BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 13/12/2004

NOSTALGIA MANAGERIALE: IL RICORDO DI VECCHI ATTEGGIAMENTI PER COINVOLGERE LE RISORSE UMANE...

Forse così vecchi e dimenticati che non ci resta altro che l'illusione di poter essere dei leader di fronte a molte persone che semplicemente ripagano l'azienda con la sua stessa moneta. E quelle persone siamo noi

di Gian Luca Rivalta

 

Si consiglia la lettura serale e, per chi lo apprezza, con un sottofondo random di Kings Of Convenience, EverythingBut The Girl, Pink Floyd, Ultravox (con Jon Fox), David Sylvian e Robert Fripp, Rush, Camel, Philip Glass, Kraftwerk e magari anche Siouxie & The Banshees, The Cure, New Order, Dead Can Dance, Massive Attack (ma non troppo, sennò si snatura e finisce prima il testo...)

Idiottimismo

A volte mi capita di tornare con la mente ad alcuni passi de Alla ricerca dell'eccellenza, forse il libro di management "illuminato" pratico più venduto al mondo -dire "più letto" sarebbe sicuramente peccare di idiottimismo- e probabilmente il primo testo veramente diverso pubblicato negli ultimi 25-30 anni. E poi accade anche, nei momenti di intensa stanchezza professionale, di rifugiarmi nei ricordi di certe atmosfere da laboratorio, specialmente di quelle poco più che adolescenziali, d'apprendista radio riparatore... atmosfere sature di "odori tecnologici"... l'odore dei componenti elettronici (sì, anch'essi ne hanno uno tutto loro,... te ne accorgi quando apri un vecchio televisore o una radio a transistori...),... l'odore del cloruro ferrico usato nell'incisione (artigianale) delle lastre di vetronite o bachelite e rame per realizzare i primi circuiti stampati... l'aroma intenso dell'anima di pasta salda nello stagno da saldatura fuso -fumo oltremodo tossico, ma all'epoca chi se ne preoccupava?!?-... Il colore dell'incandescenza dei filamenti delle valvole termoioniche... diodi, triodi... gli strumenti di misura e di test "fatti in casa": il tester analogico, il frequenzimetro, l'oscilloscopio... il primo box di resistori... e quante mattine di sabato passate tra le bancarelle storiche del Baloon di Porta Palazzo, a Torino,... alla ricerca di vecchie riviste di elettronica e di schede "surplus" da cui poter dissaldare i componenti da riutilizzare...

Certo, la passione per l'elettronica prima, la professione di informatico di processo e quella nei sistemi informativi poi, sempre a contatto con le più diverse strumentazioni microelettroniche e informatiche... Impari a parlare il linguaggio dei circuiti analogici e poi di quelli digitali... sequenze di uni e zeri, codici esadecimali, linguaggio macchina... Ti innamori dello schema elettrico essenziale di un distorsore per chitarra elettrica o di un antifurto a microprocessore... fino a perderti nello sballo dendritico di un programma di contabilità industriale... quasi ti dimentichi del "fattore umano"!... Poi gli anni passano e sprofondi nella professione di consulente e docente nei tuoi due campi preferiti: le tecnologie dell'informazione e il management aziendale... Stai per diventare un perfetto manager...

Ma un giorno ti accorgi che le aziende, nel nostro mondo sviluppato, non hanno altro scopo che quello di soddisfare i bisogni degli esseri umani e decidi che... si tratterà per molto tempo della tua nuova "passione tecnologica", una passione che va oltre la passione ormai incancrenita per il management generale e particolare. Decidi -perché non ne puoi fare a meno- che potrai dedicarti sempre meno alla consulenza di direzione, a dare consigli ai manager ed agli imprenditori su come si fa qualità, efficienza, gestione dei progetti, motivazione dei dipendenti... tanto sai di lasciarli in buone mani, nelle mani di chi saprà dar loro esattamente ciò che desiderano, con la professionalità e la deontologia per esempio di un ottimo chirurgo estetico -no, non di un semplice "estetista"... no, uno laureato, giovane con tanta esperienza-,... di un bravo psichiatra o di un valido neurologo. Smetti di preoccuparti di come si diventa leader efficaci di un gruppo di persone, bravi venditori per clienti insoddisfatti,... di come si convince la gente a lavorare di più e meglio, a minor costo, per gli obiettivi aziendali... Smetti di pensare che quegli obiettivi siano veramente obiettivi aziendali... ormai sai che si tratta di obiettivi molto "strettamente personali"... ormai sai che le aziende non possono esistere senza le persone e viceversa...

