BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 10/11/2008

OBAMA E IL FAST FOOD

di Gianfrancesco Prandato

Credo che il mondo abbia avuto un sussulto si speranza e di gioia nel vedere Barack Obama vincere queste elezioni a valanga negli Usa. Da anni cerco di scrivere quanto gli Usa siano una culla di democrazia e in qualche modo il laboratorio di cambiamento del mondo.(1) Mi spiace ancora leggere pezzi che giudico superficiali e intrisi di antiamericanismo da centro sociale.
Questo che leggo sui panini e sulla esperienza nei fast food di Marco Bruschi  (www.bloom.it/bruschi1.htm) è un po’ di questo tipo.(2) Ma non è il più aggressivo, ne ho letti anche su Bloom diversi.
I fast food vanno criticati molto e per molti buoni motivi che non cito nel mio pezzo, ma quello che non mi piace (nulla di personale ma spero ti faccia riflettere per il tuo futuro) è questa critica della divisione, della semplificazione e delle strutturazione del lavoro per job che si riflette bene nella frase finale
“Chissà, se fossi rimasto di più magari un giorno avrei spiegato anch’io a qualcuno come lavarsi le mani, invece arrivò ottobre e con esso le lezioni universitarie. Me ne andai col sorriso sulla faccia perché non ne potevo davvero più. Ciao swing, ciao manager. Ciao popeto, griglia e cella frigorifera. Ciao panini, ciao friggitrici. Ciao regole assurde, ciao patatine.”
Ma perché, perché come vizio maledetto della sinistra qualunquista, esultiamo per la elezione di un presidente diverso in tutti i sensi e disprezziamo le regole, i metodi e i canali che permettono di selezionare ed elevare persone immigrate con poca alfabetizzazione offrendo loro un impiego e la dignità di un vero lavoro? Questo non è esattamente il caso di Obama perchè suo padre era un economista se non sbaglio, ma è un buon momento per ricordarlo.
Perché in lacrime mi chiedo?
Ti senti offeso quando ti spiegano come lavarti le mani cosa che tu credi banale solo perché non sei nato in Africa, dove di acqua ne vedi poca e non sei immigrato in Italia alla ricerca di un primo impiego da qualche mese. Questa per me è democrazia vera, opportunità di dignità e uguale trattamento.
“Pensavo di non aver sentito bene e sgranai gli occhi mentre Giulia si metteva davanti al lavandino e mi diceva che, mi raccomando, servono due spruzzi del sapone liquido e poi ci si asciuga con questa carta qui. Prova tu. Volevo dirle che anche io ogni tanto durante la mia vita mi ero lavato le mani, ma tenni la bocca chiusa e mi spruzzai due volte il sapone.”
Ma caro amico mio da dove pensi venga la democrazia, la dignità? Cosa pensi possa portare dal Kenya a Harvard e alla casa Bianca da padre in figlio, se non dei meccanismi di integrazione che passano attraverso la standardizzazione delle aspettative di una impresa e l’oggettiva richiesta di prestazioni?
Come diceva Marx, un filosofo di quasi due secoli fa, la quantità è la quantità. Questo è il modo democratico di insegnare tutto a tutti, di non discriminare in base alla razza, al sesso e alle apparenze fisiche. Io penso che se ci fossero più corsi su come lavarsi le mani avremmo più democrazia nei posti di lavoro.
Non è banale per chi arriva dal Congo trovare lavoro e lavarsi le mani, non pensi? Ne vogliamo fare dei cittadini o li pensiamo sempre come immigrati? Vogliamo che un loro figlio possa essere e sentirsi Italiano a tutti gli effetti o che si sentano immigrati e segregati per generazioni? E lavarsi le mani non è banale neppure per tanti Italiani che vediamo uscire dal bagno evidentemente con le mani belle asciutte perché non se la sognano proprio di lavarsele. Pensa se dopo devono cucinare gli hamburger e le patatine che mangiamo!
“Pensavo fosse un po’ una cavolata questo metodo di assunzione, più che altro poco professionale. Poi ho capito che per il fast-food va alla grande perché tanto non conta cosa sai fare, conta che tu ti metta il cappellino e che ti piazzi dietro la griglia. Quello che ti serve sapere te lo insegna uno swing dagli occhi di ghiaccio e se non lo impari avanti il prossimo.”

Insomma amico, amici fuori dai luoghi comuni, non si può essere stupiti se il paese dei fast food ha prodotto un presidente Obama e ne ha mandati migliaia come lui a Harvard, Stanford e nelle altre università (magari pagando le spese con le borse di studio).
Credo vada rispettato nella sua enorme complessità, spogliandoci della nostra 'importante', personale e provinciale prospettiva europea.
W i corsi su come ci si lava le mani, sono sintomo di igiene, pari opportunità e integrazione.
L ’impero come ci ricorda Negri nel suo nefando libro di qualche anno fa vince ancora, perché convince e ingloba nella democrazia anche i poveri, gli immigrati e offre loro una opportunità. La DEMOCRAZIA è un bene di cui dobbiamo occuparci ovunque e ogni giorno come ha ricordato poco tempo fa un certo Levi Strauss.
Caro Marco spero di averti convinto


1 - Per un interessante commento vedi: http://www.lavoce.info/articoli/pagina1000731.html

2- Marco Bruschi, I panini da dentro, www.bloom.it/bruschi1.htm

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