Gianfrancesco Prandato Del consenso e del potere di Empire recensione
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Premessa
Confesso che è difficile leggere un libro di Antonio Negri senza una
sottile forma di pregiudizio per il passato che lo contraddistingue. Io ho l'età
per ricordare cosa quest'uomo ha rappresentato, forse anche oltre la sua volontà,
e i ricordi, nonostante la prospettiva del tempo non sono divenuti positivi.
Tuttavia ogni opera e ogni epoca ha una loro storia e ogni libro deve essere
giudicato per quello che è, anche oltre la volontà del suo autore.
Questo libro poi, ha una storia particolare, non e' stato pubblicato in Italia,
in cui pare non abbia trovato un editore, ma è un successo negli Usa
e in Francia. Per capire quanto importante sia basta visitare il sito
www.amazon.com e vedere lo spazio e l'esposizione che gli è data.
Il libro
Empire è un opera contraddittoria che, nonostante punti irritanti e idee
totalmente campate in aria, segna, o forse meglio, tenta di segnare, un punto
di svolta nel pensiero del decennio in cui entriamo. Il punto migliore del libro
è appunto questo, la sua vastità, in termini di pagine e di programma,
la sua dichiarata ideologicità, in contrasto con tutti i requisiti del
pensiero dominante, il suo essere un progetto e un prodotto totalmente visionario,
ideologico e a tratti profetico. Uno sforzo poderoso, alto, importante che richiede
attenzione, comunque, e che è incomparabilmente più ricco di tutto
quello che ho letto sulla globalizzazione fino ad ora. Il libro tenta di delineare
il profilo del nuovo governo mondiale, che definisce come Empire, un
superstato, o meglio un supersistema, guidato dagli Usa, ma che comprende tutti,
paesi industrializzati e paesi poveri, che mescola il progresso e il passato,
che disegna la vera fine della storia e le nuove regole di convivenza
del pianeta. Progetto ambizioso, come dicevo, a tratti irritante, per il tono
quasi profetico che usa, ma con una innegabile dose di fascino.
Contenuti
E' quasi impossibile condensare i contenuti di questo libro che per vastità
e ambizione è un'opera che ha rari eguali. Per cui l'esame che ne faccio
è sommario e relativo solo a quello che mi sembra innovativo.
Il testo definisce la nascita e il funzionamento di Empire. Ne definisce le
regole, e cosa importante, le distingue dall'imperialismo, che giudica una fase
superata della storia mondiale, una fase in cui i mondi, primo secondo e terzo
erano ancora distinti. Oggi, con l'avvento di Empire i confini sono sfumati
(Blur, titolo di un famoso libro (1),
è la parola usata in inglese), le nuove regole del dominio sono incorporare,
differenziare e gestire.
Incorporare è la più interessante delle visioni, è
la più avanzata versione della postmodernità. E' la motivazione
per cui la diversità è valorizzata e spinta nelle grandi Corporation
e rappresenta uno dei cardini portanti di Empire. L'accettazione dei diversi
è quindi un valore di inglobamento su cui si fonda il potere di questa
nuova entità.
Inglobare, dare a tutti una speranza di miglioramento, di visione comune, qualcosa
da perdere, è una visione dell'Empire, ma che sicuramente non appartiene
all'apparato della destra imperialistica e viceversa è più vicino
alla sinistra liberale. Questo è uno dei grandi apparenti cortocircuiti
della storia delle idee e della politica, ancora poco compreso.
Incorporare è solo il primo passo per poi differenziare su una
scala diversa, meritocratica e non su idee o razza, come veniva fatto precedentemente
in un contesto "imperialistico" e non ancora "imperiale".
Ed è un poco l'immagine dell'America, con i suoi tratti positivi, di
progresso e di modernità, in senso di avanzamento che gli autori, pur
non condividendo, riconoscono, anche se da una prospettiva che si dichiara ancora
comunista.
L'altra conseguenza è il superamento degli stati nazionali, che
secondo gli autori perdono di peso e di consistenza a favore di un contesto
di mescolanza di democrazia e oligopolio.
E questo è un punto molto controverso del libro perché chiaramente
gli autori riconoscono in questo, con impianto tipicamente e dichiaratamente
marxista, un altro progresso nella storia dell'umanità. In questa parte
"smascherano" e criticano apertamente le ideologie favorevoli ad una
preservazione artefatta e conservatrice della biodiversità culturale,
rappresentata dal localismo e dall'esaltazione del no branding e no global.
Le smascherano perché ne delineano i limiti e i pericoli, contrapponendosi
così a parte del fenomeno antiglobalizzazione.
