BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 24/03/2003
Dalla Remediation al giornale omeostatico, ovvero da Philip Dick a Bolter [1]

 Di Luisa Pogliana

Con questo secondo anno di lavoro la ricerca ha messo buone basi su due aspetti,  cioè la costruzione dei gruppi sociali rispetto al consumo dei media, e il time budget, l’uso del tempo rispetto all’utilizzo dei media. Proprio partendo da questo  c’è un aspetto che vorrei analizzare, perché su questo  mi piacerebbe che si focalizzasse il proseguimento della ricerca. I risultati della  ricerca forniscono una buona fotografia della situazione attuale, molto rispondente al modello consolidato che noi abbiamo in mente, in base alla nostra esperienza, quando pensiamo all’uso dei media e a come essi si dispongono nel tempo libero.

Il problema interessante è la possibile evoluzione di questi gruppi di popolazione nell’uso dei media.  Io non credo (come si prospetta nel rapporto) che l’evoluzione avverrà per espansione lineare,  cioè passando attraverso un graduale sviluppo quantitativo, una sorta di “ingrassamento” dei gruppi che passano da diete mediatiche povere a diete meno povere. Non possiamo sapere cosa davvero succederà, ma si possono tentare ipotesi, anche in base a quanto è già leggibile nella fotografia fornitaci dalla ricerca. Ci sono due fenomeni soprattutto che fanno ipotizzare che lo sviluppo di questo modello non procederà linearmente, ma vada invece verso un cambiamento “catastrofico”, nel senso di una rottura e di una profonda riorganizzazione.

Il primo è l’uso del tempo libero, che oggi è molto cambiato anche rispetto ad anni recenti. Sono molto più sfumati i confini nell’uso e nella divisione tra tempo di lavoro e tempo libero: si lavora dalle vacanze o da casa collegandosi con il computer e il cellulare, ma si può anche avere più flessibilità per gestire impegni o interessi personali nei tempi di lavoro considerati canonici. Il tempo disponibile sempre più diventa una risorsa scarsa e preziosa.

A questo è legato l’altro fenomeno: in questo tempo insufficiente per fare tutto, l’uso dei mezzi è frequentemente sovrapposto e interstiziale, incuneato nelle crepe e nei rapidi intervalli tra un’attività e l’altra. Così, ci colleghiamo a Internet e intanto abbiamo un cellulare appiccicato all’orecchio, “guardiamo” la televisione mentre leggiamo delle riviste o scriviamo al computer, approfittiamo di qualunque momento morto per leggere qualcosa. Si potrebbe continuare con esempi di questo uso imbricato e residuale, dato che è diventato così  ‘normale’ che quasi non ce ne accorgiamo (una recente ricerca effettuata negli Stati Uniti ha documentato l’estensione di questo fenomeno, al punto che gli autori prospettano la necessità di un nuovo modello di pianificazione pubblicitaria che ne tenga conto).

Ma tornando a leggere i risultati della ricerca Censis, questi comportamenti sintomatici del futuro si possono vedere soprattutto nel gruppo dei ‘pionieri’, il più avanzato nell’uso dei media e prevalentemente composto da giovani. Nel commento del rapporto ci si chiede: ma come fanno ad avere il tempo di leggere, guardare, ascoltare, usare tutti questi mezzi? Penso che buona parte della risposta sia proprio in questa nuova modalità di sfruttamento del tempo.

Ma qui si inserisce un'altra chiave di spiegazione molto importante: ogni nuovo mezzo che appare sulla scena non è solo una cosa in più che si aggiunge ai mezzi tradizionali esistenti. Anche da questo punto di vista non si può pensare ad un modello solo ‘quantitativo’ (“avevamo 10 media, adesso ne abbiamo 11, ne avremo 12, e questi competono nel contendersi il tempo libero di un soggetto”). Non è solo così. Io penso, per tornare all’esempio dei ‘pionieri’, che riescano a fare tutte queste cose perché hanno una alfabetizzazione specifica per ogni media, e quindi ne sanno fare un uso specifico differenziato anche come tempo. Perché anche il tempo cambia nei media: un’ora di televisione non ha per nulla la stessa dimensione soggettiva e temporale di un’ora di playstation per esempio, è completamente diverso.

