BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 22/03/2004

UN M20 PER UNA SEGRETARIA

di Gianfrancesco Prandato

1984
“Vorrei avere un computer.”

“Perché?”.

“Come perché, perché mi serve, devo archiviare le lettere che scrivo, fare i conti del costo del lavoro, con LOTUS intendo, insomma è una cosa che sta diventando normale, lo usano tutti!
Cosa devo fare, a chi devo chiedere?”
Marco, è appena arrivato alla direzione del personale, un nuovo acquisto e Marco, ahimè, sono io.

“La procedura è semplice, noi diamo un m20 per una segretaria”
Risponde Francesco, un quadro della direzione sistemi informativi.

Marco è arrivato in questa grande realtà industriale, sfiancato dopo un anno di militare, ma ancora pieno di interessi e voglia di fare. Traspare un entusiasmo, una voglia di cambiare il mondo; e' un po' quello spirito e quell'ingenuità che avevano molti dei collaboratori di JFK, che non sapevano bene perché erano lì, ma provavano a cambiare il mondo.

Marco lascia la stanza con un problema semantico, anzi un doppio problema semantico: non sa bene cosa è un m20 e meno ancora cosa se ne fa una segretaria.
Sono quelle situazioni di imbarazzo in cui si e' appena arrivati, ma proprio per questo non si vuol dimostrare che i linguaggi interni dell’ organizzazione sono ignoti.

Si comincia così.
Si comincia così a mentire a se stessi e a gli altri, facendo finta di capire cosa vogliono dire quelle che gli americani chiamano “buzzword”, le parole che non vogliono dire nulla, che sono solo slogan e riempiono i vuoti di idee. Nelle organizzazioni diventano, spesso, baratri.
Comincia con poco, piccoli dettagli.
Si comincia dicendo di avere letto un libro che invece abbiamo solo comprato o sfogliato in libreria. Si finisce per trovarsi a proprio agio in questo contesto di learning, core, downsizing, etc… è come il telefono senza fili, uno dice una cosa, la inventa, e dopo un anno ne parlano tutti con differenti significati e con interpretazioni che nulla hanno a che vedere con l’ originale. Cambiano solo le espressioni perché, si fanno sempre le stesse cose, con la stessa spinta inerziale, con la stessa fatica. Sembra che nessuno possa veramente cambiare la natura delle organizzazioni. Nella vita le persone sono se stesse, fanno le cose più disparate: paracadutisti, sommozzatori, pittori, maratoneti, in azienda ridiventano solo livelli di inquadramento, come recita una bella poesia sul mondo aziendale.
“Ci si abitua a tutto anche ai bagni open space! O all’aria condizionata, figurarsi ai livelli.”
Questa era la definizione del lavoro e dei suoi aspetti meno piacevoli, ma comunque sopportabili che dava Francesco Reali, o meglio Francesco dottor. Reali come si firmava.

Un nuovo amico, mi aiutò. Ero convinto fosse stato mandato dalla forza buona che regola l'universo. La forza alla fine vuole che il bene prevalga e aiuta I giovani cavalieri Jedi. La storia l'aveva vista nel film "guerre stellari" e avevo finito per credere che non fosse solo un film.
Ogni generazione ha i propri miti, la mia ha conosciuto lo Zen attraverso gli alieni.
Avevo trovato il mio piccolo maestro: Joda, mi piaceva immaginare di essere un altro, sentirmi parte di qualcosa di più importante, un film di fantascienza, appunto.

