BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 28/07/2003

IL RE DEI TORTI: CLASS ACTION E BUSINESS

di Gianfrancesco Prandato e Nicola Gaiarin

Recensione di John Grisham, The Kings of Torts, Doublebay, 2003,
trad. it. Il Re dei Torti, Mondadori, Milano 2003

Clay è un avvocato che tira a campare nell’ufficio del Pubblico Patrocinio di Washington. Pochi soldi, casi scomodi, clienti poveri. Quasi sempre neri bruciati dal crack con ben poche possibilità di uscire vincenti da un’aula di tribunale. È un avvocato della Washington povera, quella di South East. L’occasione della vita arriva quando incontra (non per caso) Max Pace, mefistofelico avvocato in stivali di pelle di serpente che sembra un versione cow boy-affarista del Wolf/Harvey Keitel di Pulp Fiction. Max Pace risolve problemi, spegne incendi per conto di grandi multinazionali farmaceutiche. La sua specialità è architettare strategie legali con l’obiettivo di arrivare a rapide soluzioni extragiudiziali nelle cause intentate contro le più potenti corporations. In questo caso si parla di  farmaci e dei loro danni collaterali, ma l’esempio è valido in assoluto. Si pensi alla Microsoft o ai giganti del Tabacco o all’industria dell’auto. Per le aziende si tratta di giocare in anticipo per evitare che si finisca in tribunale e i risarcimenti diventino troppo elevati. La cosa migliore per loro è fare dei settlement, raggiungere degli accordi al di fuori del tribunale. In questo gioco di prestigio legale circolano tanto denaro e tanto potere. La proposta di Pace è molto semplice: Clay deve muovere guerra alle corporations raggruppando tutte le richieste di danni per istituire una serie di azioni di gruppo. Si tratta delle Class Actions, che permettono a un avvocato di intentare una causa per poi estenderne i risultati a tutti i potenziali  e gestire una causa per danni alla collettività. È il business degli  avvocati per eccellenza. Nella maggior parte dei casi non si arriva in tribunale, ci si accorda prima. Per gli avvocati, la vera difficoltà è trovare il caso.

Gli avvocati sono pagati a cottimo, più persone vengono coinvolte nelle Class Actions, più elevata diventa la quota che l’avvocato di turno riesce ad accaparrarsi. Mille vittime che si intascano poche decine di migliaia di dollari di risarcimento significano milioni di dollari per l’avvocato che trattiene il 30% dei soldi sborsati dalla corporation presa di mira. La parabola morale di Grisham non lascia spazio a dubbi: uno strumento di tutela diventa terreno di caccia per avvocati di pochi scrupoli. La corporation denunciata non ha alcun interesse ad imbarcarsi in cause lunghe e costosissime se sa che, alla fine, le verrà dato torto.

E questo è il core della faccenda: l’avvocato che intende cavalcare la Class Action deve essere “sicuro” di avere in mano le carte vincenti. Ci vogliono le informazioni giuste, documenti riservati, talpe sepolte nei corridoi delle multinazionali. Perché altrimenti il caso, la minaccia, non si può reggere: l’intervallo per il rientro degli investimenti deve essere molto ridotto e finire nella  trappola del tribunale potrebbe allungare troppo i tempi. È una guerra di informazioni e di tempi. Bisogna annusare il caso per primi, rubare il tempo ai concorrenti (gli altri avvocati, che una volta scoppiato il bubbone si affrettano a cercare le vittime rimaste fuori per aprire Class Actions parallele). Perciò, lo strumento principe non è più la sola legge. Le armi ormai sono i media: annunci televisivi, numeri verdi resi incandescenti da migliaia di chiamate giornaliere. Siti web da tenere costantemente aggiornati, giornali amici pronti a dar risalto alla Class Action più clamorosa del momento. Bisogna arrivare prima degli altri, accaparrarsi il maggior numero di clienti, definire una cifra di risarcimento ragionevole. Il sottile gioco sta nello spremere l’azienda e nel non farla fallire, altrimenti non pagherebbe più.  E il fallimento sarebbe la fine di tutto: tempi troppo lunghi, le spese pubblicitarie che non rientrano, le centinaia di migliaia di dollari spese per fare analisi mediche gratuite alle potenziali vittime che non vengono coperte. Si parla, complessivamente, di decine di milioni di dollari che escono, per farne rientrare, se il colpo riesce, molti, molti di più.

 Per Clay è il colpo della vita. Ma ben presto si accorge che i conti non tornano. Se la chiave di tutto sta nelle informazioni e nei dossier riservati, non è lui ad averla in mano, ma Max Pace. E Pace gioca su più tavoli: lavora per le corporations, ma anche per conto proprio. Dà a Clay le dritte per azioni di insider trading, ma considera l’avvocato solo come una pedina di un gioco più vasto. Non è Clay ad avere in pugno i colossi farmaceutici, ma sono le corporations ad usarlo come arma non convenzionale nel quadro delle loro strategie.

Cosa ci dice Grisham? La verità, solo la verità. Se togliamo gli aspetti di frode e criminali che danno al romanzo un’aria da mystery, il resto è verosimile. Anzi, è proprio vero. Per quanto strano possa sembrare, questo non è solo un romanzo, ma uno spaccato dell’aria rarefatta che si respira al vertice delle corporations americane, uno spaccato di cosa sia il mercato e di come funzionino i suoi spietati meccanismi di riequilibrio. E’ quello che succede quasi ogni giorno nelle aziende americane.  La Class Action è in effetti un strumento di difesa dei consumatori nei riguardi delle corporations, ma è anche una delle vie di aggressione più dirette che i competitori hanno. E la competizione, si sa, è l’anima del mercato.

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