Bricoleur tecnologico

Ma allora ti chiedi: "è proprio così oggigiorno? le aziende fanno questo?... come mai le persone sembrano non accorgersene?... non si accorgono di essere continuamente piccoli imprenditori, manager e lavoratori?... perché?!?"... E ti ritorna la passione del bricoleur tecnologico, anche in fatto di aziende... pensi che sarebbe così semplice ottenere tutti i risultati di coinvolgimento missionario che tanti capitani d'industria vorrebbero conseguire, anche in buona fede... sarebbe così naturale ottenere la soddisfaizone che ti motiva come lavoratore, come manager, come imprenditore... sarebbe così semplice se la si finisse di inventare un sacco di complicati artifici basati su idee paradossali circa quello che è il rapporto tra le aziende e gli esseri umani. Quante crisi aziendali, quanti conflitti sindacali, quante perdite di tempo... Quante indagini sul clima aziendale... quanti colloqui per verificare la soddisfazione e l'empowerment dei collaboratori... Tanto di cappello,... ma poi cosa rimane?...Perché creare il necessario pathos per "eccellere nel cambiamento"?!?...

<<Una volta ho partecipato ad una riunione aziendale, nella quale fu chiesto ai manager presenti di scrivere su un biglietto anonimo che cosa avrebbero deciso di fare prima fra:

rispondere alla chiamata d’un cliente importante;

affrontare un problema urgente di produzione;

rispondere alla chiamata del capo.

Dallo scrutinio delle risposte risultò una schiacciante maggioranza per il partito di quelli che si sarebbero precipitati dal capo.

Ma quella era proprio la risposta che il presidente non avrebbe voluto sentire, visto che si era sempre sforzato di far capire ai suoi che il cliente è la prima priorità.

Ma perché quei manager pensavano prima di tutto al capo?Perché da lui dipende la carriera di ciascuno.Nessun cliente ha questo potere.Questa è l’essenza della gerarchia.Ognuno ha un capo, e questo capo è la presenza più importante nella vita lavorativa (ma anche, da certi punti di vista, non lavorativa).Tutto il resto passa in secondo piano (e come potrebbe essere diversamente?).

Eppure molti presidenti-direttori generali […] vorrebbero che le cose andassero diversamente.[…] Quando il nostro presidente chiese di rispondere di nuovo, ma questa volta per alzata di mano, la maggioranza rispose che avrebbe dato la precedenza al cliente.Sapevano benissimo che quella era la risposta voluta dal capo.Nella ‘votazione a scrutinio segreto’ avevano invece espresso i loro veri sentimenti>> [ D. Quinn Mills, La rinascita dell’impresa. Come lavorare con successo nelle organizzazioni del futuro, FrancoAngeli, 1993, pag. 318].

Cosa rimane, dopo l'indagine?...

Perché un dipendente dovrebbe lavorare meglio per un management che, per esempio, cambia ogni 2 anni? Perché dovrebbe farlo di fronte ad una realtà in cui tutti i nuovi arrivati gli passano avanti nella carriera e nei soldi, magari saccheggiando le sue brillanti idee e soluzioni, per lungo tempo inascoltate? Perché dovrebbe farlo pochi mesi prima di andare in prepensionamento o in mobilità? Perché dovrebbero farlo gli altri che restano, a parte un primo illusorio momento di frizzante sensazione di scampato pericolo? Perché dovrebbero, se li sposti continuamente da un progetto ad un altro, da una mansione ad un'altra?

Perché un cliente dovrebbe comprare da noi? Perché dovrebbe tornare con gli amici? Perché dovrebbe pagarci con piacere?