Pensieri
Joda, aveva riso quando gli avevo spiegato la mia teoria della forza buona e che lui sarebbe stato il mio maestro. Era evidente che pensava fossero tutte cazzate, ma la cosa lo incuriosiva, perché era comunque un linguaggio nuovo e il nuovo, come disse lui poi, bisogna sempre ascoltarlo.
Da anni in azienda, Joda era tollerato dalla gerarchia perché otteneva risultati, ma mai capito e utilizzato fino in fondo per lo stesso motivo.
Nonostante non avesse visto "guerre Stellari", mi indicò il percorso del linguaggio, mi spiegò, cioè, il significato di quelle oscure frasi.
Era più facile di quanto sembrasse.
M20 significava un tipo di computer, che in azienda era diventato sinonimo di personal computer, anche se era solo un modello fatto da una azienda italiana: l'Olivetti.
E l'aspetto meno piacevole era che non lo volevano dare alla segretaria; lo davano in cambio di una segretaria, perché pensavano che il personal le avrebbe eliminate e ridotte di funzione. Infatti, secondo Reali e il suo dipartimento, riaccentrava sul proprietario molte delle funzione che prima erano della segretaria, come battere i documenti a macchina.
Battere I documenti a macchina, era citato costantemente come un esempio illuminante di come sarebbe stato diverso il mondo con le nuove tecnologie.
Era, citato in azienda, una specie di rivoluzione sociale, il prima e il dopo la macchina da scrivere.
Sognavo con regolarità di essere al chek point Charlie, durante gli anni della guerra fredda.
Lo aveva visto a Berlino, ci ero andato come premio per la laurea.
Un piccolo passaggio circondato dal filo spinato, in cui si passava da una Germania all'altra . Spesso scambiavano anche prigionieri.
Immaginavo la scena; da una parte un carrello con un personal computer ancora imballato, dall'altro una segretaria lentamente attraversavano il passaggio nei due sensi opposti. Il tutto sotto gli sguardi delle guardie di frontiera.
Era uno scambio. Mi avevano proposto uno scambio.
Forse lo scambio non era equo, ma era diventato la regola dell'azienda.
Finalmente avevo capito .

"Beh è semplice segui la valutazione delle performance, ti liberi di quella meno efficiente".
Ancora buzzword! Francesco, o meglio il dottor Reali era una vera fabbrica di luoghi comuni. Valutazione delle prestazioni delle segretarie, con almeno 20 anni di azienda ciascuna, mi sembrava una cosa improbabile, difficile, anche solo da dire.
Questo era quello che mi aveva chiesto.
Avevo chiesto un personal computer e mi trovavo a dover pensare di licenziare delle persone.
Mettere a disposizione, si diceva piu' elegantemente.
La valutazione delle prestazioni o “performances” come diceva Mirucci, il capo dello sviluppo organizzativo, non c’era ovviamente. Non mi riferisco agli ultimi anni, ma non era mai stata fatta, nei documenti personali si trovavano solo eventuali appunti di colloqui con le persone della gestione del personale. Erano secondo me, documenti privi di significato, perché totalmente soggettivi e pieni di annotazioni non legate alle prestazioni o al lavoro. Le cose più interessanti erano le cose legate al tempo passato al lavoro. Cose come ritardi, richieste di incrementi retributivi, ecc…non sapevo cosa farmene. Non vedevo la relazione tra I ritardi e il fatto che una persona lavorava più efficacemente dell'altra. I due fatti, non mi sembravano direttamente e immediatamente collegati, ma c'era questa cultura del minuto, nel senso del tempo e del dettaglio. Piccoli fatti, apparentemente poco significativi, finivano per creare la fama alle persone.

Situazioni
Camminavo lentamente trascinandomi per i corridoi dell'edificio sotto il peso di questo problema, che mi sembrava irrisolvibile. Volevo solo un personal e mi chiedevano di eliminare una persona, e questo era diventato un punto per cui mi avrebbero valutato, stavano a vedere quanto freddo e spietato ero e soprattutto come mi sarei tolto dalla situazione. Ogni mattina e ogni sera passavo davanti alle loro scrivanie e loro erano sempre li', arrivavano prima di me e se andavano dopo, quasi sapessero che erano parte di una gara di sopravvivenza. I tavoli puliti, poche carte, pochi appigli di conversazione.
Ogni buongiorno provocava un sussulto. Aspettavano.
A complicare la situazione c'era anche il modo in cui le avevano organizzate. Nel dipartimento c'erano tre segretarie. Lavoravano, nel cosiddetto pool, cioè attaccate con le scrivanie e si scambiavano le agende dei capi. Più ce n’ era una quarta, era la segretaria di Del Negro, il capo del personale, ma lei lavorava solo per lui. Era un segno di status, lui era piu' importante. Era la meno capace e quella che aveva meno da fare.
La roulette russa, un colpo tre potenziali vittime, premio uno strumento di lavoro.

Ogni tanto il mio sguardo incontrava quello di Joda, mangiavano in mensa spesso insieme. Ogni volta che cercavo di discutere l'argomento, un lieve impercettibile, sorriso gli attraversava il volto: dall'alto al basso e da destra verso sinistra. Non sembrava prendermi sul serio, ne' gli sembrava seria la situazione.

Pensai a loro, quasi per la prima volta.

