BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 23/10/2006

Riccardo Paterni

NELLA NATURA I SEGRETI PER LA PROSSIMA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

recensione di:
Paul Hawken, Amory Lovins, L. Hunter Lovins

Natural Capitalism. Creating the next industrial revolution

Little, Brown & Company 1999.

Nel corso degli ultimi mesi negli USA si è fatta sempre più diffusa la discussione su temi legati all’ecologia e inizia ad esserci una tardiva presa di coscienza sui danni che certi eccessi hanno reso al nostro pianeta. Non è mai troppo tardi (forse) per iniziare a riflettere e agire su argomenti chiave, in particolare noto un crescente interesse su questi temi da parte di imprenditori e manager. Alcuni di loro fiutano in questi necessari cambiamenti opportunità di business milionari, altri iniziano a rendersi veramente conto che con le dinamiche attuali del sistema economico produttivo globale non si è destinati ad andare lontani e c’è bisogno di radicale cambiamento di impostazione e mentalità su come questo sistema nasce e si sviluppa. In questa timida ma progressivamente emergente scia di pensiero, alcuni lavori editoriali di qualche anno iniziano ad avere la meritata attenzione. E’ il caso appunto anche di questo libro inizialmente pubblicato nel 1999 e che negli ultimi tempi ha iniziato a fare la sua bella presenza sulle lussuose scrivanie di mogano di imprenditori e CEO che vogliono sentirsi ed essere dei veri visionari.

I presupposti falsati del ‘capitalismo convenzionale’

Gli autori presentano un’analisi schietta e cruda di tutto ciò che non va con quello che loro definiscono l’attuale ‘capitalismo convenzionale’ e articolano un nuovo modello capitalistico chiamato ‘natural capitalism’ basato su criteri sistemici di preservazione ecologica e di reale rispetto e considerazione per le persone. Voglio mettere in evidenza la loro analisi del sistema capitalistico attuale perché é una sintesi molto chiara dell’origine di tanti mali che noi tutti notiamo. Ecco i presupposti falsati del sistema capitalistico convenzionale evidenziati dagli autori:

Il progresso economico può avvenire al meglio in sistemi di mercato libero di produzione e distribuzione in cui i profitti reinvestiti rendono il capitale e il lavoro più produttivo;

Il vantaggio competitivo si raggiunge quando impianti produttivi più grandi producono più prodotti per la vendita in mercati in espansione;

Il prodotto interno lordo ottimizza il benessere delle persone;

Qualsiasi risorsa che viene mostri un possibile esaurimento porta immediatamente a identificare e utilizzare risorse sostitutive;

L’attiva attenzione nei confronti della salute dell’ambiente è importante ma deve essere bilanciata da quanto richiede la crescita economica se vogliamo continuare a mantenere alti standard di vita;

Le forze del libero mercato e della libera imprenditorialità allocano e allocheranno le risorse produttive e le persone ai loro migliori e più elevati utilizzi.

Da notare anche questi presupposti sono gli stessi che hanno dato vita alla rivoluzione industriale e in più di duecento anni non hanno subito sostanziali cambiamenti; il mondo è sicuramente cambiato da un punto di vista sociale, economico e politico, ma queste basi concettuali sono rimaste le stesse. In particolare va evidenziato che tutti questi presupposti considerano il capitale naturale (risorse naturali) e il capitale umano di scarso valore rispetto al prodotto finito e questo è dovuto ad un modo di pensare lineare che considera una componente inevitabile del sistema produttivo lo sfruttamento meccanico e deterministico delle risorse.

Due domande che fanno riflettere...

A questo punto gli autori pongono due domande di riflessione che attaccano l’essenza dei presupposti di cui sopra.

1) Come sarebbe il sistema economico se tutte le forme di capitale (finanziario, naturale, umano) fossero veramente considerate per il loro valore? (attualmente solo il capitale finanziario è quello realmente valorizzato)

2) Cosa succederebbe se i sistemi di gestione amministrativa a livello globale iniziassero a considerare il capitale naturale e il capitale umano non come fattori produttivi a fornitura praticamente inesauribile ma come risorse esauribili e definite?

