BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 09/02/2004

PICCOLI IDEALI

di Gianfrancesco Prandato

A parte questa storia dei ritardi
Come ogni settimana Clara compilava il foglio dei ritardi. Questa settimana non era come le altre, era la peggiore da quando aveva iniziato a lavorare. 25 minuti lunedì, 14 martedì, 32 mercoledì, giovedì, aveva la scusa della macchina rotta, quindi non contava e venerdì infine, “solo” 12 minuti.
Non era poi così male, almeno venerdì era migliorata!
A parte quella stupida regola per cui trattenevano il doppio di quello che perdevi in termini di tempo, una specie di multa, quello che trovava insopportabile era dovere farsi firmare il foglio dal suo capo.
Aveva, nel corso degli anni provato diverse tattiche. Metteva il suo foglio insieme a quello degli altri e li portava contemporaneamente alla firma di Ridelli. Ma Ridelli, vero pignolo, se li scartabellava tutti davanti a lei commentandoli con frasi del tipo: “ma cosa crede che sia un lavoro alle Poste?” oppure “Ancora due mesi così e chiamo il personale per farlo trasferire!”
Quando arrivava il suo, stava zitto, evitava di commentare, o meglio commentava con frasi interrogative come:
“Settimana difficile Eh!”.
Clara non sapeva mai come rispondere, sì, no, boh. Non era stata una settimana difficile, ma la mattina non ce la faceva proprio ad alzarsi, solo questo. Avrebbe voluto avere delle scuse “serie”, come dei figli o una madre da accudire o qualcosa di socialmente più accettabile, ma invece non aveva niente di tutto questo, solo la sera suonava il sassofono con una jazz band in locali non proprio alla moda.
A parte questa storia dei ritardi Clara era una segretaria modello. Sempre presente, non usciva quasi nella pausa di mezzogiorno. Si dedicava al lavoro con un impegno e una allegria poco comuni. La sua presenza non passava inosservata: alta castana, capelli ricci e occhi verdi, era sul palco e sulla vita una donna che non si dimenticava.
Dopo l’insuccesso dei fogli mescolati, aveva comunque cambiato tattica, il suo foglio veniva per primo, bello in vista, ma dopo un paio di tentativi ci aveva rinunciato di fronte a un:
“Però, casa c’è problemi con la sveglia o la macchina non fa più di 30 all’ora?”
Scelta definitivamente sbagliata!
In più c’erano quelli del Personale, una vera ossessione. La chiamavano con regolarità rispiegandole ogni volta, circa ogni mese, l’orario e le regole dell’azienda. Lei se le ricordava, solo non riusciva ad osservarle.
Non erano bruschi o aggressivi come ci si poteva aspettare. Tutt’altro, erano gentili; fermi sulle loro posizioni, ma assolutamente gentili, o meglio professionali.
Il problema per Clara, più che la perdita economica che subiva ogni mese, era il continuo richiamo ad una regola che lei non le sembrava giusta. Lei non voleva rinunciare al suo hobby che la faceva vivere felice e che le aveva anche permesso di non guardare la tv per anni. Ignorava perfino l’esistenza di Fazio.
Nel suo ambiente era un piccolo mito la chiamavano Parkerina, per i suoi assolo che vagamente ricordavano quelli di Charlie Parker. Lei non ne era mai stata fiera, pur riconoscendo in Parker un capostipite, gli preferiva Coltrane, il suo suono libero, puro e la sua tecnica suprema e inarrivabile che derivava dall’innocenza. Molti dei suoi colleghi erano venuti a vederla, era una piccola celebrità anche in azienda. La segretaria sassofonista, la chiamavano. Non aveva mai capito se fosse un complimento o una presa in giro, ma poco importava.