Non c'erano criteri professionali o aziendali, che avrebbero motivato e giustificato una scelta; l'unico criterio sensato, avrebbe dovuto essere di tipo personale. Per cui per la prima volta pensai a loro come a persone, non come a colleghe.
La differenza è sostanziale.
Come colleghe avrei dovuto valutarle solo per il loro tempo al lavoro, come persone, ne avrei dovuto capire la totalità.

Renata era una persona fragile una donna di mezza età almeno allora mi sembrava così. Il marito faceva la maschera in un cinema. Già per questo mi sembrava vulnerabile. Io al cinema ci andavo spesso e erano sempre vuoti, specie durante la settimana; non vedevo un futuro roseo per la sua famiglia. Cercava di farsi accettare, mi aveva dato dei biglietti gratis per uno spettacolo di giovedì sera. Non volevo imbarazzarla. Ero così finito a vedere per la seconda volta un film di W.Allen che non mi era piaciuto neanche la prima volta.

Giulia, era la più professionale, sempre impettita. Una single con uno sguardo duro. Mascherava con difficoltà il suo pessimismo e il suo disprezzo per la funzione a cui apparteneva. Lavorava all'interno del pool delle segretarie, ma era il prevalente supporto dei "gestori", quelli che trattavano con le persone. In un periodo normale avrebbero dovuto cercare di risolvere i problemi, ma in questo contesto di riduzione di costi, I loro colloqui erano diventati quasi solo di uscita; ammesso che prima ci fosse stato qualcosa da dire. Mi guardava con uno sguardo che non aveva bisogno di commenti, vedeva in me, la nuova generazione di quelli che in cuor suo pensava come esseri disgustosi, vedeva in me un nuovo macellaio.

Un giorno mi disse:
" Economia aziendale, eh?; intendo dire che lei è laureato in economia, mi chiedevo come mai ha scelto di lavorare alla direzione del personale, di solito quelli con la sua laurea fanno il controllo di gestione, marketing,…."

Mi imbarazzò, francamente. Credo di essere diventato rosso, non mi succedeva spesso.
Ci fu un silenzio di almeno trenta secondi che interruppi rispondendo:

"Mi è sempre piaciuta la funzione del personale, ci ho fatto la tesi, credo che ci sarà un futuro diverso, migliore, per questo lavoro, ma è giusto quello che ha detto; ho scelto io di fare questo lavoro".

Era una risposta fuori tema, difensiva; era evidente che mi chiedeva dell'altro, voleva sapere come sopravvivevo in questo situazione, ma non avevo risposte a questo, stavo solo cercando di capire.

Silvana, era completamente diversa, madre di tre figli, si dava, come si dice, un tono. Cercava di rimettersi in forma dopo la terza gravidanza, non era facile.
Non era facile anche perché si era assentata per tre volte di seguito.
Aveva riavuto il posto alla direzione del personale quasi per miracolo, una collega era andata in pensione. Altrimenti sarebbe andata chissà dove, assegnata a qualche altra funzione, non protetta.

Joda
La luce si affievoliva, il sole scendeva veloce sull'orizzonte, il suo movimento era visibile a occhio nudo. Era una delle serate in cui, nonostante l'estate e il bel tempo, avevo deciso di stare in ufficio. Tanto il bel tempo in una grande città il più delle volte e' una condanna.

Joda, quella sera, si materializzò nel mio ufficio. Non c'era mai venuto prima.

L'ufficio consisteva in un cubo fatto di pareti trasportabili e rimovibili, al cui interno la sua presenza sembrava ancora più carismatica.

"Allora coma va’, te la stai cavando?" disse senza preamboli.

Nonostante non ne avessimo più parlato, sapeva cosa mi turbava, avevo ragione era proprio Joda, sentiva cosa mi scorreva dentro, percepiva i miei sentimenti.
"No, francamente no!" risposi.
"Non so cosa fare, sono in una situazione senza uscita, penso che alla fine dirò che il computer non mi serve."
Avrei voluto rinunciare a quella richiesta, che adesso mi sembrava così ingenua.

