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Pubblicato in data: 12/02/2007

SVIOLINATE CINESI CHE PROVANO A SVEGLIARCI. STRADIVARI APPROVA?

di Riccardo Paterni 

Nella Cina dei record (quantitativi) a rullo compressore c’è anche quello della città di Xiqiao, soltanto 35.000 abitanti, che con circa 40 aziende produttrici di violini è da considerasi (sempre quantitativamente) la capitale mondiale del violino.

Italia, Francia e Germania hanno una tradizione secolare nel settore e da sempre ‘uno Stradivari’ è sinonimo internazionale di perfezione qualitativa. Negli ultimi dieci anni la concorrenza proveniente da Xiqiao si è fatta sempre più sentire, si va bene, nella scontatissima (in tutti i sensi) fascia bassa del mercato (meno di 25 dollari per un violino compresa la relativa valigetta).

Non più semplicemente una questione di quantità a prezzi stracciati

Negli ultimi anni qualcosa è cambiato, oltre alla quantità ad ottimo prezzo, gli stessi violini Made in China hanno iniziato un percorso di miglioramento qualitativo che è stato recentemente valutato come “esponenziale” da esperti americani del settore. Da notare che proprio l’anno scorso un certo Zhu Ming-Jiang, di Pechino, ha vinto la medaglia d’oro per aver prodotto il miglior violino che ha gareggiato nella prestigiosa competizione organizzata dalla Violin Society of America alla quale hanno partecipato anche produttori europei.

Il violino è uno strumento che affascina i cinesi fin dai tempi di Mao (che lo considerava uno degli strumenti della rivoluzione) e anche prima. La produzione di violini nelle fabbriche di Xiqiao è fatta in scala industriale ma totalmente a mano (stipendio di circa 100 dollari mensili, niente di particolarmente fuori dalla 'norma' cinese attuale). Nonostante gli operai affermino che si tratta semplicemente di un lavoro come un altro per sopravvivere, sembra che un senso di passione e cura per lo strumento, unita ad approfonditi studi e ricerche riguardanti materiali e tecniche di produzione, stiano riuscendo a migliorare tangibilmente l’aspetto qualitativo. Il risultato è che esperti del settore ormai ritengono che ben presto semplicemente l’aspetto qualitativo non rappresenti più un valido fattore di distinzione della produzione europea rispetto a quella cinese; e i prezzi continueranno ad essere estremamente competitivi.

Non più una faccenda soltanto di manodopera a basso prezzo

Quanto sta avvenendo nel settore della produzione di violini si collega a un trend sempre più marcato: la Cina non vuol più dire semplicemente attività produttive non complesse, svolte da una manodopera scarsamente formata e pesantemente sfruttata; si fanno rapidi passi avanti anche nel settore della ricerca e dello sviluppo, tanto che sono sempre di più gli studenti e gli ingegneri cinesi che, una volta formatisi all’estero, scelgono di rientrare in Cina perché sanno che le conoscenze ed esperienze che hanno maturato saranno sicuramente utilizzate. Attualmente una buona parte di questi investimenti sono finanziati da aziende straniere, al tempo stesso è la manodopera locale e sono i cervelli locali a formarsi pensando concretamente in termini di ricerca e sviluppo.

Sul cammino giapponese?

Quaranta anni fa era il Made in Japan il sinonimo del poco costoso (e anche poco affidabile). Da anni il Made in Japan è sinonimo di qualità ed eccellenza nell’innovare. Succederà lo stesso anche per la Cina? Quelli di cui sopra possono essere interpretati come segnali di un trend in questa direzione? (Se questo fosse il caso possiamo scommettere che i trenta o quaranta anni che i giapponesi hanno impiegato a fare il salto di qualità si ridurranno a molto meno della metà nel caso dei cinesi... l’aggettivo giusto è sempre più ‘esponenziale’ piuttosto che ‘progressivo’).

Cosa ne pensate?

I giapponesi hanno saputo migliorarsi introducendo reali innovazioni di ricerca e di gestione manageriale. Interessante notare che molte di queste innovazioni avevano origini da idee e pratiche sviluppate da esperti americani che non erano stati ascoltati in patria (Deming su tutti) ma che furono rapidamente riconosciuti come ‘profeti’ in Giappone. In Cina non sembra che tali dinamiche siano ancora presenti. Non si notano vere innovazioni manageriali, il modello produttivo attuale pare andare avanti sfruttando ed estremizzando (in peggio) quello tradizionale occidentale spremendo senza troppi riguardi risorse umane e ambientali. Ma come abbiamo notato ci sono segnali di cambiamento. Una cosa accomuna i giapponesi di trenta o quaranta anni fa e i cinesi di oggi che rientrano in patria dopo essersi formati all’estero: la ferrea volontà di migliorarsi e la capacità di sapersi ancora mettere in discussione con acume ed umiltà. E’ questo atteggiamento mentale a fare la differenza. Proprio su questo tema, come siamo messi noi in Italia?

Antonio Stradivari era un italianissimo liutaio, per molti il più importante della storia. Vogliamo iniziare a renderci conto Stradivari è vissuto, si in Italia, ma circa trecento anni fa? Siamo pronti a rimboccarci le maniche e soprattutto attivare l’atteggiamento mentale vincente per fare più e meglio di giapponesi e cinesi? Abbiamo la tradizione per farlo, possiamo proiettarla nel presente e nel futuro se solo lo vogliamo con la loro stessa determinazione ed umiltà.

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