Il ritmo del tempo
Era appena arrivata in azienda, era felice, come poche volte lo era stata di mattina. Settembre era il suo mese preferito, non era piu’ così caldo, l’inverno era ancora lontano e poi oggi, l’undici, era il suo complenno: 29 anni. Stasera si sarebbe festeggiato. Come ogni mattina aveva appena finito di ascoltare “A love supreme”. Lo ascoltava lungo il tragitto tra casa e lavoro, 17minuti e 33 secondi. Tre note variate all’infinito, la perfezione della semplicità: Coltrane. Erano le 8 e 42, non particolarmente male pensò, mentre passava il badge nel orologio conta tempo.
Una corsa su per le scale fino all’ufficio. Ridelli, stranamente, era già in riunione.
Clara quasi non si accorse del biglietto che era attaccato allo schermo del suo computer.
Il biglietto diceva: ” ORE 8.23, PER FAVORE RICHIAMARE FISELLATO, 4469, Ridelli”
Lei subito chiamò.
Fisellato era un “gestore” del personale. Strano titolo per uno che si occupava di eliminare le persone poco produttive.
Era una brava persona che ascoltava le lamentele dei capi e dei dipendenti, risolveva problemi di ferie, malattie e, contro il suo carattere mite, alle volte doveva eseguire decisioni che giudicava difficili.
La ricevette subito.
Non si fermò, come sempre nel suo open space, ma la fece accomodare in una saletta con pareti vere, riservata, le offrì un caffè, che Clara come sempre non accettò e iniziò con una lunga rincorsa.
Cominciò così: “L’ho vista suonare un po’ di volte, lei ha un vero talento. E’ veramente brava e sfrenata quando suona, deve essere faticoso. Suona ogni sera?”
Clara era un po’ sorpresa da questo interesse musicale, ma rispose con sincerità:
“Ma più o meno sì, suono ogni sera. Mi stanca, ma sa è un fatto di disciplina, io non bevo, mangio poco e selezionato, per cui alla fine non ne risento più di tanto, beh certo arrivo spesso un po’ in ritardo, ma….”
“E già, purtroppo questo è il punto”
incalzò subito il “gestore”, rivelando la vera natura dell’appuntamento.
“La verità è che lei ha un comportamento veramente poco accettabile, ritardi su ritardi, l’anno scorso 29 giorni in orario su 220! Mi sembra tanto, anzi un po’ troppo”.
Clara attaccò il motivo che tante volte aveva provato con Fisellato:
“Datemi un orario diverso, fatemi legalmente arrivare alle 9e30, non mi sembra una cosa impossibile!”
“Non è previsto, da...”
Subito rispose il gestore, ma venne bruscamente interrotto.
“Non è previsto dal contratto lo so e allora? Io non capisco è come se la vita,la mia vita, dovesse adattarsi a un contratto. Non è importante quello che faccio al lavoro, ma se arrivo in ritardo. E ancor di più, non ho una scusa buona: bambini, genitori, o cose del genere. Io ho solo Coltrane, ma questo non Basta, non è accettabile, intendo socialmente accettabile, perché non è la norma.”
Fisellato si riprese e cominciò una difesa d’ufficio:
“Non c’entra, non. È rilevante se lei fa delle attività fuori dall’ufficio e ...”
Non riuscì a ad arrivare alla quindicesima parola, travolto dalla rabbia di Clara:.
“C’entra, eccome se c’entra. E’ esattamente l’argomento con cui lei ha cominciato la conversazione. E’ come se tutti se ne fregassero delle mie qualità, dei risultati che ottengo e dell’impegno che ci metto, tutti vi focalizzate su un aspetto marginale e, tutto sommato, poco importante per il lavoro che faccio qui. I vostri discorsi sono sempre pieni della parola “prestazione”, ma non la misurate mai, quello che uno fa è marginale, la vostra attenzione è sempre puntata sul tempo, e non vi interessa neanche quanto tempo uno passa al lavoro, ma solo quando arriva e quando esce, soprattutto, nel mio caso quando arriva. Sono venuta in ufficio presto, qualche volta, ma oltre al sacrificio di alzarmi a un orario per me inumano, devo dire che ho perso tempo almeno nella prima mezz’ora, che e’ per tutti un periodo di ambientamento. La maggior parte degli impiegati legge il giornale o chiacchiera davanti al caffè, concedendosi una pausa, ancor prima di cominciare. Prima delle 9e30 non accadeva nulla e io che non bevo caffè, arrivo giusto in tempo per cominciare con gli altri.”
“Questo dipende dagli uffici e dai capi e non è il punto di cui stiamo discutendo, il problema è i suoi ritardi e il fatto che Ridelli la vuole far ammonire, con un provvedimento disciplinare, le vuole dare un richiamo scritto, è una cosa grave, sa?.”