Perché tutto ciò dovrebbero farlo i fornitori, i nostri colleghi, i nostri azionisti,... i nostri responsabili,... la collettività?

In fin dei conti,... nel sonno continuiamo a credere che i mercati non sono solo un luogo in cui aziende diverse si aiutano a smaltire le "scorie", i prodotti di rifiuto della propria autoproduzione continua...

Il management moderno, figlio e genitore della dottrina economica ufficiale,... come il "sonno della ragione", ha generato i suoi mostri,... cose che succedono normalmente in azienda... un po' sbiadite dalla Grande mistificazione dell'economia... Ecco finalmente un passo de In search of excellence, chiamato in ballo all'inizio, ma prima una premessa (fatto salvo lo stato attuale dell'azienda citata ad esempio): <<L'orientamento al fattore umano della HP [Hewlett-Packard] ha origini lontane. Negli Anni Quaranta, Hewlett e Packard decisero di "non essere un'impresa dal licenziamento facile" [...] In seguito il senso di solidarietà dell'azienda sarebbe stato messo alla prova dal grande rallentamento dell'attività durante la recessione del 1970. Piuttosto che lasciare a casa della gente, tutti i membri dell'organizzazione, a cominciare da Hewlett e Packard, accettarono una riduzione della busta paga del 10% e tutte le maestranze lavorarono con orario ridotto del 10%. Così la [HP] superò la recessione senza dover sacrificare il pieno impiego>> [Thomas J. Peters, Robert H. Waterman Jr., Alla ricerca dell'eccellenza, Sperling & Kupfer, 1984-VII, pag. 323].

Non è importante come base del discorso, e dal mio punto di vista anche un po' frainteso, ma può aiutare a staccarsi già un pochino dal solito tran tran ("chissà come andrà a finire domani?!?" & "Mors tua vita mea")... stile aziendale, sulla falsariga de L'onore dei Prizzi...

<<La fiducia che la Hewlett-Packard ha nei suoi dipendenti risulta evidente nella politica aziendale del "libero accesso alle risorse di laboratorio" [...] alla divisione di Santa Rosa. Nel magazzino del laboratorio vengono tenuti tutti i componenti elettrici e meccanici. [...] Gli ingegneri non solo hanno libero accesso a quel materiale, ma sono di fatto incoraggiati a portarselo a casa per uso personale! L'obiettivo è di permettere agli ingegneri di familiarizzarsi al massimo con il materiale, trafficandoci [anche] a casa anche per scopi non direttamente collegati con il progetto in corso, per rinforzare l'assetto innovativo dell'aziedna>>. [op. cit., pag. 324].

E poi, <<Innovare vuol dire prestare attenzione all'innovazione>> [Tom Peters, Nancy Austin, Una passione per l'eccellenza, Sperling & Kupfer, 1986, pag. 32]. Sempre in HP, all'epoca, <<il tecnico lascia "sul banco" il progetto a cui sta lavorando, in modo da permettere ad altri [...] di visionarlo ed esprimere suggerimenti ed opinioni>> [ibidem], e io aggiungerei: in modo da permettere agli altri (che però devono darsi una mossa!) di scoprire soluzioni applicabili ai propri bisogni di settore!

Cose dell'altro mondo?... Non credo,... nelle nostre aziende tipo c'è un sacco di gente (direi che questa "politica" si diffonde in modo inarrestabile!) che usa le risorse aziendali per proprio scopo, anche familiare (stampare le fotografie della gita scolastica, navigare in Internet per cercare l'auto usata, utilizzare i programmi di office automation per fare il secondo lavoro, telefonare al cellualare del marito o della moglie,... usare l'auto aziendale per accompagnare la nonna alla seduta di dialisi, usare il fax per inviare gli inviti alla festa di beneficienza per i bimbi malati terminali, portarsi a casa la carta della fotocopiatrice, se avanza dopo essersi fotocopiato il libro delle ricette macrobiotiche della collega salutista, ecc.). Anzi, qui siamo andati ben oltre il messaggio dei signori Hewlett e Packard (l'accesso non è circoscritto ai soli ingegneri!)... addirittura, dopo il periodico disbrigo di queste pratiche di "management illuminato e partecipativo", le persone ci pensano su due volte prima di lamentarsi, cioè... prima di farlo... spesso, mentre... uhm... vuol dire che funziona davvero... bisognerebbe solo spostarlo u npo' più sul piano della consapevolezza,... farne magari un modello e utilizzarlo per... Del resto la maggior parte dei manager dice che (invece) le persone della loro azienda lavorano sul serio e orientati alla missione... quindi...

