BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 20/12/1998

 PARADOSSI DELLE RICERCHE DI MERCATO OGGI: DIFFICOLTÀ COME OPPORTUNITÀ

 Di Luisa Pogliana

Il falso problema degli interlocutori aziendali

E’ il primo tema su cui ho potuto raccogliere un diffuso atteggiamento di insoddisfazione tra gli addetti ai lavori. Le strutture che nelle aziende si occupano di ricerche, si dice (facendo riferimento agli immediati committenti e destinatari delle ricerche: marketing manager o figure simili), rivelano, più che in passato, una bassa ‘cultura di ricerca’. Formulano malamente le loro richieste, forniscono uno scarso contributo in sede di briefing, utilizzano in misura non corrispondente al valore i risultati delle ricerche, spesso addirittura non appaiono in grado comprenderli appieno...

Si tratta di una evoluzione in buona misura vera. L’evoluzione va però compresa nelle sue motivazioni, che esistono e che sono chiare. E all’evoluzione si dovrà rispondere propositivamente, adeguando l’offerta.

Oggi gli stessi grandi clienti vivono gli effetti di mutamenti organizzativi che tendono a renderli sempre meno ‘grandi clienti’. Le funzioni centrali di staff al vertice aziendale tendono ad essere eliminate, perché il grande gruppo tende a scomporsi in Business Unit chiamate ad operare come singole imprese. Le strutture vengono quindi alleggerite (downsizing), o decentrate, avendo come modello l’impresa di dimensioni snelle, poco articolata, scarsamente dotata di competenze specialistiche. Le attività che richiedono forte competenza specialistica sono, in linea di tendenza, spostate fuori dall’azienda (outsourcing), ed affidate a imprese dedicate.

Si spiega così che tendenzialmente gli interlocutori offerti agli Istituti di ricerca siano sempre meno dotati di forte competenza specifica, e si avvicinino più che in passato alla figura del mero buyer. E questo, se a prima vista appare come un’infausta caduta di livello, può essere per i fornitori di ricerche un potenziale vantaggio. Tutto sta nel sapersi trasformare da fornitori di informazioni da interpretare in fornitori di interpretazioni: da meri ricercatori a consulenti, se necessario in grado di fornire le competenze delle strutture interne eliminate o alleggerite.

Tenendo presente che la situazione del fornitore di fiducia di un cliente competente ed attento è una fortuna destinata a diventare sempre più rara.

D’altra parte questo nuovo orientamento organizzativo delle grandi imprese pone agli enti centrali dell’azienda preposti alle ricerche di mercato altrettante e parallele necessità di adeguamento e cambiamento nel modo di strutturarsi, di rapportarsi ai propri committenti interni, e anche nella tipologia di servizi forniti. Perché stanno cambiando anche i problemi su cui intervenire -le politiche di sviluppo, di marketing- e quindi le necessità informative delle aziende. E qui si apre un nuovo capitolo.

 

Knowledge management e tecnologia

Oggi infatti la vera ricchezza delle strutture aziendali di ricerche di mercato (e, parallelamente, di un Istituto) non sta più solo nel fornire singole risposte mirate di volta in volta a singoli problemi, ma sta nel complessivo ed integrato bagaglio di conoscenze. Sempre più c’è bisogno di una ricchezza informativa che non si riassume solo nel ‘sapere’ e nel ‘pensiero’ di singole persone, e che non è frazionata in singoli output relativi ognuno ad una singola ricerca. Sapere e pensiero incrementano esponenzialmente la loro efficacia se sono sovrapposti, socializzati e condivisi (cross fertilization).

Ciò significa che una struttura aziendale di ricerche (e un Istituto) dovrà porsi strategicamente il problema di costruire il proprio sistema di Knowledge Management.

E i ricercatori, su qualunque fronte operino, rientrano a pieno titolo nella categoria emergente dei knowledge workers: soggetti che nel momento in cui accumulano informazioni finalizzate ad un singolo progetto alimentano la base dati (building); soggetti che allo stesso tempo ottimizzano le proprie capacità traendo il massimo profitto dal riutilizzo di informazioni contenute nella base dati (leverage).

L’uso di tecnologie appare per questo indispensabile alla capitalizzazione del know how ed alla costruzione di un servizio adeguato alle nuove richieste. La tecnologia è, dunque, un tema rilevante, perché non riguarda più solo il singolo strumento (per fare un esempio, il CAPI) o il singolo prodotto caratterizzato da routine di elaborazione definite, ma diventa uno strumento per svolgere il proprio ruolo ai nuovi livelli necessari.

 

Verso il Marketing Relazionale

Parlando di nuovi orientamenti nelle politiche di marketing, sembra opportuno porre l’accento su uno dei più significativi cambiamenti in atto, che ha importanti (forse non abbastanza capiti) riflessi sul ruolo dei ricercatori e sullo stesso senso di ciò che oggi si intende per ‘ricerca di mercato’.

Tutto nasce da una esigenza sempre più pressante: lo scontro competitivo tende a spostarsi dalla qualità dei prodotti (a parità di prezzo, sempre più mediamente simile) alla qualità del servizio, e cioè della complessiva risposta ai bisogni del cliente.

