BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 24/11/2003
I giovani: un nuovo modello di costruzione della conoscenza [1]

Commento al terzo rapporto CENSIS sui media:giovani e media

di Luisa Pogliana

La ricerca di quest'anno ci conferma quanto cominciavamo a vedere nell’edizione precedente: i comportamenti del gruppo di popolazione più evoluto nell'uso dei media, di cui i giovani sono componente fondamentale, stanno cambiando. Accanto ai cambiamenti sul piano quantitativo -l'uso dei mezzi si amplia e si intensifica- appaiono ora più evidenti i cambiamenti sul piano qualitativo.

Senza ripetere le indicazioni puntuali della ricerca, può essere utile aggiungere alcune osservazioni sul modello culturale complessivo dei giovani, che può forse illuminare meglio i singoli comportamenti e le loro ragioni.

Innanzitutto si vede come i giovani si allontanano da noi -dalle generazioni precedenti- per un diverso stile cognitivo, cioè nel modo di elaborare, utilizzare e organizzare le informazioni.

La nostra cultura si è consolidata attorno all'idea di scarsità, al timore di non avere informazioni sufficienti, e quindi sul bisogno di conservare al meglio le informazioni. Il sapere  si è dunque organizzato attorno a regole precise, stabilite a priori (ed ecco, per esempio, la centralità del libro).

La mappa dei ragazzi, all'opposto, si fonda sulla consapevolezza dell'abbondanza, sulla certezza di avere comunque accesso ad ogni informazione utile. Il timore riguarda , se mai, l'eccesso, il pericolo di esserne subissati (come dice anche la ricerca).

L'ambito dell'apprendimento -non quello giudicato 'valido' dalla scuola, ma quello 'ambientale' complessivo- è aperto, ed utilizza una rete di fonti diverse, alte e basse, senza confini netti: la rete della conoscenza è aperta, e più che i singoli nodi contano le connessioni; il ventaglio  e la gerarchia dei mezzi sono aperti e mutevoli, anche se ogni mezzo porta un contributo cognitivo diverso.

Possiamo fare qualche esempio, di questa mescolanza di fonti, in aggiunta a quelle che la ricerca ha potuto esplorare.

Innanzitutto i Computer Game (non importa se giocati su un Personal Computer, o sulla Playstation, o altra piattaforma dedicata). Potrebbero sembrare semplicemente come un medium 'ricreativo', che non ha pretese di 'insegnamento', ma in realtà sono un momento fondamentale delle esperienze culturali giovanili: permettono di sperimentare una specifica modalità di apprendimento, coerente con il mondo nel quale il giovane si muove.

Altri evidenti cambiamenti, nel modello cognitivo, sono legati a comportamenti emersi ed affermatisi con Internet. Pensiamo al peer-to peer. Si tratta dell'utilizzo, tramite Internet, di luoghi dove le informazioni  sono rese disponibili per un uso collettivo, in uno scambio paritario dove ognuno è sia fonte che destinatario. I contenuti (musica, software, informazioni...) sono condivisi in un'operazione di costruzione collettiva della conoscenza. Di questo sono esempi noti Napster o, adesso, Kazaa.

E’ importante notare che in questo approccio emerge anche un'etica specifica, l'etica della reciprocità: "offro qualcosa in cambio di qualcos'altro, con un vantaggio collettivo". E' l'idea dell'open source, affermatasi con Linux.

Tutto questo non va letto in chiave idealistica o utopica, ma al contrario ha concrete implicazioni perché contiene, implicitamente, un nuovo modo di intendere il mercato, e in particolare un nuovo modo di determinare il valore di un prodotto o servizio.

Sappiamo bene, per cominciare, che praticamente nessuno, oggi, ritiene di fare qualcosa di illecito se copia un disco o fotocopia pagine di un libro o ricorre al download, anzi, dai giovani è considerato 'giusto' e 'normale' accedere a risorse gratuite. In senso più lato, a commisurare il valore in base a nuovi riferimenti.

Aggiungo qui -a conferma di questa tendenza, cioè di una nuova percezione del valore- un dato che proviene da tutt'altra fonte: per la Divisione Libri della Mondadori, abbiamo appena concluso una ricerca di base sulla lettura e l'acquisto dei libri, e in questo quadro abbiamo esaminato anche gli atteggiamenti verso il prezzo. Non solo dai giovani, ma dalla maggior parte dei lettori il prezzo dei libri è ritenuto caro. Ma non come può essere ritenuto caro un qualunque altro oggetto: il libro costa troppo - nella percezione soggettiva- proprio perché è uno strumento di alto valore, per l'arricchimento intellettuale ed emotivo che consente, e per questo si ritiene che dovrebbe essere facilmente accessibile a tutti economicamente.