Clara era esterrefatta, non sapeva cosa dire, aspettò 40 secondi e proprio quando Fisellato stava per riprendere, cominciò:
“Per me va bene, io però non voglio solo un provvedimento, voglio anche essere trasferita, non voglio più lavorare per lui, mi può trovare un posto in qualche altro ufficio?, mi va bene tutto, ma non voglio lavorare per una persona che si rivela ingrata, assetata di potere e con dei pregiudizi. Per di più non ha il coraggio di dirmi niente, ma me lo fa dire da lei. E’ incredibile, con tutto il lavoro che faccio per lui.”
“No, no, Ridelli non vuole questo, non la vuole perdere, vuole solo che lei sia più regolare nelle sue entrate, le mattine insomma;.è un piccolo sforzo.”
“Sono io che non voglio, sono io che non accetto, adesso;lasci da parte i ritardi, si rende conto del lavoro che faccio in quell’ufficio? E del lavoro che svolgo per lui personalmente, documenti, casa, dichiarazione dei redditi, io gli risolvo problemi che neanche lui immagina di avere, è incredibile, quindi lei mi sta dicendo, è lui, non voi che mi tormentate con questi problemi di ritardo?”
Fisellato era preoccupato, la situazione gli stava sfuggendo di controllo, una normale intervista per un provvedimento disciplinare si era trasformata in un qualcosa di imprevedibile e i cui sviluppi lo avrebbero potuto porre in una luce decisamente non positiva.
Cercò di riprendere il controllo della situazione:
“Veramente è l’azienda, non faccia dei personalismi, non possiamo fare eccezioni altrimenti tutti vorrebbero un regime particolare.“
“Ma cosa dice, l’azienda non esiste, l’azienda è la gente, la gente. La gente con i suoi comportamenti, fa la differenza. Cosa è uno spartito senza esecuzione? E’ solo carta scritta, io non accetto, voglio cambiare capo, ufficio, forse azienda, ci penserò, non vi importa di quello che faccio, di come lavoro, volete farmi smettere di suonare questa è la verità, “
Fisellato vedeva finalmente uno spiraglio. Questo colloquio partito come un provvedimento disciplinare si era tramutato in un qualcosa di faticoso. Ora, se Clara avesse mantenuto il suo atteggiamento di reazione, volendo cambiare ufficio, avrebbe creato un problema serio di gestione e imbarazzato un poco tutti, alla fine. Le dimissioni erano una qualche via d’uscita, non la migliore, ma accettabile per come si erano messe le cose. Poteva sempre dire che era una scelta personale, il suo hobby, avrebbe reso il tutto credibile. Decise di percorrere questa strada..
“Veda un poco lei, altri posti non ce ne sono, io la devo avvertire, certo Ridelli non apprezzerà quello che lei mi ha detto e lo conosco è una persona di temperamento difficile.”
“Già di temperamento difficile. Mi lasci parlare con lui e poi decido.”
Ancora. Le era scappata, stava per tornare in una situazione difficile. Se Clara fosse tornata da Ridelli senza una soluzione definitiva, Ridelli lo avrebbe alzato di peso, eccome. Era un vero maleducato, molto aggressivo e prepotente. Nascondeva la sua timidezza dietro la sua presenza massiccia. Non doveva lasciare che accadesse.
“Le posso offrire un aiuto se decide di andarsene, magari le posso pagare il preavviso, è una bella somma, soprattutto è tassata in maniera diversa, le vengono in tasca più soldi.”
“Guardi Fisellato, non è solo un problema di soldi, io voglio, voglio chiarire, capire, come mai si comporta così, capire cosa succede veramente, chi è responsabile di cosa e perché una impiegata molto produttiva come di fatto sono io, viene allontanata dall’azienda.”
Fisellato la guardò, stava veramente creandogli un problema che sarebbe diventato serio, e quella mattina non era neanche arrivata troppo in ritardo, erano solo le 8,54.
Guardò l’orologio, avrebbe fatto una magra figura, mentre lo guardava si sentì sollevare in un rombo sordo. Lo spostamento d’aria lo aveva schiacciato contro il soffitto, quando la fiammata incenerì tutto, le sue parole, le note di Coltrane e i suoi piccoli ideali. Clara era scomparsa davanti a lui, avvolta dalle fiamme contro la parete un secondo prima che lui morisse; incenerita.
Ridelli, forse si era salvato, il suo ufficio era dall’altra parte del Pentagono.

 

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