SU 'L'ORGANIZZAZIONE INTERSTIZIALE' - DI FRANCESCO VARANINI. QUALCHE NOTA
Che cosa propone in sostanza Varanini? Un modello di osservazione delle organizzazioni che metta in evidenza le opportunità trascurate: le innovazioni mancate, una diversa gestione delle risorse umane.
Condivido nella sostanza l’importanza di mettere sotto un cono di luce quanto non è stato sufficientemente osservato e considerato. Ma vorrei aggiungere una nota: le due opportunità trascurate di cui parla l’autore, le innovazioni mancate e una diversa gestione delle risorse umane, in un certo senso, sono strettamente legate le une all’altra. Infatti se si gestissero le risorse umane diversamente da quanto non si faccia in realtà, in stretto collegamento con la gestione strategica della conoscenza organizzativa, il management potrebbe non rischiare di perdere le idee innovative che circolano fra le persone. Sono opportunità che possono nascere proprio da quei soggetti di cui non ci si accorge a sufficienza durante la vita organizzativa, di cui spesso si soffocano le potenzialità creative. Sono coloro che non salgono nella scala del potere aziendale. Il management dovrebbe essere impegnato a mantenere la vitalità pensante e la vivacità di tutte le risorse di cui temporaneamente dispone. Tratti che vengono molto condizionati anche dal livello di soddisfazione generato dalla vita istituzionale e dal valore che la persona sente le viene esplicitamente riconosciuto. Proprio di questo, del grado di soddisfazione dei propri collaboratori, si deve occupare il top management o, per esso, nelle medio-grandi organizzazioni, la funzione strategica della direzione del personale. Se ragionassimo in termini di ‘metafore’ o di immagini, facendo nostro lo strumento di analisi organizzativa proposto e sviluppato da Gareth Morgan nei due ultimi decenni del secolo scorso, potremmo dire che nell’articolo di Francesco Varanini l’organizzazione viene colta sotto varie angolature critiche, più o meno le seguenti:in termini di ‘faccia’ (il formale, il burocratico; l’esplicito, il visibile: la facciata liscia) - quello che la organizzazione pensa di sé e che vuole attivare di sé esplicitamente
in termini di ‘prigione psichica’ per chi è parte della organizzazione (qui si osserva come le persone vengano e si possano sentire bloccate nella loro energia, imprigionate e rese almeno in parte inattive)
in termini di ‘cervello’ che l’organizzazione non riesce sempre ad essere a pieno. Nel senso che, sotto questo aspetto talvolta, contrariamente ai suoi interessi, l’organizzazione opera nella direzione di auto-lobotomizzarsi in un modo, sono io a dirlo, idiota. Ogni singola persona è potenzialmente un centro di elaborazione utile alla organizzazione, se non la si ignora, o, tanto meglio, se la si lascia funzionare senza ostacolarla)
in termini di ‘metafora politica’: se le persone vengono bloccate è perché qualcuno esercita un potere che tende a non condividere con altri.
Sono del tutto convincenti per me i passaggi dell’articolo ( cui rimando) che riguardano:
1. la descrizione di come funzionano di fatto le grandi organizzazioni. Si sente che l’autore ne ha fatto ampiamente e direttamente esperienza sviluppando una acuta osservazione partecipante
2. l’evidenziazione dell’incredibile spreco che si consuma nelle grandi organizzazioni
3. il rimando alle modalità di crescita e di sviluppo delle imprese innovative
Qualcosa d’altro nel testo, invece, fa nascere domande, soprattutto se si considera di adottare il modello proposto. Per esempio, il fatto che sia soprattutto un modello che si basa sulla osservazione delle relazioni intraorganizzative meno evidenti. Tutto bene, di per sé, per il metodo. E’ uno strumento di analisi scientifica.
Ma se questo modello della ‘organizzazione interstiziale’ è da proporre alle aziende per offrire loro delle opportunità di miglioramento, considerando anche le opinioni più diffuse nel management (quelle meno confessabili ma che serpeggiano nelle riunioni informali), un metodo basato sulla osservazione dell’agire organizzativo può essere riconosciuto utile e quindi utilizzato dalle aziende ? O si tratta di un modello solo per imprese modello ? Ci sono aziende di questo tipo in giro ? Sarebbe interessante verificare quale reale utilizzo poi facciano di quanto viene in evidenza dalle analisi che le riguarda.
Alle aziende, per lo più, non interessa osservarsi. Non hanno interesse ad osservare con attenzione quello che proprio loro stesse hanno determinato, consapevolmente, talvolta con un evidente miope accanimento o per naturale esito di meccanismi inerziali di gestione del potere organizzativo. Quali altre ragioni devono essere addotte per convincere le aziende ad adottare questo modello ?
E anche si riuscisse a convincerle… basterebbe descrivere il fenomeno che loro stesse creano per infondere la motivazione al cambiamento ? I risultati delle osservazioni verrebbero considerati ? Infondo non potrebbe essere anche questo un tipo di intervento di consulenza da collocare nella categoria degli interventi ingenui ? Come altri, che difficilmente hanno effetti positivi di una qualche durata…. Sto pensando agli interventi per lo sviluppo di pari opportunità nei luoghi di lavoro, per esempio.
Sostanzialmente diremmo ai clienti: “guarda quanto sei non accorta, azienda: funzioni così, sprechi questo e quello. Accorgiti di ciò che sprechi.” E poi dovremmo dire anche cosa fare per non sprecare ancora. Ma in letteratura, in particolare in sociologia della organizzazione, si dice che é proprio nella natura delle organizzazioni riprodurre sempre qualche esclusione, e quindi, in ultima analisi, qualche spreco. Diremmo quindi che proponiamo di contenere una limitazione che sappiamo non superabile, in termini assoluti; che possono imparare a sprecare meno, se vogliono. Che per vedere che cosa sprecano devono rivolgere lo sguardo in una direzione diversa da quella verso cui solitamente guardano. Stiamo allora (consapevolmente o meno) dando alle aziende alcuni nuovi strumenti di controllo del loro funzionamento politico. Ma le aziende sono loro per lo più a non voler guardare agli interstizi: è questa una modalità consapevole, nel senso che controllano ciò che vogliono riprodotto come lo immaginano nelle loro intenzioni e nel contempo sanno di sprecare. In questo senso è forse proprio attraverso l’utilizzo della lente della metafora politica (in senso sociologico) che possiamo mettere a fuoco perché ciò accade e spiegare le resistenze che le organizzazioni mostrano nei confronti della considerazione della ricchezza degli interstizi nella vita organizzativa.