PICCOLI IDEALI
di Gianfrancesco Prandato
A parte questa
storia dei ritardi
Come ogni settimana Clara compilava il foglio dei ritardi. Questa settimana
non era come le altre, era la peggiore da quando aveva iniziato a lavorare.
25 minuti lunedì, 14 martedì, 32 mercoledì, giovedì,
aveva la scusa della macchina rotta, quindi non contava e venerdì infine,
“solo” 12 minuti.
Non era poi così male, almeno venerdì era migliorata!
A parte quella stupida regola per cui trattenevano il doppio di quello che perdevi
in termini di tempo, una specie di multa, quello che trovava insopportabile
era dovere farsi firmare il foglio dal suo capo.
Aveva, nel corso degli anni provato diverse tattiche. Metteva il suo foglio
insieme a quello degli altri e li portava contemporaneamente alla firma di Ridelli.
Ma Ridelli, vero pignolo, se li scartabellava tutti davanti a lei commentandoli
con frasi del tipo: “ma cosa crede che sia un lavoro alle Poste?”
oppure “Ancora due mesi così e chiamo il personale per farlo trasferire!”
Quando arrivava il suo, stava zitto, evitava di commentare, o meglio commentava
con frasi interrogative come:
“Settimana difficile Eh!”.
Clara non sapeva mai come rispondere, sì, no, boh. Non era stata una
settimana difficile, ma la mattina non ce la faceva proprio ad alzarsi, solo
questo. Avrebbe voluto avere delle scuse “serie”, come dei figli
o una madre da accudire o qualcosa di socialmente più accettabile, ma
invece non aveva niente di tutto questo, solo la sera suonava il sassofono con
una jazz band in locali non proprio alla moda.
A parte questa storia dei ritardi Clara era una segretaria modello. Sempre presente,
non usciva quasi nella pausa di mezzogiorno. Si dedicava al lavoro con un impegno
e una allegria poco comuni. La sua presenza non passava inosservata: alta castana,
capelli ricci e occhi verdi, era sul palco e sulla vita una donna che non si
dimenticava.
Dopo l’insuccesso dei fogli mescolati, aveva comunque cambiato tattica,
il suo foglio veniva per primo, bello in vista, ma dopo un paio di tentativi
ci aveva rinunciato di fronte a un:
“Però, casa c’è problemi con la sveglia o la macchina
non fa più di 30 all’ora?”
Scelta definitivamente sbagliata!
In più c’erano quelli del Personale, una vera ossessione. La chiamavano
con regolarità rispiegandole ogni volta, circa ogni mese, l’orario
e le regole dell’azienda. Lei se le ricordava, solo non riusciva ad osservarle.
Non erano bruschi o aggressivi come ci si poteva aspettare. Tutt’altro,
erano gentili; fermi sulle loro posizioni, ma assolutamente gentili, o meglio
professionali.
Il problema per Clara, più che la perdita economica che subiva ogni mese,
era il continuo richiamo ad una regola che lei non le sembrava giusta. Lei non
voleva rinunciare al suo hobby che la faceva vivere felice e che le aveva anche
permesso di non guardare la tv per anni. Ignorava perfino l’esistenza
di Fazio.
Nel suo ambiente era un piccolo mito la chiamavano Parkerina, per i suoi assolo
che vagamente ricordavano quelli di Charlie Parker. Lei non ne era mai stata
fiera, pur riconoscendo in Parker un capostipite, gli preferiva Coltrane, il
suo suono libero, puro e la sua tecnica suprema e inarrivabile che derivava
dall’innocenza. Molti dei suoi colleghi erano venuti a vederla, era una
piccola celebrità anche in azienda. La segretaria sassofonista, la chiamavano.
Non aveva mai capito se fosse un complimento o una presa in giro, ma poco importava.
Il ritmo del tempo
Era appena arrivata in azienda, era felice, come poche volte lo era stata di
mattina. Settembre era il suo mese preferito, non era piu’ così
caldo, l’inverno era ancora lontano e poi oggi, l’undici, era il
suo complenno: 29 anni. Stasera si sarebbe festeggiato. Come ogni mattina aveva
appena finito di ascoltare “A love supreme”. Lo ascoltava lungo
il tragitto tra casa e lavoro, 17minuti e 33 secondi. Tre note variate all’infinito,
la perfezione della semplicità: Coltrane. Erano le 8 e 42, non particolarmente
male pensò, mentre passava il badge nel orologio conta tempo.
