BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 19/04/2010

Giulio Scaccia

LE ZONE DI CONFINE E L'ANTROPOLOGIA DELLA PERFORMANCE

recensione di:
Victor Turner
Dal rito al teatro
Bologna, Il Mulino, 1986

Il libro di Victor Turner, Dal rito al teatro, pubblicato nel 1986, contiene una serie di concetti interessanti ed operativi, che permettono una riflessione e un confronto, metaforico e non solo, con le attuali tendenze.
Il metodo antropologico di Turner, figlio di tante contaminazioni, è caratterizzato mai da un modello unico e da griglie precostituite, bensì da modelli in trasformazione, aperti a nuove opzioni e a riconsiderazioni frutto dell’osservazione e dell’esperienza.
In opposizione alla staticità conservatrice struttural-funzionalista, dall’ampio arco che va da Durkheim ai canoni classici dell’antropologia sociale britannica della Scuola di Manchester, Turner cerca di individuare la componente dinamica e processuale delle relazioni sociali,  il sorgere di principi e valori antagonistici ed oppositivi atti a rimodellare l’intera struttura sociale. Il suo approccio riesce a cogliere le smagliature e le distonie tra affermazioni e comportamenti, posizioni sociali precostituite e crisi, preludio delle trasformazioni. In queste sacche di mutamento, si annidano i germi del cambiamento e da qui la ripresa e lo sviluppo del ricco concetto di liminalità.
Mutuato da Van Gennep il termine liminalità indica la zona di margine e di confine, anticamera del passaggio a nuove aggregazioni sociali e culturali. Offre alla comprensione il senso di “attraversamento”, estendendone il significato in energia in movimento, che recupera la ricchezza e la processualità delle dimensioni individuali e collettive.
Va altresì ricordato che Van Gennep nei suoi rites de passage considerava la soglia, appunto “limen”, punto intermedio tra la fase che precede “preliminare” e la fase successiva il “post liminare”. Da qui parte Turner nell’introdurre il concetto di “dramma sociale”, e sulla scia di Van Gennep, considera la fase preliminare come senso di “rottura” (di relazioni, di interazioni); segue la “crisi” dove tutto è indeterminato, tutto è limen soglia, zona di confine, zona di attraversamento, infine la fase “post liminare” che può indirizzarsi in una nuova “aggregazione” o ad una “rottura”.
Il liminale rappresenta quindi un contesto di ibridazione sociale e culturale, zona di confine in cui potenzialmente possono sorgere nuovi modelli, paradigmi, in cui la creatività inscena la sua danza. Ed il teatro, nella suo aspetto produttivo, riesce a dare una forma a questi momenti di passaggio e per il confronto/scontro con il pubblico è laboratorio, avanguardia di cambiamenti importanti e di routine sociali consolidate.
Turner nell’introdurre il concetto di “dramma sociale”, considera la fase preliminare come senso di “rottura” (di relazioni, di interazioni); segue la “crisi” dove tutto è indeterminato, tutto è limen soglia, zona di confine, zona di attraversamento, infine la fase “post liminare” che può indirizzarsi in una nuova “aggregazione” o ad una “rottura”..
Il concetto di liminalità oggi, studiando le organizzazioni o vivendo le dinamiche e le emozioni all’interno di un’aula, risulta più diluito e meno marcato. Quello che si osserva è una carenza di confini definiti, una perdita delle appartenenze di gruppo e collettive e, per cogliere questi “passaggi”, bisogna acuire la consapevolezza: sia di chi osserva, sia di chi ne è protagonista. Nell’epoca di un infinito presente, in cui spesso l’individuo è solo e circondato da contraddizioni, solo una forte consapevolezza può fornire le chiavi per leggere e cavalcare i germogli del possibile cambiamento.
Al centro sono gli individui, le dinamiche relazionali: in virtù di questo, Turner introduce un concetto caro a Dilthey: l’esperienza vissuta, in tedesco Erlebnis, letteralmente “ciò che si è vissuto fino in fondo”. L’esperienza vissuta, talmente ricca da essere difficilmente inchiodata a categorie formali e al contempo avente in sé una tendenza alla forma. Un Erlebnis che consente di elaborare una connessione strutturale tra il prima e il dopo, tra unicità e molteplicità, tra somiglianza e differenza, fino ad arrivare al momento che include l’attraversamento tra “dramma sociale” e “teatro”: la performance.
L’antropologia della performance è antropologia dell’esperienza: ogni tipo di performance culturale è spiegazione ed esplicazione della vita stessa: “mediante il processo stesso della performance ciò che in condizioni normali è sigillato ermeticamente, inaccessibile all’osservazione e al ragionamento quotidiani, sepolto nella profondità della vita socioculturale, è tratto alla luce”.
Il richiamo qui è alla capacità del formatore di “tirar fuori” le emozioni, il vissuto, ciò che è presente all’interno di sé e dei partecipanti e che emerge, spinto fuori: un’esperienza vissuta è già in se stessa un processo che “preme fuori”, verso un’espressione che la completi. Qui Turner ci viene in aiuto, esplicitando sempre meglio il concetto, a partire dalla radice indoeuropea – per - “tentare, azzardare, rischiare”, per poi passare al greco peira “esperienza”. Quindi dal “fare”, “tentare” per “esperienza” si risolve che "il termine performance deriva dall’antico francese parfournir che significa letteralmente “fornire completamente o esaurientemente”. To perform significa quindi produrre qualcosa, portare a compimento qualcosa, o eseguire un dramma, un ordine o un progetto. Ma secondo me nel corso della ‘esecuzione’ si può generare qualcosa di nuovo. La performance trasforma se stessa (…). Le regole possono ‘incorniciarla’, ma il ‘flusso’ dell’azione e dell’interazione entro questa cornice può portare ad intuizioni senza precedenti e anche generare simboli e significati nuovi, incorporabili in performance successive”. La performance è dunque la conclusione adeguata di una esperienza, non statica ma mutevole e generativa.
La performance ha un carattere sperimentale e allo stesso tempo critico: attraverso l’agire psicofisicoè possibile vivere e portare a compimento un’esperienza e nella messa in scena del nostro corpo è possibile riflettere sull’esperienzastessa.
A livello più generale la performance costituisce una forma, una sorta di storia che un individuo o un gruppo racconta a se stesso e su se stesso: questo facilita la lettura del proprio vissutoattraverso il rivivere l’esperienza stessa, oppure permette di vivere situazioni nuove secondo modalità inedite; inoltre favorisce una riflessione critica sul reale, permettendo di effettuare un’esplorazione all’interno dei simboli culturali, fornendo il significato ai conflitti del presente. Ritorna qui l’esigenza e l’importanza di una osservazione di se stessi, oggi spesso smarrita. Attraverso di essa, l’individuo si accetta, si scruta, decide di forzare alcuni limiti e barriere, scopre dentro di sé la motivazione ed il desiderio di crescere.
Osservo una quantità di significati, diretti o metaforici, riguardo l’attività di formazione e sviluppo. La lettura del testo può dare un ulteriore stimolo o dibattito su temi quali il cambiamento, le contaminazioni e le connessioni tra esperienze in un’epoca instabile, di rapidi confronti interculturali e in cui si fatica a dare un senso all’agire.

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