La competizione si sposta così sul piano del Customer Care: il proprio mercato è difeso o accresciuto instaurando con ogni singolo cliente una relazione.

Non si tratta di una lontana meta a cui tendere. In alcune aziende molto innovative è già una realtà.(È il caso dei gestori telefonici, come Omnitel, che ha posto il Customer Care al centro della propria strategia, facendo incetta di award per la qualità del servizio).

Nella logica del Customer Care le aspettative, i suggerimenti, le lamentele del singolo cliente sono l’informazione in base alla quale l’offerta viene costruita e continuamente riadeguata.

Servono a questo scopo sistemi informativi di marketing: software in grado di raccogliere in un unico sistema informativo integrati tutti i dati sui clienti ed il mercato. Fino ad a mettere immediatamente a disposizione dell’addetto che viene contattato dal cliente tutte le informazioni che lo riguardano, non solo commerciali ma anche caratteristiche sociodemografiche, stili di vita, schema dei bisogni. E servono persone preparate a capire e soddisfare le esigenze del cliente.

Migliaia di contatti al giorno cercati spontaneamente dai clienti (che segnalano disfunzioni, chiedono indicazioni) costituiscono l’opportunità per aggiornare la base dati seguendo in tempo reale l’evoluzione delle aspettative e dei bisogni, in tutte le loro articolazioni e segmentazioni.

Il Customer Care ingloba quindi molte funzioni di analisi e segmentazione della clientela, fornisce informazioni prima cercate attraverso le ricerche di mercato.

A questa sfida il fornitore di ricerche dovrà saper rispondere, non riproponendo i ruoli del passato, ma individuando spazi nel nuovo contesto. Il know how del ricercatore, ad esempio, può essere particolarmente utile per definire gli schemi di risposta a fronte dei contatti sollecitati dal cliente: si tratta di ruoli da inventare.

Anche qui, dunque, emerge un bel tema di ricerca, che riguarda al contempo i comportamenti dei clienti finali ed i nuovi spazi per quella che oggi si chiama Ricerca di Mercato.

 

Grandi spazi difficili da coltivare: la Pubblica Amministrazione

Infine un ultimo aspetto di tutt’altra natura, fuori dal rapporto Aziende-Istituti, aspetto su cui ho avuto modo di ragionare nel mio ruolo di rappresentante italiano di ESOMAR.

Riguarda un altro mercato, che nel nostro paese potrebbe aprirsi per le ricerche, con grandi potenzialità espansive: la Pubblica Amministrazione. Infatti da noi l’incidenza della committenza pubblica sul mercato delle ricerche è molto più bassa che nei principali paesi europei (in qualche caso con un rapporto da uno a dieci).

Anche il mercato pubblicitario analogamente considera Comuni, Regioni, Consorzi, Parchi, Ministeri clienti degni di sempre maggiore attenzione.

In quest’ambito, particolare interesse riveste l’area del tempo libero e dei consumi culturali, a cui le Amministrazioni locali sono abbastanza sensibili, perché si tratta di offrire nuovi servizi ai propri primi clienti –gli abitanti del territorio amministrato– ma anche e soprattutto di attrarre flussi turistici.

Una conferma è venuta anche dalle iniziative, per ora limitate e sporadiche, sviluppate in questa direzione dalla rappresentanza italiana di ESOMAR (il bel convegno organizzato nel ‘97 con il Comune di Napoli -il contributo delle ricerche all’economia delle città d’arte e turismo-, a cui è seguito un corso di formazione alle ricerche per funzionari del Comune; ora richiesto anche dal Comune di Padova).

Nel complesso sembra trattarsi di una domanda sicuramente esistente, ma solo allo stato latente. E quindi bisognosa di stimoli.

Infatti questo sviluppo appare, sul breve termine, meno roseo di quanto possa sembrare sulla carta: si tratta di un mercato ancora condizionato da vincoli burocratici, da rigidità procedurali e da basso potere di spesa. (La riforma Bassanini, se pure ha aumentato gli spazi di autonomia e di rapidità decisionale dell’Amministrazione, è riuscita solo in piccola parte ad incidere su prassi e culture lontanissime dal mercato. Altrettanto dicasi dell’elezione diretta dei sindaci: pareva una vera svolta, una iniezione di atteggiamento ‘imprenditoriale’, ma, salvo eccezioni, il reale cambiamento è stato inferiore alle attese).

In questa situazione sta dunque ai singoli operatori coltivare questi mercati potenziali, individuando la direzione in cui muoversi, ma forse qualche attività propositiva più sistematica potrà essere studiata dalle associazioni professionali, cominciando da ESOMAR (idealmente insieme ad ASSIRM, AISM...).

Con questo ho toccato solo alcuni problemi della nostra professione in questa fase, quelli che ho avuto modo di esaminare meglio nella mia esperienza. In tutti questi aspetti c’è molto da lavorare, da pensare, c’è molta fatica: ogni cambiamento è fatica. Ma sono convinta che alcune nuove tendenze indicano interessanti possibilità per chi opera sui diversi fronti delle ricerche di mercato, la possibilità di fare un salto in alto anziché un salto in basso. Bisogna, come sempre, darsi molto da fare.

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