BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 27/08/2007

AUTENTICITA', EQUILIBRIO, SFIDE VERE; TRE FATTORI CHE GIUDANO MOLTISSIMI RADICALI CAMBIAMENTI DI CARRIERA NEGLI USA. E IN ITALIA?
MAGARI SI CAMBIA MOLTO MENO MA POI SUL POSTO DI LAVORO RIUSCIAMO VERAMENTE A DARE IL MEGLIO

di Riccardo Paterni

La questione iniziò a balzare all’attenzione della stampa popolare statunitense nel settembre del 1997 quando Brenda Barnes, (43enne al vertice della divisione North America della PepsiCo.) decise di lasciare il suo prestigioso impiego dato come naturale sicura anticamera alla posizione di CEO della PepsiCo. a livello globale visto l’imminente pensionamento dell’allora amministratore delegato.
La stampa in particolare sottolineò le ragioni della scelta della Barnes che affermò “I am not leaving because my children need more of me; I am leaving because I need more of them ” (“Non me ne vado perchè i miei figli hanno bisogno di me; sono io ad avere bisogno di loro”). Negli ultimi dieci anni negli USA questo trend di persone (uomini e donne) che lasciano posizioni di rilievo e prestigiose carriere per la famiglia e per impieghi, spesso autonomi, meno prestigiosi, meno remunereativi ma più valorizzanti da un punto di vista individuale, si è fatto sempre più marcato. Un recente libro ha presentato una approfondita ricerca sul tema: Lisa A.Maniero e Sherry  E.Sullivan The Opt - Out Revolt. Why people are leaving companies to create kaleidoscope careers,Davies-Black Publishing, 2006 .
Teniamo a mettere in evidenza i fattori che sono stati identificati come fulcro di questo cambiamento: la ricerca di autenticità, la ricerca di equilibrio e la ricerca di sfide vere nel proprio contesto professionale. Sono questi valori chiave che sono emersi passo passo contemporaneamente al progressivo manifestarsi di dinamiche organizzative che ne hanno sempre maggiormente minato la reale presenza nel tradizionale contesto aziendale.
Scandali provenienti dal mondo finanziario; colossali frodi nei confronti di investitori, risparmiatori e lavoratori (il caso Enron come esempio su tutti); un incremento sempre più pesante di tempo lavorativo richiesto dalle aziende a discapito del tempo personale e da dedicare alla famiglia; un progressivo scollamento fra le individuali necessità di espressione di talento e creatività vera e i troppi vuoti formalismi e servilismi al puro profitto nel breve termine da parte di Corporations apparentemente sempre meno capaci di proiettarsi costruttivamente a lungo termine nelle mutevoli dinamiche di mercato.
La ricerca di autenticità
Lo studio in questione (che ha coinvolto parecchie migliaia di statunitensi) ha rilevato che l’autenticità è percepita come la necessità di essere genuini, di essere veri con se stessi con i valori che si hanno dentro. Spinge le persone a fare cambiamenti lavorativi allo scopo di generare un salutare allineamento fra i loro valori interni e i loro comportamenti sia a lavoro che nell’ambiente domestico. In questo senso la forte necessità di ‘essere veri con se stessi’ è emersa chiaramente, sia da parte di uomini che di donne. La ricerca di autenticità non è un aspetto passeggero, una moda, è un qualcosa di molto più profondo che fa parte di una vera e propria condizione individuale dell’essere, del vivere, del confrontarsi quotidianamente con contesti sociali, politici ed economici sempre più confusi e poco trasparenti.
Alla base di tutto questo c’è un radicale cambiamento nella definizione e percezione del successo personale. Per molti ormai il successo non è più legato al livello della tradizionale scala gerarchica che si riesce a raggiungere, allo status, al prestigio che si riesce a manifestare nelle più tradizionali forme materialistiche. Il successo è associato all’individuale percezione di felicità e soddisfazione rispetto agli obiettivi personali, piccoli o grandi che siano, che uno si prefigge. Obiettivi che hanno come caratteristica fondamentale quella di permettere alla persona di manifestare nel proprio comportamento, nel proprio essere, la propria autentica e genuina natura interiore.
La ricerca di equilibrio
La percezione di controllo nella gestione del proprio tempo è risultata essere un fattore chiave alle persone coinvolte in questo studio. E’ stato statisticamente rilevato che negli Stati Uniti le persone spendono molte più ore a lavoro rispetto a cinquanta anni fa. Se da un lato c’è stato un evidente miglioramento nel benessere materiale per molti, dell’altro questo ha comportato un investimento sempre più grande in termini di ore e di energie da dedicare al lavoro in azienda. All’interno delle famiglie si è assistito all’affermarsi di una reale parità di ruoli fra uomini e donne nella condivisione di compiti domestici e nel seguire lo sviluppo e la crescita dei figli. Oggi sia uomini che donne sentono la necessità di dedicare maggiore tempo alla famiglia, a se stessi, alla soddisfazioni di interessi extra lavorativi. Questo spinge le persone a cambiare percorsi professionali anche per favorire un maggiore equilibrio di tempo dedicato al lavoro e alla propria vita personale.
La ricerca di sfide vere
Lo studio dei ricercatori statunitensi ha rilevato cinque fonti di sfida professionale particolarmente sentite dalle persone:
1) sfida nel maturare motivazione
2) sfida nell’ottenere riconoscimento di reali capacità
3) sfida nel crescere e nello sviluppare concretamente la propria professionalità
4) sfida nell’avere effettivamente un impatto costruttivo con il proprio lavoro
5) sfida nel continuare a stimolare e progredire il proprio livello di expertise professionale.
E’ stato rilevato che troppo spesso tradizionali ambienti lavorativi non forniscono spunti reali e genuini per tutto questo. Anche in questo caso si tratta di aspetti che non sono legati a standard esterni rispetto all’individuo, a ciò che è considerato motivante, professionalmente stimolante dall’esterno, dalle norme e consuetudini culturali; sono fattori prettamente individuali, intimi e personali riferiti ai cinque elementi sopra citati che spingono le persone a scegliere di cambiare il proprio percorso professionale allo scopo di alimentare la percezione di sfide vere con cui confrontarsi e grazie alle quali si sente di crescere come persone e come professionisti.
Ma sono solo americanate?
Questo è ciò che avviene oggi negli Stati Uniti, in un contesto economico e sociale in cui tutt’oggi c’è comunque spazio per potersi esprimere ammesso di avere l’accortezza e la capacità di fissare al giusto livello le proprie aspettative e le proprie ambizioni.
In Italia cosa avviene? E’ in corso un trend simile che vede persone fare scelte di vita e professionali paragonabili a quelle dei colleghi statunitensi? Forse i valori di autenticità, equilibrio e sfide vere sono lussi che non possiamo permetterci. Forse non sono nemmeno un lusso perchè non ne abbiamo bisogno. O forse no? Solo essendo genuini, ‘veri con noi stessi’ possiamo rispondere a queste domande. Il nostro sistema economico è meno dinamico ed aperto, una volta che sei fuori dal giro è difficile rientrarci (meno che mai in qualità di free-lance!). Tutto questo ci può portare a tenere ben stretto ciò che abbiamo, adattandoci e ‘tirando avanti’ ma siamo poi sicuri che questo faccia veramente il bene non solo nostro ma anche dell’azienda presso la quale stiamo lavorando?
Le americanate in Italia nel pensiero di Umberto Galimberti
Il lavoro dei ricercatori statunitensi, aldilà delle manifeste mire di natura umanistica e sociologica, punta pragmaticamente proprio a questo: cosa possono fare le aziende per accogliere, recepire e integrare costruttivamente questi cambiamenti socio-culturali che sono in corso?
Da un lato le organizzazioni hanno bisogno di innovazione, di creatività, di idee, di talenti espressi per confrontarsi con i mercati globali. Dall’altro i lavoratori sentono la necessità di esprimere sempre maggiormente se stessi, ma vogliono farlo sulla base di valori profondi e di equilibri di tempo ed identità con cui le aziende devono imparare a confrontarsi.
A tal proposito anche noi in Italia abbiamo chi già fa osservazioni che si avvicinano molto a quelle presentate dalla ricerca fatta negli USA; è il filosofo Umberto Galimberti che in un articolo pubblicato su La Repubblica dal titolo “Che ci faccio qui?” scrive:
 “E la ragione strumentale, l’unica vigente nelle organizzazioni, è davvero sufficiente a immaginare nuovi scenari, a individuare impensate strategie, a motivare chi lavora e che per natura pensa anche in modo strumentale e quindi ideativo? Qui non servono corsi di formazione che non fanno che rafforzare la ragione strumentale, qui serve la consulenza filosofica, scrive Vitello, che, ampliando la visione del mondo di quanti operano in un’organizzazione, genera ideazioni più ampie, immaginazioni più ricche, motivazioni più sentite, capaci di rispondere a quella domanda angosciante e quotidianamente trattenuta che, negli ambienti di lavoro, si chiede: ‘Che ci faccio io qui?’. E questo non solo nell’interesse delle persone che lavorano, ma anche nell’interesse delle organizzazioni, che non possono pensare di superare periodi di stagnazione e depressione economica utilizzando unicamente il pensiero calcolante capace solo di far di conto. Le idee non scaturiscono dai calcoli, ma dall’immaginazione, che non nasce da persone ridotte a esecutrici di strategie, ma da persone che, proprio perchè riconosciute come tali, attivano, oltre al sentimento, anche il loro pensiero, in termini decisamente più produttivi di quanto non sia l’ideazione oggi affidata alle sole menti esauste dei pubblicitari.” .
E allora?
Allora, contesto statunitense, contesto italiano, necessità aziendali di creatività e innovazione e individuali di autenticità, equilibrio e sfide vere... i conti tornano? Vogliamo, tutti noi, come individui, come aziende iniziare concretamente, genuinamente, a farli tornare nel reale interesse di tutti? O forse preferiamo continuare a prenderci in giro con il tran tran quotidiano e corsi di formazione per renderlo più digeribile? Vogliamo iniziare a fare di valori veri, quelli forti, interni, di identità il perno dell’espressione della nostra professionalità?
Le aziende potrebbero cominciare ad essere sicuramente consapevoli ed interessati complici in tutto questo. Di identità, visione e valori genuini, realmente manifestati nei comportamenti quotidiani, sia come aziende che come individui ne abbiamo sempre più bisogno.

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