BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 25/11/2002

SINCRONISMO MILITARE E IMPASSE DIPLOMATICA: LA CRISI DEL LUGLIO 1914

di Dario Pellizzari


Dario Pellizzari
Sincronismo militare e impasse diplomatica. La crisi del luglio 1914

Recensione di
Stephen Kern, The Culture of Time and Space, 1880-1918 Cambridge, Massachusetts: Harvard University Press, 1983; trad. it. Il tempo e lo spazio, edizione italiana Il Mulino, 1995

“Ieri sarebbe stato meglio di oggi e oggi di domani.”

Le organizzazioni, con le loro procedure determinate e univoche collegate, ad un livello più profondo, all’ossessione per il tempo (come risorsa limitata), ostacolano spesso il corso naturale delle decisioni, legato alla dialettica, alla speranza di un accordo degli interessi, di una composizione delle divergenze.

Il dispiegamento delle forze, che le nazioni europee seppero mettere in campo nei giorni precedenti il primo conflitto mondiale, determinò gli avvenimenti, più che le deliberazioni dei singoli individui.

Se la guerra scoppiò, ciò fu anche dovuto all’incapacità degli attori coinvolti di ‘trattenere’ il corso degli eventi. Alla facoltà dialettica della decisione si oppose, con drammatico successo, la capacità di organizzazione. Un ritardo nel predisporre la ‘mobilitazione’ avrebbe determinato una perdita di vite umane o di chilometri a ridosso del fronte. E una mobilitazione totale era da preferire ad una parziale, che ne avrebbe solo rallentato il corso, diminuito l’efficacia.

I diplomatici, allora, potevano disporre del telegrafo e del telefono: inviare informazioni e richieste, ricevere indicazioni e consigli sulle strategie da adottare. Il tempo dei rapporti copiosi, ricchi di descrizioni minute, analisi e considerazioni, volgeva al termine. Il mutare del contesto avrebbe reso obsoleto il lavoro di raccolta dei dati. Ma il telegrafo esonerava il diplomatico dall’onere di una decisione complessa.

Anche una risposta – si pensava – avrebbe potuto essere data in tempi brevi, appunto “nell’epoca delle ferrovie, del telegrafo, del telefono.”: così l’ambasciatore austriaco a Belgrado giustificava il tempo ridotto concesso al governo serbo per elaborare una risposta all’ultimatum. E la dichiarazione di guerra alla Serbia da parte dell’Austria-Ungheria, infine, giunse a Belgrado per telegramma.

La diplomazia, allora, si scontrò con le esigenze della mobilitazione degli eserciti. Il piano di attacco (e le contromisure di difesa) prevedeva un rigido controllo degli eventi: una concatenazione di azioni, univocamente identificabili nel tempo. Ogni ripensamento, ogni indugio circa il corso ‘inesorabile’ degli avvenimenti, l’avrebbe ostacolato e compromesso [1]. Ma i diplomatici mancavano di una chiara comprensione delle varie specie di mobilitazione. Semplificando, il loro modello organizzativo non prevedeva una concatenazione rigida degli eventi. Perseguendo l’obiettivo di una conciliazione delle opposizioni, l’abilità diplomatica riconosceva al futuro una certa indeterminatezza.

Dal diario di Kurt Riezler, consigliere del cancelliere Bethmann Hollweg per la politica estera, apprendiamo: “Quale sarà il nostro destino? Ma il destino è in grandissima misura completamente stupido ed incerto e del tutto irretito nel puro caso. Chiunque lo afferra, lo ottiene. Questo dannato mondo impazzito è diventato troppo confuso per capire o fare predizioni. Troppi fattori tutti in una volta.” [2]

Il kaiser tedesco Guglielmo II non usava il telefono per parlare con i suoi ministri ma, nel tentativo estremo di scongiurare il conflitto, ricorse al telegrafo per comunicare con lo zar Nicola II, suo cugino. Il carattere di concisione, velocità e indipendenza della comunicazione ‘sul filo elettrico’ erano però estranei ad entrambi. Non c’era più il tempo per una contatto personale, adeguato al rango.

Gli eventi, infine, precipitarono. Il tempo, non più il solo conciliatore, era stato piegato alle esigenze ‘spaziali’ degli eserciti, macchina efficiente di conquista e determinazione del futuro immediato.

Conclusione.
Nelle aziende prevale un modello organizzativo gerarchico, nel quale il tempo è rappresentato come quantità limitata. Nell’ostinata convinzione di poterlo controllare e determinare, si persegue l’obiettivo di una ‘maggiore’ organizzazione. Le parole d’ordine ricorrenti sono: migliorare le procedure, definire più ‘precisamente’ mansioni e competenze, ‘ottimizzare’ etc.

La storia ci invita a riflettere sul tempo come risorsa (e non come quantità misurabile). Mancando il tempo, viene meno il valore storico di una decisione. Così le reali conseguenze della crisi del luglio 1914, non poterono essere previste.

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Note

[1] Il piano tedesco prevedeva l’attraversamento della frontiera francese, passando dal Belgio, in M22 e la presa di Parigi in M39. Cioè 22 e 39 giorni dopo la mobilitazione. I francesi portarono al fronte quasi due milioni di soldati usando la ferrovia: pochissimi treni arrivarono in ritardo.

[2] Da Karl Dietrich Erdmann, Kurt Riezler. Tagebücher, Aufsätze, Dokumente, Göttingen, 1972, p.190-1; citato da Stephen Kern, Il tempo e lo spazio, ed. it. Il Mulino 1995, p.351.

 

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