BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 09/03/2009

RIVISTE

di Gianfrancesco Prandato

E singolare notare come in un mondo che diventa sempre più globale e quindi uguale ci sia un settore che resiste a questa tendenza alla omogeneizzazione. Questo settore è quello dell’editoria e più in particolare quello dei giornali e delle riviste.
Credo tutti abbiano notato le 33 (circa) pagine dedicate da Repubblica alla Commissione Vigilanza Rai prima che fosse eletto Villari. Pagine che descrivevano come ogni giorno non ci fosse accordo sull’elezione del candidato, quindi descrivevano come non ci fosse la notizia. Insomma ogni giorno una pagina per dire No News. Fatti difficilmente catalogabili come un evento globale. Anzi, difficile vedere l’evento. Pochi credo i lettori interessati.
Questa considerazione mi viene in mente leggendo da qualche parte che tra poco uscirà l’edizione italiana di Wired. (1)
L’edizione italiana di Wired, ma che senso ha?
E prima ancora l’edizione italiana di National  Geographic. Ma che senso ha?
Non me intendo, ma credo  il significato sia di raccogliere pubblicità. Ma quale pubblicità può raccogliere Wired in italiano? Perché chi sarà mai interessato a leggere Wired in italiano? Credo che gli italiani interessati a leggere Wired possano benissimo, anzi preferiscano, leggere la rivista in inglese. Che è poi un inglese schematico, non certo difficile da avvicinare. Meglio: è americano, la lingua dell’innovazione, della tecnologia.
Si prende il problema dalla coda. Invece che tradurre (pessima abitudine anche nei film!), perché non  cercare di sviluppare contenuti italiani, produrre testi italiani, e proporli scritti anche in italiano a lettori stranieri.
Ambizioso? Irrealistico? Non credo; credo solo che richieda molto lavoro.
In questa situazione di crisi della carta stampata, però, ci sono note positive e incoraggianti.
Sempre di più attraverso il tam tam di internet emergono riviste di nicchia che aggregano lettori e simpatizzanti un po’ ovunque.
Riviste che una volta, quando io frequentavo l’università, sarebbero state diffuse in ciclostile, ma  che sono diventano dei veri e propri punti di riferimento globali .
Ecco alcune delle letture che consiglio.

Wired
Wired è la rivista principe cult della divulgazione tecnologica. Fondamentalmente un contenitore di pubblicità Hi Tech,e High trend.
La sua caratteristica più bella sono le pagine di pubblicità in cui c’è il tentativo di catturare l’innovazione, il mondo che verrà. Un vero show room del futuro.
Ogni numero è composto di  un solo articolo con poche altre  rubriche, il tutto affogato in decine di pagine di pubblicità.
L’articolo è sempre un tentativo di Ground Breaking, un tentativo di cambiare le regole o di tirare le somme di un fenomeno o di un evento.  Cerca insomma sempre di stupirci facendoci scoprire qualche cosa di nuovo. E’ una rivista fantastica da sfogliare e da collezionare. The Future of Food , The Phone of the Future...
L’ultimo numero è un inventario della relazione tra tecnologia di prevenzione e il cancro.

Adbusters
Tutti conosciamo Naomi Klein e suoi best seller No logo, ecc... Adbusters è la rivista e il movimento che hanno fatto da incubatore alla scrittrice. E una rivista patinata e molto trendy. Parla delle globalizzazione, del potere delle multinazionali, del fast food e di tutto quello che non funziona nel consumistico  e opulento mondo occidentale.
Il punto è che invece di una povera rivista fatta su carta riciclata, ci troviamo davanti ad una rivista eccezionalmente stampata e con una edizione di altissimo livello, come solo una rivista a grande tiratura internazionale si può permettere.
Questa confezione di alto livello che ricorda le riviste del consumismo si  è attirata non poche critiche, ma la realtà di Adbusters rimane ed è una realtà di audience mondiale.
 
Catalogo Patagonia
Il catalogo di Patagonia è una rivista. una rivista cult. Una rivista fatta dai lettori, per dei lettori.
Le foto quasi tutte incredibilmente belle, sono mandate dai lettori e unico vincolo è che da qualche parte ci sia un capo Patagonia. Per lo più sono foto di gente immersa nella natura, anzi in totale sintonia con essa. Poi c’è  la parte commerciale, con la descrizione dei capi di abbigliamento, molto spesso uguali da anni, La descrizione è tecnica, parte dall’ambiente, dalla funzione d’uso per cui  sono stati creati. Capi per correre, per pescare, per arrampicare.
L’ambiente insomma è al centro è all’inizio del percorso produttivo e commerciale di questa azienda. Gli articoli centrali sono poi totalmente in linea con le premesse: Finding space for tule Elk,  e Chasing Glaciers (catalogo winter 2008).
Anche gli articoli più sportivi sono sempre incentrati sull’esperienza e non sulla performance, uno sport vissuto nella natura, rispettoso dell’ambiente, mai estremo, mai sfidante, mai chiassoso; uno sport in sordina che cerca di passare nei luoghi rendendosi il meno visibile possibile, che assapora il percorso, esperienze eccezionali di gente normale.
Esempio nello stesso catalogo il racconto The Diamone gamble.
Il riciclo, la coscienza per l’ambiente sono sempre presenti. La dicitura: “non comprare questo capo di abbigliamento se non ne hai bisogno” e la tracciatura di tutti i componenti e dei processi produttivi che portano alla costruzione di un articolo sono le cose più evidenti.
Una rivista manifesto per l’ambiente che trovo davvero da collezione e imperdibile.

Colors
Fondata da Toscani circa 10 anni addietro la rivista Colors è nata come una copia più estrema di Interview, la rivista che allora andava per la maggiore.
La grafica è sempre forte, avanti, si vede che la redazione cerca continuamente di innovare con i contenuti e le immagini e l’obbiettivo, anche se la sede è a Treviso, è quello di rappresentare il mondo. Un mondo anche molto marginale, colorato, estremo, soprattutto nelle sue contraddizioni.
I numeri sono monografici. Ne conservo uno degli inizi in uno strano formato con il tema DIO.
Tutti i modi di essere religiosi nel mondo con scritte  e immagini. Vedendo la varietà  dei culti, dopo la lettura si diventa atei.
E poi l’Aids trattato in molti numeri, la devastazione dell’Africa, le baraccopoli, la violenza, le telenovelas, l’energia, le droghe, le frontiere - solo per citare a caso alcuni temi trattati in questi anni.
Storie poco scritte e molto fotografate. Presentate attraverso una grafica forte, che non lascia indifferenti.
Una rivista che lascia il segno. Discontinua per definizione, perché a seconda del numero cambia completamente. Comunque avanti. Fatta in Italia, anzi in provincia, eppure, o forse proprio per questo, parla veramente del e al mondo.


1 - Gianfrancesco Prandato scrive mentre è in viaggio all'estero. Wired edizione italiana è in edicola in questi giorni. (nota di F.V.)

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