Altri segnali provengono anche dai periodici, per i quali abbiamo visto recentemente cambiare i criteri di valutazione del prezzo che si è disposti a pagare.

Assistiamo dunque all'emergere di una cultura nuova, che si caratterizza anche per altri valori o criticità, che la ricerca ha individuato più esplicitamente: le nuove aspettative verso i mezzi riguardano anche la velocità, l'essenzialità, la possibilità di mirare subito a ciò che interessa, e indicano come aspetti critici dei mezzi tradizionali la noiosità, la percezione di manipolazione, l'eccessiva richiesta di impegno, tempo e soldi per un beneficio non sempre chiaro e forte. (In quest'ottica, tra l'altro, è anche interessante leggere il fenomeno della diffusione della free press presso i giovani).

Questa cultura è andata oltre i parametri consolidati, ha radici forti, e si impone.

Per cui il problema è capirla bene e trovare nuovi modi con cui i nostri mezzi e il nostro modo di fare business recepiscano e rispondano alle nuove aspettative.

Faccio a questo proposito un esempio, lontano dal mercato dei mezzi di comunicazione, ma pertinente, perché riguarda l'accesso sociale alle conoscenze nello scenario emergente.

Anche il MIT, il noto istituto universitario, si è trovato a fronteggiare il problema della riproduzione e divulgazione incontrollabile dei contenuti dei suoi corsi - che sono il suo business. Capito che barriere e divieti non avrebbero portato a nulla, ha scelto di convivere con la cultura dell'accesso gratuito. Conseguentemente, si è posto la domanda chiave: su quali basi può fondarsi il business nel nuovo contesto culturale? E cioè: cosa, nel nuovo contesto, si è disposti a pagare? La risposta del MIT è stato il progetto OpenCourseWare (OCW; http://ocw.mit.edu/index.html).  Sostanzialmente, consiste nel fatto che i materiali dei corsi conclusi sono offerti gratuitamente sulla Rete, come contributo alla crescita di una conoscenza collettiva. ("OCW reflect the idea that, as scholars and teachers, we wish to share freely the knowledge  that we generate through our research and teaching").

Si bilancia la perdita con guadagno di immagine -che attira nuovi iscritti- e soprattutto si stimola il corpo docente alla produzione di nuovi contenuti, all'innovazione che fa la differenza.

Un’ ultima cosa da tenere presente: questa cultura, con queste caratteristiche, non è solo tipica dei giovani, è la cultura creata dai nuovi media, dalle possibilità offerte dalle nuove tecnologie. La vediamo ovviamente bene nei giovani, che si appropriano prima e più facilmente di novità e cambiamenti, ma le tendenze portate alla luce dalla ricerca riguardano in prospettiva tutti.

Un'azienda come la Mondadori, che investe molto e continuamente nella ricerca, è un buon osservatorio da cui si può vedere che le critiche e le esigenze che vengono dalle fasce giovani sono in buona parte già presenti (con intensità e manifestazioni diverse, ma di qualità simile) anche tra altri utilizzatori.

La ricerca dunque  è un ulteriore segnale che il nostro problema, come operatori del settore, è quello di  riposizionare i nostri mezzi rispetto alle nuove esigenze, perché il mutamento culturale porta sempre con sé un mutamento del mercato.  E, in questo caso, dobbiamo affrontare un cambiamento forte, perché le nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione non hanno genericamente portato novità, ma hanno determinato una forte discontinuità sociale e culturale. Non è facile, ma è possibile e inevitabile.

Per usare un pensiero di Manuel Castells, tra i più lucidi studiosi della società dell'informazione, potremmo dire che oggi "Il problema non è Internet, il problema siamo noi".



[1] Intervento di Luisa Pogliana, Direttore Ricerche di Mercato Mondadori, alla presentazione (30 ottobre 2003) del Terzo rapporto CENSIS sui media: giovani e media. Per il Rapporto 2002 vedi: Luisa Pogliana Dalla Remediation al giornale omeostatico, ovvero da Philip Dick a Bolter.

 

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