Ermeneutica aziendale

D'altra parte, c'è invece un sacco di gente che non si sognerebbe mai di lasciare sulla scrivania i risultati semifiniti, anche sbagliati, del proprio lavoro... di accettare i suggerimenti dei colleghi di altre funzioni aziendali... In questo senso, "che la mano sinistra non sappia cosa fa la destra",... questo il dettame ultimo del management tardo-moderno... e poi si parla tanto di Benchmarking, di abbattimento dei "silos", di trasparenza, di fiducia diffusa, di partnership e addirittura di comakership! Evidentemente se ne parla... cioè, se ne parla.

E poi c'è la convinzione che le risorse umane debbano fare ciò che vuole il capo, perché il capo sa ciò che vuole l'azienda, che d'altra parte sa di cosa hanno bisogno i dipendenti...

A chi, peraltro rassegnato, non è capitato di non condividere le decisioni e il comportamento del proprio capo, proprio in riferimento agli interessi dell'azienda come globalità di istanze... Certo, lasciare che le persone facciano ciò che vogliono in azienda e dell'azienda è sicuramente pericoloso,... in una economia organizzata come lo è la nostra... molto pericoloso... Solo un pazzo come Matsushita poteva pensare una cosa così assurda... <<C'è un proverbio che dice "facciamo meglio ciò che ci piace">> [Konosuke Matsushita, L'uomo e l'impresa, Sperling & Kupfer, 1993, pag. 38] e io aggiungerei ciò che ci serve (!)... <<Se bisogna affidare un lavoro a qualcuno è meglio darlo a uno a cui piaccia farlo. Ho l'impressione che facendo così si ottengano spesso buoni risultati [...]. Tutto questo potrei defnirlo un "lasciar fare ma non lasciar stare">> [ibidem].

Assurdo,... finché non inizi a leggerla... "diversa"...

Vabbé... quanta nostalgia manageriale,... ma quando passa,... (non è una domanda)...quando svaniscono il rammarico e la disillusione... lì ti ricordi che tutto potrà essere diverso,... certo,...forse. Sarebbe bello se fosse tutto diverso: forse davvero basterebbe dire onestamente che noi tutti ci serviamo delle aziende e lasciare che esse si servano di noi... Da quel punto, poi, l'ermeneutica aziendale farebbe il resto,... "creare il consenso" farebbe sorridere teneramente,... forse proprio come il "lampo di ovvietà" di petersiana memoria, magari solo un po' rivisitato [Tom Peters, Nancy Austin, Op.Cit]...

... E comunque vada,... "The song remain the same", come per Robert Plant, Jimmy Page e gli atri Led Zeppelin... che invece sono un po' invecchiati...

P.S.: vorrei cogliere l'occasione che mi offre in questa pagina web il paziente amico Francesco Varanini per augurare buon Natale a chi un po' si è ritrovato con l'umore nelle righe scritte più sopra, proprio perché certe piccole e sfuggevoli sfumature soffuse che la storia ha appiccicato a questa santa ricorrenza,... con la sera invernale che arriva presto, poco prima della fine di un anno che se ne va di nuovo,... assieme ai nuovi nobel della cultura e della scienza,... assieme ai mille sprechi fatti attraverso le aziende (di oggi) dalle persone (!)... assieme a tante giovani vite... ai molti talenti soffocati per timore di pochi...

...Ma probabilmente la musica è già sfumata... meglio tenersi nel cuore tutto il resto... per affrontare questo lungo interminabile freddo inverno... il carburante del futuro del management... la "molecola dell'idrogeno", enormemente più leggera, potente ed equosolidale del petrolio... ecco,... buon Natale...


Tom Peters and Robert H Waterman Jr, In Search Of Excellence, 1982

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