BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 16/02/2004

POISON IVI

di Gianfrancesco Prandato

Come alzava il ricevitore era la cosa più bella. Una mossa veloce, brusca, aggressiva. Era un gesto d’attacco.

“Pronto, …pronto!”.

Era così, non era certo migliorata negli ultimi 20 anni. Sin da quando aveva cominciato a lavorare aveva dimostrato una certa inclinazione al litigio e alla prepotenza. Però, non era stupida e questo era abbinato a una capacità di capire chi era veramente importante, chi le avrebbe fatto fare carriera. Era così arrivata a fare la segretaria del capo, del capo supremo, l’Amministratore Delegato.

Piano, piano lo aveva abituato, compatibilizzato con sé stessa, piccoli strappi, piccole regole, che imponeva per lo più agli altri, richiamare, invece di farsi richiamare, aspettare, rispettare i suoi tempi. Non era tutto negativo in fondo il suo capo ci si trovava a suo agio. Gli aveva dato una liturgia, un aurea di distacco dagli altri. Prima lo chiamavano per qualsiasi cosa e lui pronto a rispondere, a farsi coinvolgere. Adesso tutto era più distaccato le cose gli arrivavano con lentezza, filtrate, precipitate, metabolizzate dall’organizzazione. Erano perciò più chiare, più visibili più facili da decidere.
Era il suo filtro.

Quel “pronto, pronto”, era così gracchiato che faceva un po’ paura a tutti. Nessuno lo avrebbe chiamato senza un motivo. Nessuna la avrebbe disturbata senza una buona ragione, già perché Lei faceva più paura di lui, alle volte.

Le Altre, le segretarie, avrebbero fatto di tutto pur di non doverLa chiamare. Le telefonate hanno una loro liturgia, un loro ordine, un preciso significato difficile da alterare.
“Pronto, sono la Giulia, L’A.D. vorrebbe parlare con il tuo capo” Immancabile poi, una pausa, musichetta di sottofondo, di solito irritante, e di scarso buon gusto, mai collegata all’azienda. Aspettava, aspettava e mentre il tempo passava si chiedeva come mai si insista a mettere Albinoni e Vivaldi nel centralino delle aziende metalmeccaniche. E’ difficile da spiegare. Cosa ci si possa trovare di leggero nel rumore delle presse poi, me lo sono sempre chiesto, comunque, sempre musica a caso, con abbinamenti insensati., come mettere una tappezzeria rossa, rubino in una sala operatoria. Oppure I sottofondi senza senso, in cui la gente parla in italiano, che se telefona uno straniero non capisce se parlano a lui o cosa succede.

Poi il Capo, cioè la persona chiamata da Giulia, almeno un direttore, vista la posizione del suo capo,. A quel punto c’era una piccola conversazione. Giulia conversava del più e del meno con il direttore. Argomenti vari come: tempo, famiglia, spese, vacanze.
Non era importante, il cosa.
La cosa importante, era l’interlocutore: il senso era, io parlo con i direttori, io non parlo con le segretarie.

“Pronto, pronto” Giulia esprimeva impazienza per una telefonata ricevuta alle 9e45.

Dall’altra parte c’era un ascoltatore silenzioso.

“Pronto, pronto, ma cazzo non c’e’ nessuno che risponde?” Giulia arrabbiata.

“Scusi,… chi cerca?”, risponde una voce

“Come chi cerco?, sono Giulia Bandini e cerco Giorgio Fandelli.” Interessante perche’ non si era definita come una segretaria di o l’assistente di, lei esisteva in quanto se stessa, era quello che la differenziava dalle altre.

“Non lo so, io mi chiamo Giorgio, ma non come quel Fandelli.”

“Ah, mi scusi, sa faccio molte telefonate e mi scusi, ma che numero ho fatto?”

“Non lo so il numero, io devi aspettare che…”

“Ma scusi, il suo numero, non sa il suo numero?”
lo interruppe e il tono era quello abituale quello del solito “PRONTO!”, urlato, graffiato, non la rispettava le aveva dato del “TU”. Ma con chi pensava di parlare, con una semplice segretaria?

“Ma io,…” e uno scoppio di lacrime dall’altra parte del filo

“Io non lo so il numero e ho paura di stare a casa, io sono qui e la mamma non c’e’, ecco! Non puoi richiamare un’altra volta, per favore?”

Un bambino, stava parlando con un bambino e non se n’era resa conto, forse perche’ non ne aveva mai avuti.

“Scusa” disse “Scusa, ho solo sbagliato numero, ma non e’ il caso di piangere per una telefonata sbagliata, avanti, …. E poi la mamma arrivera’ presto vedrai, adesso ti saluto, ciao, devo chiamare la persona che cercavo.”

“Ciao, ma tu mi hai fatto piangere, sei cattiva, non ti voglio piu’ sentire.”

“…ma, ma, scusami, scusami, cosa posso fare, io…” Giulia era imbarazzata non sapeva perche’.

Mentre componeva I numeri del “vero” Giorgio ricordo’ da dove veniva il suo disagio, rivide sua madre mentre diceva che I bambini dicono sempre la verita’.
Per questo non ne aveva mai voluti.

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