BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 03/06/2002

PC vs MAC

di Stefano Rosato

Torna anche su Bloom in questi giorni l'annosa questione relativa alla supremazia della filosofia MacIntosh su quella Microsoft, accompagnata dall'"odio" sofisticato nei confronti del monopolista Bill Gates, reo di aver massificato la tecnologia, riempiendo le case di PC brutti da vedere, dotati di molti cavi di connessione e che spesso e volentieri si piantano. Laddove i Mac sono belli colorati, trasparenti, quasi eterei, e trasmettono un'aura di pacatezza, quasi di meditativa lentezza poetica dell'utilizzo, in un'atmosfera di raffinata penombra nella quale attempati architetti con gli occhiali arancione e i vestiti griffati navigano per la Rete alla ricerca di informazioni sulla biografia di Frank Lloyd Wright o sulle ragioni riposte delle ridefinizioni spaziali barcellonesi di Mies van der Rohe. I possessori di un Mac ne parlano come altri parlano del proprio cane o della propria automobile o della propria donna, catturati in un'affabulazione del sé nella quale l'oggetto diventa un feticcio anzi tutto linguistico, vero scopo del movimento comunicativo di stampo esibizionista che è sempre del tutto disattento alle modifiche strutturali del sapere collettivo, in quanto le pensa inglobate nel proprio microcosmo, unico spazio che riesca a dare ad esse un significato. In fondo, ragionando così, i possessori di Mac mostrano di non meritarsi affatto la Rete: secondo voi uno hacker sedicenne, che è in grado di fare più o meno tutto ciò che gli garba all'interno di Internet e che genera il vero sapere collettivo della nuova epoca, è così attento al verdino soffuso del Mac, alla sua assenza di cavetti, alle delizie degli schermi ultrapiatti, o, piuttosto, abita in una specie di topaia piena di fili, pezzi di ricambio, Pc sventrati collegati fra loro nel più improprio dei modi, dalla quale crea il mondo, come un nuovo Rimbaud? Tutta la filosofia Mac è contraria alla collettivizzazione del sapere e delle esperienze conoscitive, cioè alla Rete tout court. Almeno la tecnologia Microsoft ne ha compreso l'importanza e la utilizza come un luogo centrale per il proprio business, pur senza identificarsi con essa, essendo portatrice di un modello precedente ma non ad essa antitetico. Il possessore di Mac ricorda sempre lo snob che si lamenta della qualità dell'alimentazione nelle società industriali avanzate, bellamente dimenticando i tassi di denutrizione o di malnutrizione che erano propri dell'Occidente prima dello sviluppo dei mercati di massa. Che poi la Apple Computers rappresenti un caso di successo pluriennale è un'idea per lo meno bizzarra, dato che è evidente a tutti che l'azienda è stata mantenuta in vita artatamente proprio da Bill Gates. Ciò che, semmai, può mettere in discussione o ridimensionare la supremazia Microsoft è Linux, vero e geniale esperimento della produzione collettiva del lavoro vivo post-capitalistico, cifra dell'epoca nuova, probabilmente adatto a generazioni che stanno sorgendo e che hanno poco a che vedere con gli splendori e le miserie della nostra generazione di cortigiani. Oppure PS2 o Xbox, le palestre dell'intelligenza avanzata, della percezione fulminea, del nuovo orizzonte macchinico, in cui, come nei romanzi di Philip Dick, si crea una diversa umanità, pienamente integrata con la tecnologia (come sempre, nella sua storia, peraltro, l'umanità ha teso a fare). Oggetti che consentono una completa interazione e testimoniano di una liberazione dal conflitto fra tempo di lavoro e tempo libero (se avessi più tempo spiegherei meglio questo concetto, che ha a che fare con quello di sfida), del tutto rifiutati a priori da una cultura dominante per la quale il Liceo Classico possiede ancora una centralità pedagogica e che definisce come alienati tutti coloro che ad essa continuano, con saggia pervicacia, a non volersi piegare e ridurre.

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