Le basi del “Natural Capitalism”: il capitalismo praticato nel rispetto dell’importanza di ogni organismo vivente

Gli autori identificano quattro cambiamenti di base per fare finalmente evolvere il sistema capitalistico attuale:  

a) Aumentare considerevolmente la produttività delle risorse naturali. In questo senso gli autori mettono in evidenza quanti sprechi siano presenti nell’utilizzo delle risorse naturali (si fa particolare riferimento alle risorse ambientali, ritengo opportuno e verosimile estendere questa considerazione anche alle ‘risorse umane’ o meglio, al capitale umano). Quanti sprechi di energie sono presenti per utilizzi inefficienti approssimativi delle risorse? Quanti sprechi avvengono per la conoscenza superficiale delle risorse stesse? Da notare che questo è dovuto principalmente al fatto di considerare dette risorse rapidamente sostituibili e praticamente in fornitura pressoché illimitata.

b) Ispirarsi a modelli biologici per definire le dinamiche dei modelli produttivi . I modelli produttivi attuali sono essenzialmente lineari e rispondono ai sistemi creati duecento anni fa con la rivoluzione industriale: da un lato entrano risorse, dall’altro escono i prodotti. I modelli biologici sono modulari (vanno aldilà del pensiero lineare ed entrano in un ambito sistemico) ed integrano in se meccanismi di riciclo e riutilizzo dei prodotti finiti. L’ispirazione a modelli biologici a mio parere è molto rilevante anche per quando riguarda le dinamiche organizzative e il loro aspetto sociale e culturale: la linearità della gerarchia da tempo sta dimostrando tutti i propri limiti. Quando in azienda si inizia ad apprezzare la presenza di vari tipi di meccanismi di feedback, in effetti si apprezza la valenza applicativa proprio di un modello organizzativo e di comunicazione che fa riferimento a quelli di natura biologica.

c) Creare un sistema economico di flusso e servizio. Passare da un sistema in cui i prodotti vengono realizzati e poi distribuiti ai consumatori che devono acquistarli, ad un sistema in cui chi produce mantiene la proprietà del bene e i consumatori soddisfano i loro bisogni con l’utilizzo del prodotto sotto forma di servizi richiesti. Il cambiamento è fondamentalmente da una concezione PUSH - in cui i prodotti vengono prima realizzati e poi ‘spinti’ verso i consumatori; ad una concezione PULL - in cui partendo dal presupposto del concetto di servizio che guida il rapporto fra consumatore e produttore, è il consumatore stesso che richiede i prodotti rispetto a determinate caratteristiche ed il produttore li realizza. Il tutto per favorire la reale soddisfazione del consumatore e ridurre al massimo lo spreco di materiali e risorse. Questo è uno dei punti forse più controversi del sistema ‘natural capitalism’; da notare comunque che negli USA è già possibile utilizzare vari tipi di prodotti (oltre alle auto) seguendo le dinamiche di acquisto di un servizio. Da notare anche il notevole impatto concettuale e operativo da un punto di vista manageriale dell’azienda produttiva: la qualità deve andare ben oltre un semplice bollino di certificazione, deve essere reale altrimenti il continuo reinvestire per eliminare problemi di servizio ai clienti è inevitabile.

d) Investire nel capitale naturale e nel capitale umano. Deve diventare uno degli obiettivi chiave dell’economia  il risanamento degli ecosistemi ambientali, questo non semplicemente per motivi di sostenibilità, ma anche per motivi puramente economici: attraverso una maggiore comprensione ed integrazione produttiva con le dinamiche degli ecosistemi naturali si potranno ottenere riduzioni di costi produttivi e una maggiore produttività rispetto alle risorse utilizzate. Il libro su questo punto presenta già analisi e soluzioni attuabili che sono state ampliate e sviluppate anche con studi successivi alla pubblicazione del libro e continuano tutt’oggi. Questo tipo di riflessione vale appieno anche per il capitale umano. Ma cosa vuol dire investire sul capitale umano? Principalmente vuol dire creare contesto, condizioni e conoscenza per fare si che possa esprimere al meglio le sue potenzialità e stimolare anche un continuo approfondimento e più articolata consapevolezza di dette potenzialità.

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