Altro punto di analisi interessante è il ruolo di Internet e di governo
del sapere consenso conoscenza che la rete rappresenta. The Net è, secondo
gli autori, uno dei sistemi portanti del consenso e del potere di Empire, perché
il suo sviluppo, pur decentrato e atomizzato, richiede un controllo fortemente
centralizzato e pianificato.
Il consenso, il potere, passa quindi nelle mani di un insieme di nazioni a un
insieme di entità, non chiaramente definite, che mantengono un privilegio,
un dominio del potere. Si passa dalla sovranità all'immanenza,
a una sorta di alone non esplicito, incombente, che si evolve senza nessuna
nostalgia per il passato.
Infine c'è una analisi dei nuovi meccanismi di dominio, che sono nell'ordine
le bombe, i soldi e l'etere, rappresentati in una metafora fortemente visionaria
in tre città americane, Washington, NY e Los Angeles.
Per cui alla fine questo Empire diventa l'estensione del modello aperto della
società che si va pian piano delineando negli Usa. Un sistema a cui gli
autori riconoscono un grado di supremazia che finiscono per definire in qualche
modo come migliore, e per questo si sono attirati molte critiche specie da sinistra.
Gli Usa sono definiti come il fulcro centrale di questa entità, ma Empire
va oltre gli Usa, finisce per inglobare anche gli Usa, per cui questo sentimento
di contrasto contro gli Usa, tipico di molta sinistra, viene definito come sfocato
e solo parzialmente condiviso.
Commento
Che lo si condivida o no, questo è un libro "epocale", nel
senso che cerca di definire e sistematizzare un periodo e una evoluzione storica.
I punti interessanti sono quelli che ho sommariamente definito nei contenuti,
le critiche sono invece quelle che seguono.
Il libro non è un vero saggio, ma più che altro un sogno, una
visione da intellettuali che ha solo un parziale riscontro con la realtà.
Non c'è un solo dato a conferma delle idee espresse; ci sono invece,
a profusione, citazioni filiosofiche e politogiche, da Sant'Agostino a Marx,
passando per Machiavelli e Leibnitz. E' una scelta che fa del libro appunto
un sogno di idee anziché una analisi di fatti.
E' facile scoprire enormi falle nei lucidi teoremi che gli autori
propongono. Ad esempio la visione degli stati nazionali come entità ormai
destinate al superamento è totalmente disconfermata se si legge una semplice
statistica del peso dello stato nel Pil dei 7 paesi più industrializzati
per gli ultimi 10 anni (2). La realtà
è infatti l'opposto, lo stato pesa più di prima, e questo è
confermato dal comportamento "Keynesiano" di Bush nell'attuale crisi.
La visione di Internet e dei suoi santoni come controllori, prima fra tutti
Microsoft è del tutto pregiudiziale, poiché prende in considerazione
delle tendenze non ancora chiaramente affermate, e non recepisce le nuove economie
del dono, Linux per tutti, che la rete ha finito per affermare.
E ci fermiamo a due esempi per dimostrare il forte pregiudizio ideologico con
cui gli autori approcciano il tema. Però è un approccio aperto
visibile, affermato come pregiudiziale.
Questa opera mi ricorda due testi letterari,
in equilibrio com'è tra una estrema lucidità e una totale visionarietà
velleitaria . Il primo è un giallo di Bioy Casares e Borges, in cui c'è
un investigatore che è carcerato (Isidro Parodi) che attraverso il racconto
dei fatti che altri gli riportano finisce per risolvere i misteri
investigativi (3). Gli autori sembrano nella stessa
condizione, distanti dalla realtà, realmente poco interessati al mondo,
per cui finiscono per delinearne degli aspetti strutturali in modo lucido. Il
secondo sono i romanzi di Philip K. Dick, in cui tutto è verosimile,
ma nulla è vero, tutto è sogno creazione artificiale,
invenzione (4).
Note:
1 DAVIS, Stan; MEYER Christopher, Blur : The Speed of Change in the Connected Economy, Little Brown & Company, 1999; trad. it. Blur. Le zone indistinte dell'economia interconnessa; MCF, 1999.
2 E' facile trovare questi numeri nelle sezioni statistiche dell'Economist, o in www.ft.com
3 Adolfo Bioy Casares e Jorge Luis Borges (sotto lo pseudonimo di H. Bustos Domecq), Sies problemas para Don Isidro Parodi, 1942, Dos Fantasías memorables, 1946.
4 Vedi p. es. in Bloom
Francesco Varanini, Per una critica del logo impuro,
Philip K. Dick vs. Naomi Klein, o la parola fatta prodotto.