Mi ascoltò in silenzio fissandomi. Quel silenzio mi faceva sentire che ero sulla strada sbagliata, ma non un commento, nulla su quanto avevo appena detto, solo dopo una quindicina di secondi, cominciò:

"Guarda al problema che hai come a una opportunità, stai allargando la tua conoscenza. Pensavi all'azienda come a un posto di gente razionale, economica, invece stai scoprendo cosa è davvero: un posto di gente che fà del proprio meglio per sopravvivere e che quando ha un problema cerca di scaricarlo sull'anello debole della catena. In questo caso, l'azienda ha un problema di contenimento dei costi e di conseguenza tagliano le segretarie per risolverlo."

"Non mi sembra logico, anche in termini di costi, risparmiamo poco."
incalzai

"Non è logico, come ti ho appena detto, ma è una opportunità facile di riduzione dei costi, e guarda un po', non tagliano tutte le segretarie, ma solo quelle della gente che non conta molto, come te e i tuoi colleghi. Ricorda che quando hai capito sei già a metà del percorso."

"Ma che percorso, ma che capire, io non so cosa fare." fu la mia risposta esasperata.

"Il problema è articolato. Vedilo così: il costo, lo scenario è ideologico, c'è chi conta di più e chi conta di meno, e a te serve un computer, e in fondo una segretaria non la potresti eliminare veramente, nessuno pensa che tu lo possa fare davvero, avresti il sindacato alle calcagna e di più tutte le donne in azienda ti farebbero il voodo. Devi ottenere tutto questo insieme, metti tutte queste premesse che sembrano contraddittorie insieme e allineale la soluzione sarà chiara. Per farlo devi dimostrare qualcosa, a qualcuno. Supponiamo per esempio che tu sia capace di "scoprire" che non c'e' relazione tra il lavoro di una segretaria e l'automazione di ufficio introdotta da un personal, e, supponiamo che qualcuno incautamente, diciamo Reali, ne abbia fatto una bandiera in azienda, sarebbe un buon punto di partenza, non ti pare?
Ma attento devi dare una soluzione anche a Reali, le battaglie si vincono con degli alleati specie se si è piccoli come sei tu. Perchè tu sei piccolo parti da questo riconosci cosa sei, sei piccolo anche se sei brillante"

Le sue parole avevano qualcosa di saggio, ma mi confondevano più che chiarirmi. Tuttavia c'era una pace, un'energia che non mi lasciava indifferente, Joda mi stava indicando un percorso, dei risultati, stava a me arrivarci.
Ormai era buio e decisi che la serata andava passata fuori.
Come sempre dopo tante meditazioni, tutto appare chiaro, avevo un piano.

Segretarie
"Buongiorno signore"
Dissi entrando in ufficio e mi fermai fissandole davanti alle loro scrivanie.

Cercai di essere professionale. Chiamare tre persone per nome contemporaneamente non mi sembrava possibile, come non mi sembrava possibile dare una priorità, prima un nome poi un altro; parlavo a una categoria, a una classe sociale, avrebbero detto una volta, per cui optai per il signore era generico, rispettoso e collettivo.

"Vorrei capire bene cosa fate, come vi distribuite I compiti, come funziona la vostra autorganizzazione, per cui vorrei chiedervi di passare un po' di tempo insieme e di scrivere quello che Mirucci chiama una job description, penso, lo penso davvero, che possiamo estendere questo modello di pool a altre direzioni in azienda."

Silenzio; sguardi interrogativi; silenzio, Giulia che parla, tagliente come sempre.

"Lo pensa davvero? Nessuno ha mai fatto una analisi del lavoro di segreteria, tutti lo danno per scontato. Ci sono segretarie che reggono le attività di interi dipartimenti, fanno il lavoro dei loro capi, vuole provare questo? Non sarà molto popolare tra il management!"

Questa volta risposi senza imbarazzo:
"No, non rincorriamo il futuro, non ce lo possiamo permettere. Io dico una cosa diversa, cioè che questa organizzazione spontanea che avete messo insieme e che di fatto, vi autogestite, può essere un modello organizzativo che genera costi minori, maggiore flessibiltà. Se così fosse e' una alternativa che tutta l'azienda può e deve prendere in considerazione. Tutto qua. Non voglio risolvere problemi di autostima di nessuno, non ne sarei capace, né il conflitto tra donne e uomini, non sarei capace neanche di questo."

Giulia mi fissava, improvvisamente sorrise e disse:
"Faremo il lavoro di Reali, daremo delle soluzioni logiche a questa azienda, ma vorrei che lei non lo dimenticasse, mai."

"E' una promessa."
Dissi, mentre andavo a raccogliere un blocco di carta per prendere appunti.

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