Una corsa su per le scale fino all’ufficio. Ridelli, stranamente, era
già in riunione.
Clara quasi non si accorse del biglietto che era attaccato allo schermo del
suo computer.
Il biglietto diceva: ” ORE 8.23, PER FAVORE RICHIAMARE FISELLATO, 4469,
Ridelli”
Lei subito chiamò.
Fisellato era un “gestore” del personale. Strano titolo per uno
che si occupava di eliminare le persone poco produttive.
Era una brava persona che ascoltava le lamentele dei capi e dei dipendenti,
risolveva problemi di ferie, malattie e, contro il suo carattere mite, alle
volte doveva eseguire decisioni che giudicava difficili.
La ricevette subito.
Non si fermò, come sempre nel suo open space, ma la fece accomodare in
una saletta con pareti vere, riservata, le offrì un caffè, che
Clara come sempre non accettò e iniziò con una lunga rincorsa.
Cominciò così: “L’ho vista suonare un po’ di
volte, lei ha un vero talento. E’ veramente brava e sfrenata quando suona,
deve essere faticoso. Suona ogni sera?”
Clara era un po’ sorpresa da questo interesse musicale, ma rispose con
sincerità:
“Ma più o meno sì, suono ogni sera. Mi stanca, ma sa è
un fatto di disciplina, io non bevo, mangio poco e selezionato, per cui alla
fine non ne risento più di tanto, beh certo arrivo spesso un po’
in ritardo, ma….”
“E già, purtroppo questo è il punto”
incalzò subito il “gestore”, rivelando la vera natura dell’appuntamento.
“La verità è che lei ha un comportamento veramente poco
accettabile, ritardi su ritardi, l’anno scorso 29 giorni in orario su
220! Mi sembra tanto, anzi un po’ troppo”.
Clara attaccò il motivo che tante volte aveva provato con Fisellato:
“Datemi un orario diverso, fatemi legalmente arrivare alle 9e30, non mi
sembra una cosa impossibile!”
“Non è previsto, da...”
Subito rispose il gestore, ma venne bruscamente interrotto.
“Non è previsto dal contratto lo so e allora? Io non capisco è
come se la vita,la mia vita, dovesse adattarsi a un contratto. Non è
importante quello che faccio al lavoro, ma se arrivo in ritardo. E ancor di
più, non ho una scusa buona: bambini, genitori, o cose del genere. Io
ho solo Coltrane, ma questo non Basta, non è accettabile, intendo socialmente
accettabile, perché non è la norma.”
Fisellato si riprese e cominciò una difesa d’ufficio:
“Non c’entra, non. È rilevante se lei fa delle attività
fuori dall’ufficio e ...”
Non riuscì a ad arrivare alla quindicesima parola, travolto dalla rabbia
di Clara:.
“C’entra, eccome se c’entra. E’ esattamente l’argomento
con cui lei ha cominciato la conversazione. E’ come se tutti se ne fregassero
delle mie qualità, dei risultati che ottengo e dell’impegno che
ci metto, tutti vi focalizzate su un aspetto marginale e, tutto sommato, poco
importante per il lavoro che faccio qui. I vostri discorsi sono sempre pieni
della parola “prestazione”, ma non la misurate mai, quello che uno
fa è marginale, la vostra attenzione è sempre puntata sul tempo,
e non vi interessa neanche quanto tempo uno passa al lavoro, ma solo quando
arriva e quando esce, soprattutto, nel mio caso quando arriva. Sono venuta in
ufficio presto, qualche volta, ma oltre al sacrificio di alzarmi a un orario
per me inumano, devo dire che ho perso tempo almeno nella prima mezz’ora,
che e’ per tutti un periodo di ambientamento. La maggior parte degli impiegati
legge il giornale o chiacchiera davanti al caffè, concedendosi una pausa,
ancor prima di cominciare. Prima delle 9e30 non accadeva nulla e io che non
bevo caffè, arrivo giusto in tempo per cominciare con gli altri.”
“Questo dipende dagli uffici e dai capi e non è il punto di cui
stiamo discutendo, il problema è i suoi ritardi e il fatto che Ridelli
la vuole far ammonire, con un provvedimento disciplinare, le vuole dare un richiamo
scritto, è una cosa grave, sa?.”
