BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 17/01/2011

 

LA METAFORA NELLA FORMAZIONE

di Giulio Scaccia

La metafora è da sempre diffusa nel pensiero e nel linguaggio quotidiano: la parola deriva dal greco meta, che significa “sopra” e phorein, che significa “portare da un posto ad un altro, trasportare”. Usata oggi con frequenza anche nel linguaggio professionale, giornalistico e manageriale trova, nell’aula, un luogo particolarmente adatto e fecondo e si caratterizza come una sorta di moltiplicatore di opzioni e di possibilità nella fruizione di contenuti e messaggi.
Nell’attività formativa, a livello di metodologia, lavoriamo sull’apprendimento e sul cambiamento a vari livelli.
In estrema sintesi, con la teoria, stimoliamo l’apprendimento cognitivo, con le esercitazioni agevoliamo l’apprendimento esperienziale, con le metafore e gli aforismi facilitiamo l’apprendimento intuitivo.
In questa ottica il formatore deve sviluppare il suo agire libero e responsabile, attraverso l’uso di linguaggi, sia diretti che metaforici e attraverso il  coinvolgimento dei discenti a livello logico, cognitivo, sensoriale ed emozionale: il trainer diventa così colui che narra e tesse la tela, sviluppa gli snodi del sapere e dell’esperienza, calibrandosi sia sul singolo che sull’aula.
In questa tensione personale e professionale, il formatore trova nella metafora, usata saggiamente, una strumento vario, ricco e impagabile.
La metafora nelle sue molteplici forme e formulazioni, è fondata sulla comunicazione indiretta: soprattutto nella sua formula “estesa” (storia), colui che la racconta deve saper usare al massimo la forza suggestiva delle parole. Certe parole più di altre hanno il potere di suscitare cambiamenti nell’ascoltatore ed evocare determinate risposte a livello inconscio. Chi la fruisce, mentre cerca con la mente conscia un senso logico a quello che sta ascoltando, allo stesso tempo collega quelle parole o quel contenuto alle proprie esperienze.
Le parole scelte nel costruire una metafora devono stimolare la libera associazione, facilitare agili e magari rapidi trasferimenti mentali da “regioni” semantiche, esperienziali, cognitive ed emotive limitate o depotenziate ad altre “regioni” più prospere ed ampie, che hanno potenzialità e caratteristiche di evoluzione, sviluppo ed emancipazione.
Il linguaggio è uno degli elementi chiave con cui costruiamo la nostra realtà, il nostro modello del mondo, ed esso può influenzare in maniera significativa il modo che ognuno di noi ha di percepire la realtà. Sigmund Freud sosteneva che le parole sono lo strumento di base della consapevolezza umana e, in quanto tali, dotate di un potere particolare. Anche Aristotele affermava che le parole simboleggiano la nostra esperienza e quello della metafora è un linguaggio allusivo ed evocativo, che sollecita il pensiero senza forzarlo ma stimolandolo.
La metafora ed il suo linguaggio pescano a piene mani dalla scuola di Milton Erickson e dal modello della Programmazione Neuro Linguistica. Ad esempio, uno dei presupposti e cardini fondamentali della PNL, “la mappa non è il territorio”, è una rappresentazione metaforica. Una rappresentazione assolutamente funzionale al nostro disegno.
Infatti, sempre secondo la PNL, tutti noi abbiamo la nostra personale visione del mondo e questa visione si basa sulle mappe interne, che abbiamo costruito anche e soprattutto attraverso il linguaggio e le rappresentazioni sensoriali.
Perché allora le metafore funzionano? Funzionano perché parlano all’inconscio ed usano un linguaggio universale, presentano innumerevoli opzioni, non vanno direttamente sul problema o sulle persone, rendono più consapevoli e risvegliano risorse magari sopite. Usando uno spunto di Consuelo Casula, quando raccontiamo una metafora è come se lanciassimo da un aereo tanti pacchi, ognuno con contenuti diversi. E chi li raccoglie prende ciò di cui ha bisogno. E lo usa come meglio crede.
In aula la metafora può essere usata con varie modalità: in apertura indica la strada da seguire e riesce a creare stati diversi: dalla curiosità, alla motivazione, alla fiducia. In chiusura di aula lascia volontariamente sospese delle risposte o fissa in maniera ulteriore e diversa contenuti sviluppati ed elaborati. Inserita prima o dopo di un concetto, dà un angolo di visuale più ampio, una diversa e più ricca applicazione. Il discente riesce così a intuire, leggere, vedere applicazioni e sviluppi ulteriori e diversi. Il formatore, attraverso la sua esperienza e sensibilità, usa la metafora quando la fiducia instaurata, il momento e la trattazione lo consentono. Raccontare crea un momento di intimità ed aumenta le possibilità di fruizione: proprio per questo, il trainer deve saper cogliere il momento in cui i partecipanti sono disposti ad entrare in questa particolare dimensione analogica e simbolica,

Una breve bibliografia per ”navigare” nel mondo delle metafore:
Consuelo Casula, I porcospini di Schopenauer, Franco Angeli
Consuelo Casula, Giardinieri, principesse e porcospini, Franco Angeli
Gareth Morgan, Images. Le metafore dell’organizzazione, Franco Angeli
Margaret Parkin, Racconti per il cambiamento, Etas Libri
Margaret Parkin, Racconti per coaching, Etas Libri
Margaret Parkin, Racconti per a formazione, Etas Libri
Thomas Cathcart e Daniel Klein, Platone e l’ornitorinco, Rizzoli
                                                                                                       

 

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