiamo nella vita di tutti i giorni?


...attraverso l’intelligenza misurata dalle emozioni...


Più di dieci anni fa, Daniel Goleman (all’epoca giornalista e del New York Times) riuscì a rendere popolare un concetto più articolato di intelligenza riassumendo in modo chiaro ed efficace tante idee che da alcuni anni circolavano nel mondo neuroscientifico. Il concetto guida della sua tesi consisteva nell’andare oltre una definizione logico matematica dell’intelligenza espandendola nel campo delle emozioni: emozioni che servono a stimolare la conoscenza di noi stessi, degli altri e quindi anche la nostra capacità di relazionarci con il prossimo ed esprimere il meglio delle nostre potenzialità. Sarebbe interessante invitare il Professor Linn ad integrare la sua ricerca anche con i fattori di intelligenza emotiva e vederne poi i risultati... Non sarei sorpreso se certi titoli di giornale dovrebbero essere totalmente rivisti.


... verso l’intellingenza misurata anche dalle capacità di intuito...


A mio parere sarebbe utile aggiornare il concetto di intelligenza per renderlo più significativo all’interno del contesto socio-culturale presente e futuro. Cosa significa veramente essere intelligenti ai giorni nostri? I cambiamenti che viviamo nel quotidiano, nelle piccole e grandi cose, sono tali da rendere obsoleti approcci semplicemente radicati in strumenti e fattori logico-matematici (in altre parole un buon IQ aiuta, ma non basta). Diventa sempre più rilevante la nostra capacità di conoscere e valorizzare i nostri punti di forza relazionandoci in modo efficace, aperto e coinvolgente con gli altri (ed in questo i fattori di intelligenza emotiva ci danno indizi di sostanza su cui lavorare). Oltre a tutto questo, identifichiamo sempre più l’intelligenza con la capacità di creare, di innovare, di cambiare, di proporre qualcosa di nuovo e fresco, qualcosa che ci aiuti ad essere qualche passo avanti rispetto agli altri e alle nostre stesse abitudini e routine; qualcosa che ci aiuti a scegliere e decidere in contesti che ci paiono confusi e caotici e che ormai sentiamo sono destinati a restare tali.
L’intelligenza che si mostra in queste dinamiche è quella che è molto legata a fattori di intuito, a sensazioni che ci portano a relazionare fra loro concetti e campi totalmente diversi, senza alcun apparente nesso logico, il tutto allo scopo di creare innovazioni e cambiamenti concreti e reali che ci portano a progredire (quel progresso vero, non solo legato a fattori economici ma anche sociali e ambientali).

Un noto ricercatore statunitense, Gary Klein, definisce l’intuito come “la capacità di tradurre l’esperienza in azione” e questo è, a mio parere, una espressione di intelligenza che arricchisce le dimensioni dell’IQ e delle emozioni rendendo il concetto stesso di intelligenza più appropriato per il presente ed il futuro. Nelle prossime settimane approfondiremo su queste e altre pagine il lavoro di Klein. Sarebbe poi interessante fornire questi nuovi strumenti di ricerca al Professor Linn. Chissà cosa ne verrebbe fuori?!

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