Allora credo che dobbiamo pensare allo sviluppo di questa ricerca avendo in mente un possibile modello non lineare di sviluppo, cioè un modello che fa riferimento alla teoria della complessità. In questa direzione  ci è utile la prospettiva proposta da Bolter, che lui definisce come “remediation”. [2] Remediation significa sostanzialmente che ogni media che appare sulla scena porta a riposizionare tutti gli altri media, cioè a ridefinire la loro funzione di mediatore rispetto allo scopo che si prefiggono. Ogni nuovo media costringe ogni altro media precedente a definire la sua missione in una maniera più fine, e più specificamente centrata su quello che è il vero benefit di fondo. E non si tratta solo di ‘new media’ verso media tradizionali, è una storia nota per tutti i mezzi di comunicazione.

Questa è probabilmente la prospettiva che abbiamo davanti: ogni mezzo ha una sua specificità, che è quella da valorizzare, e quindi la competizione non avverrà solo sulla sottrazione di tempo agli altri.

Dunque dovremmo tenere in considerazione l’ipotesi che si procederà più probabilmente per “catastrofi”, per rotture, si salteranno addirittura delle fasi nell’utilizzo dei media. Guardiamo per esempio i ‘pionieri’, che già passano direttamente ad un uso di Internet che è maggiore di quello dei mezzi tradizionali: questo è un indicatore che può aiutarci a capire quale sarà la tendenza.

Per questo mi pare che la ricerca Censis possa posizionarsi come studio strategico, nel senso che può essere la ricerca che aiuta a individuare i modelli evolutivi, anche da un punto di vista qualitativo, che miri a delineare la prossima scena mediatica, la qualità dell’evoluzione. Credo che si possa pensare di proseguire la ricerca affiancando alla fotografia numerica un’analisi qualitativa: non solo la rilevazione di quanti e quali mezzi usano, ma come li vedono, come li vivono, cosa vuol dire un mezzo rispetto ad un altro, soprattutto per i giovani. Dico i giovani perché ovviamente già oggi sono loro a costituire in buona parte i gruppi più avanzati nell’uso dei media, e perché saranno il futuro, e possono darci segnali delle tendenze.

Inoltre potremmo rilevare in modo più articolato l’uso di certi mezzi, e l’emergere di nuovi fenomeni (penso alla playstation, fenomeno ancora molto piccolo, ma di qualità nuova: comunemente pensata nell’area dei videogiochi, oggi, tra l’altro, viene usata per la formazione manageriale). Sono aspetti che dovremmo monitorare perché ci danno i sintomi di nuovi sviluppi (senza avere nessuna pretesa di prevedere il futuro: Toffler dice che  “nessun serio futurologo fa profezie”, e Naisbitt che “le cose che ci aspettiamo che accadano, di solito, accadono più lentamente, sono gli imprevisti che ci colgono di sorpresa”). 

Concludo citando un fatto che mi sembra emblematico. Tutti conosciamo le News di Google: è un giornale elettronico che viene composto automaticamente prelevando dalla rete le notizie più fresche o più importanti, selezionandole da circa  4000 quotidiani di lingua inglese che si trovano on-line. Ecco, a me è venuto in mente Philip Dick, che in un romanzo degli anni ‘40 o ’50 –credo–aveva prefigurato il giornale ‘omeostatico’. Ovviamente non era, non poteva essere, on-line (la rete e le tecnologie da cui scaturisce erano ancora lontane), ma era concepito esattamente con la stessa logica: un giornale ‘omeostatico’ in quanto si componeva e si stampava da solo proprio su queste basi. Però ci vuole una genialità come quella di Dick per prefigurare queste cose con 50 anni di anticipo. 

Probabilmente nessuno di noi è un grande genio, ma certo possiamo orientare un po’ la ricerca in questa direzione.



[1] Intervento di Luisa Pogliana, Direttore Ricerche di Mercato Mondadori, alla presentazione (31 ottobre 2002) del Secondo rapporto CENSIS sui media (Franco Angeli, marzo 2003).

[2] BOLTER, Jay David, Writing Space. The computer Hypertext, and the Remediation of Print (seconda edizione), Lawrence Erlbaum Associates, Hillsdale (N.J.), 2001; trad. it. Lo spazio dello scrivere. Computer, ipertesto e la ri-mediazione della stampa, Vita e Pensiero, 2002.

BOLTER, Jay David e GRUSIN, Richard, Remediation. Understanding new media, MIT Press, Cambridge (Mass.); trad. it. Remediation. Competizione e integrazione tra media vecchi e nuovi, prefazione e cura di A. Martinelli, Guerini e a Associati, Milano, 2002.

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