Clara era esterrefatta, non sapeva cosa dire, aspettò 40 secondi e proprio
quando Fisellato stava per riprendere, cominciò:
“Per me va bene, io però non voglio solo un provvedimento, voglio
anche essere trasferita, non voglio più lavorare per lui, mi può
trovare un posto in qualche altro ufficio?, mi va bene tutto, ma non voglio
lavorare per una persona che si rivela ingrata, assetata di potere e con dei
pregiudizi. Per di più non ha il coraggio di dirmi niente, ma me lo fa
dire da lei. E’ incredibile, con tutto il lavoro che faccio per lui.”
“No, no, Ridelli non vuole questo, non la vuole perdere, vuole solo che
lei sia più regolare nelle sue entrate, le mattine insomma;.è
un piccolo sforzo.”
“Sono io che non voglio, sono io che non accetto, adesso;lasci da parte
i ritardi, si rende conto del lavoro che faccio in quell’ufficio? E del
lavoro che svolgo per lui personalmente, documenti, casa, dichiarazione dei
redditi, io gli risolvo problemi che neanche lui immagina di avere, è
incredibile, quindi lei mi sta dicendo, è lui, non voi che mi tormentate
con questi problemi di ritardo?”
Fisellato era preoccupato, la situazione gli stava sfuggendo di controllo, una
normale intervista per un provvedimento disciplinare si era trasformata in un
qualcosa di imprevedibile e i cui sviluppi lo avrebbero potuto porre in una
luce decisamente non positiva.
Cercò di riprendere il controllo della situazione:
“Veramente è l’azienda, non faccia dei personalismi, non
possiamo fare eccezioni altrimenti tutti vorrebbero un regime particolare.“
“Ma cosa dice, l’azienda non esiste, l’azienda è la
gente, la gente. La gente con i suoi comportamenti, fa la differenza. Cosa è
uno spartito senza esecuzione? E’ solo carta scritta, io non accetto,
voglio cambiare capo, ufficio, forse azienda, ci penserò, non vi importa
di quello che faccio, di come lavoro, volete farmi smettere di suonare questa
è la verità, “
Fisellato vedeva finalmente uno spiraglio. Questo colloquio partito come un
provvedimento disciplinare si era tramutato in un qualcosa di faticoso. Ora,
se Clara avesse mantenuto il suo atteggiamento di reazione, volendo cambiare
ufficio, avrebbe creato un problema serio di gestione e imbarazzato un poco
tutti, alla fine. Le dimissioni erano una qualche via d’uscita, non la
migliore, ma accettabile per come si erano messe le cose. Poteva sempre dire
che era una scelta personale, il suo hobby, avrebbe reso il tutto credibile.
Decise di percorrere questa strada..
“Veda un poco lei, altri posti non ce ne sono, io la devo avvertire, certo
Ridelli non apprezzerà quello che lei mi ha detto e lo conosco è
una persona di temperamento difficile.”
“Già di temperamento difficile. Mi lasci parlare con lui e poi
decido.”
Ancora. Le era scappata, stava per tornare in una situazione difficile. Se Clara
fosse tornata da Ridelli senza una soluzione definitiva, Ridelli lo avrebbe
alzato di peso, eccome. Era un vero maleducato, molto aggressivo e prepotente.
Nascondeva la sua timidezza dietro la sua presenza massiccia. Non doveva lasciare
che accadesse.
“Le posso offrire un aiuto se decide di andarsene, magari le posso pagare
il preavviso, è una bella somma, soprattutto è tassata in maniera
diversa, le vengono in tasca più soldi.”
“Guardi Fisellato, non è solo un problema di soldi, io voglio,
voglio chiarire, capire, come mai si comporta così, capire cosa succede
veramente, chi è responsabile di cosa e perché una impiegata molto
produttiva come di fatto sono io, viene allontanata dall’azienda.”
Fisellato la guardò, stava veramente creandogli un problema che sarebbe
diventato serio, e quella mattina non era neanche arrivata troppo in ritardo,
erano solo le 8,54.
Guardò l’orologio, avrebbe fatto una magra figura, mentre lo guardava
si sentì sollevare in un rombo sordo. Lo spostamento d’aria lo
aveva schiacciato contro il soffitto, quando la fiammata incenerì tutto,
le sue parole, le note di Coltrane e i suoi piccoli ideali. Clara era scomparsa
davanti a lui, avvolta dalle fiamme contro la parete un secondo prima che lui
morisse; incenerita.
Ridelli, forse si era salvato, il suo ufficio era dall’altra parte del
Pentagono.